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Archivio per Religioni

Theft of the Sacred Bones


Le trasformazioni sciamaniche verso la trasfigurazione civile.

La fine di un mondo. Ultimi tentativi di restaurazione pagana a Roma


Da LamisuraDelleCose un articolo sui residui pagani che tentarono d’invertire il corso storico che vedeva l’affermazione del cristianesimo, nel corso del periodo TardoAntico dell’Impero Romano. Un estratto:

Dai tempi della battaglia di Azio (31 a.C.), la curia del Senato romano ospitava la statua della Vittoria e un altare su cui ogni senatore, entrando, gettava granelli d’incenso. Segno visibile della protezione accordata dagli dei all’impero di Roma, tendendo le palme verso l’ara della Vittoria, all’inizio di ogni anno, i senatori rinnovavano il loro patto di fedeltà al principe. Con la cristianizzazione dei vertici imperiali, anche i simboli della religione tradizionale iniziano a correre seri pericoli: nel 357 Costanzo II, in occasione del suo primo viaggio nell’Urbe (la sede dell’imperatore era stata spostata a Milano), dà ordine di rimuovere l’altare, poi ripristinato dopo la sua partenza. Attorno a questo antico monumento, voluto da Augusto e assurto a simbolo della passata grandezza, nel 384 si svolge l’ultima battaglia ideale del paganesimo: a soli settant’anni dal cosiddetto editto di Milano, vale a dire dalla sanzione della libertà di culto per tutti, l’impero cristiano riduce drasticamente gli spazi per i culti pagani che di lì a breve, con Teodosio, saranno definitivamente proibiti.

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Carmilla on line | Non avrai altro idolo all’infuori di me


Su CarmillaOnLine la recensione di Giovani Iozzoli a Non avrai altro idolo all’infuori di me. 50 appunti per un “esodo” dalla biocrazia capitalista, di Gianni Vacchelli, saggio uscito per Mimesis. Vi lascio a una estesa sintesi della valutazione:

È un testo difficilmente catalogabile – ricco, vitale, debordante -, questo libro di Gianni Vacchelli. Perché sfugge sapientemente all’incasellamento di genere e di stile. Partendo dalla suggestione del capitalismo come “idolo” – e della idolatria come segno prevalente della contemporaneità – l’autore dipana le sue riflessioni verso molteplici differenti direzioni. Il linguaggio è poetico e filosofico – cioè mistico: ma di un misticismo non orientato verso l’alto dei cieli, piuttosto materialisticamente fondato sull’osservazione spietata della nostra realtà. L’esercizio della critica anticapitalistica non assume un taglio arido, ideologico o economicistico: nella scrittura di Vacchelli c’è una continua tensione alla “ripoetizzazione” dello sguardo umano, della parola, della meditazione, oltre e contro il regime capitalista nella sua fase idolocratica.

“In questa teologia nichilista e pervertita l’dolo, Monsieur le Capital in persona creato e generato (dal lavoro vivo, dalla vera carne, dal vivo corpo umano, dal soffio dei viventi) si presenta come dio increato, datore di vita, lavoro, benessere, e gli uomini, che in verità hanno permesso all’idolo di essere, sono sussunti, feticizzati e predati dall’idolo che si dice dio. Mentre il divino, il Mistero, la Vita (o quale il suo nome) è nel segno del dono, dell’abbondanza e dell’amore, l’idolo sta in quello della scarsità, del ricatto e della seduzione, travestiti da merito, da promozione e successo. (pag.15)”.

Il capitale è stato ampiamente rappresentato, da Marx in poi, come spettro, simulacro, moloch o vampiro – e altre evocazioni mortifere, gotiche o parassitarie. In questo libro Vacchelli prova a uscire dalle tenebre e rimettere al centro della critica anticapitalistica l’uomo e l’insondabile ricchezza della natura umana. Per farlo attinge ad ogni arma o strumento, filosofico, teoretico o polemico, di cui ci si può servire: e lo fa con ragionata veemenza, evitando il rimando, stucchevole o mieloso, ad una concezione disincarnata dell’umano.

“Ecco allora: il nostro risveglio significa cessare di essere idolatri, smettere di scambiare l’illusorio per il reale, l’irreale per la realtà, ciò che è frammentato e alienato per l’integrità, ciò che limitato, storico e transeunte, per naturale ed eterno. Del resto mai l’idolo è realmente ciò che predica di essere! Persino spudoratamente arriva a dire: “Io sono colui che sono”. E tu gli credi, noi gli crediamo! È cangiante pure, seducente, ammaliante, tollerante, almeno nella sua variante consumistica e a patto che se ne onorino i comandamenti, ha aspetto benevolo, ma corpo di serpente e coda biforcuta: è anche Gerone! E poi l’idolo è sadico e abbisogna della postura prona e masochistica degli idolatri. Se arrivasse anche a dirti “non avrai altri idoli all’infuori di me”, non lo farebbe certo per sincerità, ma per sadica prepotenza. Ritrovarsi è uscire da questo sviamento, da questo incantamento per il cattivo infinito, da questo regno animale dello spirito al laccio del grosso animale, da questa passiva e in parte complice vittimizzazione! (pag. 17).

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Maria, conduttrice degli eserciti (parte II) | AxisMundi


Su AxisMundi un interessante articolo che parte dalle necessità religiose in auge nell’Impero Romano d’Oriente per ripercorrere il culto e le consuetudini secolari che per mille anni hanno tempestato le regole bizantine, fino a rendersi leggenda mai più eguagliata; un estratto:

Prima di procedere ulteriormente è necessario stabilire una collocazione precisa agli eventi che si andranno a menzionare e così mostrare come lo stabilirsi del potere centrale a Costantinopoli da parte dell’imperatore bizantino abbia prodotto una decisa frattura tra la mentalità dell’Occidente e quella dell’Oriente che ha successivamente verosimilmente determinato, addensandosi le difformità, la separazione delle due chiese, culminando questa divaricazione nello scisma del 1054. 
In Oriente, permanendo un impero che durerà fino alla conquista ottomana di Costantinopoli, si stabilisce un consolidamento tra Chiesa e forma politica che in Occidente, con il tramonto e la fine del dominio imperiale romano e la deposizione di Romolo Augustolo, verrà meno, condannando perciò questa parte dell’ecumene cristiano a un lungo periodo di oscurità, destino che invece non toccherà a Costantinopoli che, contrariamente, vivrà anni splendidi, anche se contrassegnati da una costante belligeranza con vari popoli e culture a esso vicini.
Partiamo, per fissare un punto di svolgimento, dal quarto concilio ecumenico di Calcedonia (451) che fu convocato e presieduto dall’imperatore. Con esso si pose definitivamente fine alla controversia riguardante la natura del Cristo, enunciando il dogma delle due nature perfette, inseparabili ma distinte (fusione senza confusione) secondo la formula divenuta ufficiale e respingendo quindi come eretiche le prospettazioni monofisite dall’archimandrita greco Eutiche, per il quale la natura di Cristo sarebbe stata solo divina. Questo risultato si armonizza con le conclusioni dogmatiche assunte dal Concilio di Efeso in ordine alla natura creaturale della Madonna chiamata a dare vita biologica all’Incarnato definendo compiutamente il suo ruolo nel disegno di salvezza.

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I primordi del credere


Contorti dalle visioni ipnagogiche dimensionali, troviamo sollievo dalle parole che escono da bocche aliene.

No words


L’infezione che si propaga.

Dogmi


Complessità di un ordine inferiore, che regnano superiori come fossero illuminanti verità che mai prima d’ora erano state rivelate.

I Dogon e il calendario sotiaco | AxisMundi


Su AxisMundi un compendio di cosa è la ricerca antropologica, etnografica, unita a una sana conoscenza degli aspetti più reconditi delle religioni. Un estratto, che vi conquisterà:

La “scoperta” dei Dogon in Europa è coincisa soprattutto con la diffusione dei risultati della missione Dakar-Gibuti (da Oceano Atlantico al Mar Rosso), una spedizione etnografica che approdò in Africa nel 1931, per terminare il suo tragitto nei territori coloniali francesi nel 1937, inviando in madrepatria una cospicua documentazione. Essa era stata preceduta da una missione praticamente in “solitario” del comandante Louis Desplagnes, svoltasi nel biennio 1904-1905, avente per oggetto di studio l’altopiano nigeriano e quindi esattamente il territorio Dogon. Quello di Desplagnes fu il primo incisivo incontro con un’antica popolazione, prima probabilmente nomade, poi stanziale che fruttò un notevolissimo raccolto di osservazioni etnografiche, di recente rivalorizzate. A ciò si associò un piccolo patrimonio di reperti regolarmente acquisiti, che il Desplagnes, di sua iniziativa, portò con sé al suo ritorno in Francia. L’avventura in solitario del militare francese arricchi la conoscenza dei luoghi e delle persone grazie a un gran numero di bei disegni e pregevoli fotografie, ritrovate solo di recente, nonché del volume da lui scritto Le Plateau central nigérien: une mission archéologique et ethnographique au Soudan, all’epoca fondamentale per la conoscenza dei luoghi e delle persone.

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Buon senso


Ti aspetto sulle rive stitiche del fiume, perché solo lì è rimasto un po’ di buon senso mistico.

Cos’è l’I Ching? – L’INDISCRETO


Su L’indiscreto un articolo che tratteggia la filosofia che è dietro agli “I Ching”, il sistema oracolare cinese sofisticatissimo e antico di migliaia di anni; un estratto:

Nei primi secoli della nostra era, una nuova filosofia aveva varcato le frontiere del mondo cinese e iniziava lentamente a farsi strada: il buddhismo. Originato nella valle del Gange dalla predicazione di Siddhārtha Gautama detto Buddha (“l’Illuminato”), contemporaneo di Confucio, e diffusosi rapidamente a partire dal iii secolo a.C. anche oltre i confini della penisola indiana, esso portava con sé «un nuovo modo di concepire l’esistenza, che avrebbe sconvolto la percezione cinese da cima a fondo». Quello che avrebbe destabilizzato maggiormente la mentalità cinese era il fondamento stesso della visione buddhista: la duplice consapevolezza che la vita terrena è sofferenza e che la realtà è illusione. Ciò rendeva necessario per ogni essere umano seguire un percorso la cui meta era l’illuminazione: il cosiddetto “ottuplice sentiero”, che avrebbe condotto alla liberazione dalla prigionia del mondo terreno, a patto di percorrerlo nella rettitudine.

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