Intervista a Giovanni “X” De Matteo su LaZonaMorta, corposa e intrigante, a cura del sempre bravo Filippo Radogna. Molti gli argomenti affrontati, l’eclettica cerebrale di De Matteo risalta più volte, così vi metto a disposizione un paio di botta risposta, tanto per gradire:
DE MATTEO, LEI SCRIVE ROMANZI E RACCONTI MA PUBBLICA ANCHE STUDI RELATIVI ALLA SCIENCE FICTION. E’, INOLTRE, UN FERVIDO ANIMATORE CULTURALE, DIVULGATORE DI IDEE E CURATORE DI BLOG E MAGAZINE. SVOLGE PERTANTO UN LAVORO INTELLETTUALE A TUTTO TONDO, INSERITO NEL GENERE DEL FANTASTICO. QUALE DEVE ESSERE SECONDO LEI IL RUOLO DELLO SCRITTORE, DEL SAGGISTA O COMUNQUE DELL’INTELLETTUALE NELLA SOCIETA’ ?
Non so onestamente se la nostra società ha bisogno di una categoria di intellettuali. Resto convinto che la prossima vera rivoluzione s’innescherà su presupposti di natura prettamente culturale, quando un numero sufficiente di uomini e donne raggiungeranno la consapevolezza dell’importanza di uno stile di vita ecosostenibile, di un uso critico della tecnologia, di una visione storica di lungo periodo. Per questo forse dovremo aspettare ancora un po’. Spesso mi sono ritrovato a denunciare la frattura tra cultura umanistica e cultura scientifica, specie nell’ambito della situazione italiana che vive nel retaggio degli schematismi e dei dogmi imposti da Croce e Gentile. In realtà, la questione delle “due culture” veniva sollevata con straordinario acume dal britannico Charles P. Snow a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, ovvero in un’epoca di grandi rivolgimenti, di fiducia nel progresso (la corsa allo spazio era in pieno svolgimento) e, malgrado le guerre alle spalle e quelle alle porte, di ottimismo sociale. Oggi viviamo invece in un’epoca che potremmo definire stagnante, in cui possiamo tollerare per decenni una classe politica inadeguata, sopportare per lo stesso periodo le storture di un sistema iniquo, limitandoci a sfogare la nostra frustrazione sui social network, che troppo spesso si riducono alla versione aggiornata del vecchio bar di paese. Mi piacerebbe vivere in una società in cui alla cultura venga riconosciuto il valore assoluto che le spetta: non attraverso l’epifenomeno della sudditanza verso una classe di intellettuali o presunti tali; ma attraverso la massima diffusione tra la gente dei valori fondanti della conoscenza e della comprensione. Per riuscirci, bisognerebbe partire da una rifondazione della scuola. Un bambino che legge sarà un adulto che pensa: peccato che la lettura, sopravanzata da attività più immediate (di tutti i prodotti culturali, in un’epoca che garantisce la full immersion nell’esperienza ludico-formativa, il libro risulta penalizzato dall’essere proprio quello dalla fruizione più complessa), stia attraversando uno dei momenti di minore popolarità nella storia moderna.
CONTINUIAMO A PARLARE DI SCIENZA E TECNOLOGIA. I DUE SETTORI SI EVOLVONO COME MAI ERA AVVENUTO NELLA STORIA DELL’UMANITA’. SECONDO LEI L’UOMO HA REALE CONSAPEVOLEZZA DI CIO’ ?
Come dicevo prima, c’è un uso diffuso delle nuove tecnologie, ma penso che ci sia ancora una consapevolezza minima, non dico dei processi che ne sono alla base, ma delle stesse potenzialità dei mezzi. Il che comporta due ovvie conseguenze: a) una concezione della tecnologia alla stregua di una nuova alchimia, quasi si reggesse in piedi per miracolo, per qualche strano effetto esoterico (gli appassionati di SF amano ricordare la massima di Arthur C. Clarke secondo cui “ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”); e b) una scarsa considerazione dell’impatto e della portata delle nuove tecnologie, che spesso ci induce a farne un uso limitato. Poi è chiaro, la legge di Gibson secondo cui “la strada trova il proprio uso per la tecnologia” resta valida e spesso condivisibile. Solo che un tempo si esprimeva quasi esclusivamente in strategie clandestine di resistenza sotto governi dittatoriali o comunque regimi di polizia; oggi, invece, accanto agli studenti iraniani ed egiziani che portano avanti sui blog e via Twitter le loro battaglie politiche, ci sono generazioni sempre più giovani per cui il progresso tecnologico si identifica esclusivamente con un marchio alla moda. Abbiamo più sfumature, questo sì, che coprono uno spettro molto esteso di possibilità, spingendosi dall’omologazione conformista della moda pura e semplice allo strumento rivoluzionario. Ma l’ampiezza di possibilità non si traduce necessariamente in una ricchezza in termini assoluti. Il valore intrinseco di una tecnologia dipende dall’uso che se ne fa, per cui in ultima battuta resta pur sempre una responsabilità dell’utente. O, come lo chiamerebbe qualcuno, dell’utilizzatore finale.
NEL CORSO DELLA VENTICINQUESIMA “CONFERENZA INTERNAZIONALE SULLA FISICA DEL NEUTRINO” (SVOLTASI A KYOTO, IN GIAPPONE, NEL MESE DI GIUGNO) E’ STATO CONFERMATO CHE I NEUTRINI NON SUPERANO LA VELOCITA’ DELLA LUCE. IL CASO ERA PARTITO NEL SETTEMBRE DEL 2011 DA UN ERRORE INIZIALE NEGLI ESPERIMENTI TRA IL CERN DI GINEVRA – SEDE DELL’ORGANIZZAZIONE EUROPEA PER LA RICERCA NUCLEARE – E IL LABORATORIO DEL GRAN SASSO DELL’ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE (INFN), CHE AVEVANO CALCOLATO IN MODO INESATTO I TEMPI DI VOLO DEI NEUTRINI “SPARATI” ( COSI’ COME SI ESPRIMONO GLI STUDIOSI DI FISICA) DAL CERN ALLA VOLTA DEL GRAN SASSO, STABILENDO CHE ESSI SUPERAVANO APPUNTO LA VELOCITA’ DELLA LUCE. LA SCOPERTA ERA SEMBRATA STRAORDINARIA MA IN SEGUITO GLI ULTERIORI ESPERIMENTI HANNO SMENTITO TUTTO. L’EPISODIO, COMUNQUE, HA DESTATO MOLTO INTERESSE SIA NELLA COMUNITA’ SCIENTIFICA SIA NELL’OPINIONE PUBBLICA. LEI CHE IDEA SI E’ FATTO?
La mia posizione a riguardo è perfettamente sintetizzata da questo illuminante post di Marco Delmastro sulla faccenda. Delmastro è uno dei fisici italiani del gruppo di lavoro di Atlas, l’esperimento dell’LHC che potrebbe aver scoperto le prime tracce fisiche dell’esistenza del bosone di Higgs, ed è anche un eccellente divulgatore, attività che svolge con grandissimo seguito sul suo blog. In quel post ha messo bene in luce la leggerezza commessa dai fisici di Opera, e in particolare dal portavoce del progetto, che è parso fin da subito voler cavalcare l’onda di entusiasmo e facile sensazionalismo scatenata sulla stampa (soprattutto quella italiana) da un annuncio straordinario, al punto da non attendere nemmeno che venissero ultimati i controlli sul corretto funzionamento della strumentazione di misura utilizzata. Soprattutto, senza attendere una controverifica. Le parole di Delmastro suggellano la vicenda in maniera impareggiabile: prima di annunciare un risultato straordinario, sarebbe sempre opportuno controllare tutti i connettori del proprio esperimento. Che poi non è altro che una semplice applicazione delle prescrizioni del metodo scientifico, che dovrebbero ancora essere inclusi nei programmi scolastici, malgrado l’ex ministro Gelmini.
RELATIVAMENTE AI PROBLEMI AMBIENTALI. LEI E’ NATO A POLICORO IMPORTANTE CENTRO A VOCAZIONE AGRICOLA DELLA COSTA JONICA METAPONTINA, NON MOLTO DISTANTE DA TARANTO. IMMAGINO STIA SEGUENDO IL CASO DELLE ACCIAIERIE ILVADI TARANTO, SULLE QUALI E’ INTERVENUTA LA MAGISTRATURA E CHE RISCHIANO LA CHIUSURA PER INQUINAMENTO. SI STA PERTANTO CERCANDO UNA SOLUZIONE CHE CONTEMPERI IL LAVORO CON LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTE. QUINDI TUTELA DEL PRESENTE OLTRECHE’ DEL FUTURO. QUAL E’ IL SUO PUNTO DI VISTA SU QUESTA COMPLESSA VICENDA?
Non posso spingermi a suggerire un’uscita da una situazione che mi sembra già sufficientemente intricata da rendere auspicabile che la magistratura possa operare nella massima serenità possibile. Su un piano ideale – utopistico, se vogliamo – tutti ci troveremmo d’accordo ad auspicare un progresso compatibile con il territorio, di cui possano beneficiare tanto l’ambiente quanto la popolazione. Il caso in questione sembra invece metterci di fronte a una scelta. Il messaggio che molti cercano di far passare è questo: da una parte il lavoro, pagando lo scotto dell’inquinamento, dell’impatto sociale dell’avvelenamento dell’aria, dell’acqua e della terra; dall’altra la bonifica (forse) e la disoccupazione; una sola scelta è possibile. Il problema vero, a mio parere, sta nel riconoscere una sua legittimità a questa linea di pensiero. Non devono esserci aut aut. Non siamo cavalli, per dirla alla maniera di Elio Petri nel leggendario e sempre attuale Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto. E non siamo nemmeno algoritmi, a cui si possano imporre schemi di pensiero alternativi per pilotarne il comportamento. Siamo esseri umani, creature pensanti e libere. Sul libero arbitrio dal Rinascimento in avanti si è costruita la dignità della condizione umana. E allora è assurdo sottostare a questo tipo di diktat, ed è bestiale, ingrato verso i nostri figli, castrante per la nostra dignità di persone, lasciarci imporre la legge del più forte. Dovremmo ritrovare la volontà di batterci per un lavoro che garantisca un salario adeguato, condizioni a norma di legge, la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Ma mi rendo conto che sia facile disabituarsi a ciò che si è perso, anche quando si tratta di un diritto basilare, di una questione minima di civiltà.
Splendida intervista, illuminante. Complimenti a X!
"Mi piace""Mi piace"