Su CarmillaOnLine un altro illuminante squarcio su cosa vuol dire non avere più la protezione dell’art.18, quell’articolo di legge che tutelava i lavoratori dipendenti dai licenziamenti senza giusta causa. Un estratto:
“Vi sono periodi nei quali vengono imposte 15/16 ore di lavoro giornaliero e si resta fino a 6-7 ore senza prendere cibo e guai a chi è sorpreso a mangiare un pezzo di pane. Quando si arriva verso le ore piccole e per la stanchezza, le operaie non reggono più, vengono apostrofate con parole triviali che vanno ad offendere anche la loro moralità. Al mattino, dopo aver cessato il lavoro alle 24 o all’ 1, se il proprietario ritiene che le operaie non lavorino in fretta, sono redarguite con frasi come questa “Cosa fate alla notte, invece di dormire andate in giro per le mura”. (Rapporto sulla ditta Rapalli)
“Il padrone, in un primo tempo, pretendeva da cinque operaie la pulitura di 250 paia di scarpe al giorno. Oggi da quattro ne pretende 300, e quando un’operaia non raggiunge questa cifra è insultata con frasi come queste: “Sei una cretina buona a nulla, io ti pago per lavorare e non per tirarti le dita”. Molto spesso, oltre a questo, le operaie vengono multate per lo stesso motivo. Tutto questo è fatto per imporre un ritmo più veloce alla produzione”. (Rosa, licenziata dal calzaturificio Biemme)
“Le lavoratrici sono costrette a lavorare a contatto con le sostanze nocive e già alcuni casi gravi di intossicazione si sono verificati … “è sofferente di un notevole grado di astenia con ipotensione arteriosa spiccata, accompagnata da anemia e da disturbi del sistema endocrino. Fra questi ultimi è da notare soprattutto la mancanza dello sviluppo sessuale per ciò che riguarda le mestruazioni, sia per quelli dei caratteri sessuali secondari. Tutti i disturbi sopraelencati sono da ascriversi, potendo scartare con sicurezza altre cause, all’influenza dannosa esercitata dalle sostanze organiche usate nel lavoro”. (Rapporto sulla ditta Deisa)
“Andai sotto con un dito, perché ci facevano lavorare fino alle dieci della sera senza pause. Al sabato fino a sera, alla domenica fino a mezzogiorno… faceva in maniera di fare un bel magazzino pieno di roba. Poi dopo tre o quattro mesi ci licenziava”. (Bruna, licenziata da La Bolognese).
Era più frequente per le donne la precarietà dei contratti a termine. Le “clausole di nubilato” nei contratti individuali permettevano il licenziamento all’atto del matrimonio, mentre la lettera di dimissioni, fatta firmare in bianco al momento dell’assunzione riappariva dal cassetto della Direzione in caso di sciopero o maternità.
Ecco, questo è lo scenario che ci attende, tra nemmeno troppo tempo.
[…] schiavismo sociale ed economico. Come dite? Non vi suona nuovo tutto ciò? Davvero?? Qui, qui e qui le puntate […]
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