Archivio per maggio 17, 2015
17 maggio 2015 alle 22:14 · Filed under Cybergoth, Experimental, InnerSpace, Oscurità, Reading, Surrealtà and tagged: Demiurghi, Interrogazioni sul reale, Luce oscura, Paradigma olografico, Ridefinizioni alternative
Ricordo le manifestazioni olografiche del muro di suoni, manifestato nel mio ego sinaptico; l’ho rappresentato nel continuum di cui sono il demiurgo, unico, monodimensionale, istantaneo.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
17 maggio 2015 alle 20:39 · Filed under Editoria, Sociale and tagged: Infection, Lankelot.eu, Luce oscura, Massoneria, Michele Giuttari, Mostro di Firenze, Satanismo
Su Lankelot una bella recensione al libro di Michele Giuttari, Confesso che ho indagato, relativo alle sue
inchiesta sul mostro di Firenze. Appassionanti le trame occulte scoperte da Michele, tanto da lasciar sbigottiti eppure assolutamente sicuri che non è tutta fantasia. Del resto, sono atti delle indagini…
Molto di quanto l’autore racconta nel libro l’avevamo già letto in “Compagni di sangue” (scritto insieme a Carlo Lucarelli e pubblicato per la prima volta nel 1998), ma ancora una volta si rimane sconcertati dall’approssimazione delle indagini condotte prima dell’arrivo di Giuttari a Firenze. Come si rimane sconcertati dall’ostinazione dei media e dei complottisti nel sostenere la tesi del serial killer solitario e della cosiddetta “pista sarda”. Tutte ipotesi che tutt’ora godono di buona stampa e che il commissario, forte del sostegno di Pierluigi Vigna, respingerà sempre con forza; mentre invece, grazie ad una riconsiderazione delle prove e di indizi fino ad ora trascurati, sulla scena del crimine appariva sempre più probabile non soltanto la presenza di una manovalanza criminale, identificabile con un gruppo di assassini seriali, violenti e sessualmente disturbati, ma anche l’esistenza di un secondo livello, quello del mandante o dei mandanti. Fu infatti Giuttari a riproporre la tesi – peraltro già avanzata a seguito di perizie medico legali – che Pacciani non poteva aver fatto tutto da solo e a sospettare che anche “i compagni di merende”, Mario Vanni e Giancarlo Lotti, altro non fossero che burattini, assoldati per ottenere i macabri feticci, manovrati da una regia oscura che aveva molto a che fare con esoterismo, sette e satanismo. In merito le ingenti somme possedute da Pacciani e Vanni – un contadino e un ex postino – mai giustificate, parecchi sospetti li procurarono, anche se pochi lo ricordano: “Scopriamo infatti che Pacciani è proprietario di due case […] Le ha acquistate entrambe con denaro contante […] Non solo, nel mese di dicembre 1982 aveva acquistato una Ford Fiesta 9000 pagandola sempre in contanti 6 milioni di lire. Troppi Beni! Troppo contante! E guarda caso negli anni dei delitti […] Mi torna in mente la dichiarazione di Lotti secondo cui un dottore pagava Pacciani per ottenere i feticci delle povere vittime” (pp. 266). Il “dottore”, come sappiamo dalle indagini fu individuato nel medico perugino Narducci, apparentemente morto suicida, la cui vicenda viene ricordata per lo scambio dei cadaveri e per un contesto particolarmente inquietante: “Massimo Spagnoli, fratello del suocero di Narducci, dichiara di aver insistito inutilmente in quei giorni con il fratello perchè fosse eseguita l’autopsia. Poi aveva appreso che c’era stato un inguacchio massonico. La moglie gli aveva infatti spiegato che Ugo Narducci, padre del defunto, si era rivolto ad Augusto De Megni, che a sua volta aveva interpellato il questore Trio, anche lui massone, che si era dato da fare per chiudere in fretta gli accertamenti senza che fosse effettuata l’autopsia e per far considerare la morte accidentale o come suicidio. All’epoca si era molto parlato del fatto che Ugo Narducci non aveva voluto l’autopsia per coprire il coinvolgimento del figlio in una storia terribile avvenuta a Firenze dove si diceva fosse stato scoperto in un appartamento tenuto in locazione da Francesco un repertorio di boccette con resti di cadavere. Poi tutto questo fu collegato ai delitti del cosiddetto Mostro di Firenze” (pp. 311). Anche le dichiarazioni sibilline dell’avvocato Fioravanti, ex legale di Pacciani tutt’ora trincerato dietro il segreto professionale, non risultano rassicuranti: “Oggi sono sicuro, rivedendo tutto in maniera retrospettiva, che le indagini sulla morte del Narducci furono bloccate dall’alto sia a Firenze sia a Perugia, a Firenze forse anche per un intervento esterno” (pp. 314).
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
17 maggio 2015 alle 18:39 · Filed under Creatività, Editoria, Letteratura, Recensioni and tagged: Differenze generazionali, Leonardo Gori, Thriller
Su ThrillerMagazine la recensione a un bel romanzo, Il ritorno del colonnello Arcieri, di Leonardo Gori. La vertigine del tempo che passa diseguale tra generazioni diverse viene mostrata in questo romanzo, dove trent’anni assumono significati diversi se considerati dagli anni ’30 o dai ’60 del secolo scorso, mostrando come gli eventi sociali, le tragedie collettive e i cambiamenti sociali forgino le menti umane più eclettiche. Da leggere…
Dopo una rocambolesca fuga da Firenze, ritroviamo Arcieri sano e salvo a Parigi. È il 1968 e la ville lumiere è in tumulto per le lotte studentesche le cui manifestazioni attraversano la città. Arcieri deve tenere un profilo bassissimo e nascondersi il più possibile se vuole salvarsi la vita.
Scopriamo che il colonnello lavora come cuoco in un piccolo bistrot del quartiere latino e abita in un appartamento non molto distante, con una ragazza di cinquant’anni con la quale ha una soddisfacente relazione.
Il contatto che gli ha procurato quella copertura gli consiglia però di lasciare tutto e partire di nuovo. I servizi segreti che lo vogliono morto sono sulle sue tracce, un suo amico, sempre dei servizi, che gli aveva procurato delle informazioni importanti è morto — assassinato, senza alcun dubbio secondo Arcieri — Elena Contini, il suo grande amore, lo sta cercando a Firenze.
Arcieri è un uomo che ha «passato i sessantacinque» anni e che cerca di stare al passo con i tempi. Lo troviamo cambiato dai precedenti romanzi, riflette di più su se stesso, si pone maggiori domande alle quali cerca di dare risposte sincere. In qualche modo l’autore fa sì che il lettore lo veda più intimamente. È curioso e aperto alla cultura giovanile e cerca di non irrigidirsi troppo ma di lasciarsi pervadere da quella nuova energia che sembra attraversare, insieme alla musica, tutta la gioventù europea.
Ma è anche un uomo nato all’inizio del ‘900, un uomo che è stato nell’Arma, un ex colonnello del servizi segreti. Ha una formazione che lo porta ad affrontare le sfide più che a fuggirle o ad aggirarle, a dividere il mondo tra buoni e cattivi senza realizzare che il mondo in realtà è una zona grigia dove il confine tra bene e male non è così netto e che quel confine può essere valicato molte volte in entrambe le direzioni. Eppure dovrebbe saperlo bene con tutte le spie con cui si è trovato a lavorare.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
17 maggio 2015 alle 16:31 · Filed under Cyberpunk, Digitalizzazioni, News, Postumanismo, Sociale, Tecnologia and tagged: Application Programming Interface, Giovanni De Matteo, Infection, Interrogazioni sul reale, Luddismo, Singolarità Tecnologica, Teoremi incalcolabili, Transumanesimo
Giovanni De Matteo segnala un articolo su linkiesta.it; tema è l’insistenza degli algoritmi matematici sulla nostra
esistenza, capaci di modificare i nostri gusti e scelte. Un ritorno al luddismo o un’anticipazione della Singolarità tecnologica? Intanto che vi fate un’opinione, un estratto dell’articolo:
A meno che non abbiate digitato l’indirizzo de Linkiesta sulla finestra di scrittura del vostro browser, non ha avete scelto voi di leggere questo articolo. Non solo, perlomeno. Se l’avete aperto da Facebook, ad esempio, avevate un buon 90% di possibilità di non vederlo nemmeno scorrere sul vostre newsfeed, poiché l’algoritmo del social network – a meno che non si paghi – decide di mostrare un post a circa un follower su dieci. Se l’avete trovato su Google cercando qualche parola contenuta qua dentro, è perché l’algoritmo di Google ha deciso che questo articolo poteva essere una valida risposta alle vostre ricerche e ai vostri interessi.
In entrambi i casi, l’algoritmo ha deciso per voi. O meglio, come il migliore dei maggiordomi, vi ha consigliato cosa scegliere. Consapevole che difficilmente deciderete di non seguire i suoi consigli. È una questione di fiducia. Così come nell’800 è il fideismo nei confronti della macchina a vapore che permette all’uomo di emanciparsi dal “fare”, allo stesso modo è il fideismo negli algoritmi che lo emancipa, duecento e rotti anni dopo, dall’atto del decidere.
Un esempio su tutti: lo scorso 7 maggio, alla vigilia delle elezioni inglesi, tutti gli investitori decidono improvvisamente di disfarsi di titoli di stato europei, soprattutto di bund tedeschi. Una vendita di massa, ha spiegato in una bella analisi Morya Longo sul Sole24Ore, causata dai «consueti movimenti automatici o semi-automatici dei tanti investitori quantitativi e computerizzati che reagiscono al primo stormir di fronda».
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
17 maggio 2015 alle 14:48 · Filed under Editoria, Recensioni, Sociale and tagged: Expo, Gianni Barbacetto, Infection, Lankelot.eu, Marco Maroni, Proteste
Su Lankelot bellissima segnalazione-recensione a Excelsior. Il gran ballo dell’Expo, di Gianni Barbacetto e Marco Maroni, inchiesta sulla kermesse milanese che interessa tutta la nazione italiana. Scopriamo insieme il perché con un piccolo estratto dell’articolo. Sarà vero tutto ciò? A voi la parola…
Le pagine successive di “Excelsior” via via si aprono al racconto della corruzione e delle cupole mafiose ormai ben intenzionate a sfruttare l’occasione con la compiacenza dei politici locali e nazionali. In questo contesto di maneggioni non poteva mancare la stoccata nei confronti della nostra
Confindustria, perfetto specchio della nostra Italia: “Il vulnus per l’equilibrio tra imprese e amministrazione, dunque, secondo Confindustria non è inflitto dagli imprenditori corrotti che comprano gli appalti, alla faccia della concorrenza e del libero mercato, ma dalle norme che cercano di bloccare la corruzione e restaurare il libero mercato” (pp. 134). Tanti soldi e a quanto pare molto facili, con buona pace del codice dei contratti: “Expo non è solo grandi appalti. Ci sono centinaia di altri lavori per cui sono stati disinvoltamente distribuiti fiumi di soldi. Una zona grigia dei contratti senza gara, dove si girano film da un milione di euro che non vede nessuno, si acquistano per 750.000 euro software anticriminalità che non funzionano, o se ne spendono 300.000 per la manutenzione di portabandiere. In settori come il marketing, la comunicazione, la pubblicità e le consulenze, solo tra il gennaio 2012 e l’agosto 2014 sono state affidate più di 200 commesse per quasi 40 milioni di euro, Iva esclusa. Quasi tutte a trattativa privata” (pp. 147). Del resto, anche senza scomodare la vicenda dell’affidamento senza gara a
Eataly di Farinetti (uno che si sa scegliere gli amici), potrà dire qualcosa il commento di Piero Sassone, uno chef diventato manager del cibo e autore di una denuncia al Tar: “mettono condizioni non sostenibili perché le gare vadano deserte, così poi hanno la scusa per andare a trattativa diretta e decidere come vogliono loro […] la meritocrazia non ha più valore in questo paese” (pp. 161).
La “grande abbuffata”, come viene definita polemicamente l’avventura dell’Expo, nel racconto di Barbacetto e Maroni si arricchisce, pagina dopo pagina, di innumerevoli e discutibili personaggi. Tra i tanti – impossibile elencarli tutti – ricordiamo Claudio Artusi, un “politico che ha attraversato tutti i passati possibili” (pp. 174), e Marco Balich, direttore artistico di Palazzo Italia, che è “anche progettista, committente e contraente di allestimenti e attrazioni” (pp. 173). Insomma, tutto nel più puro stile italiano.
Se vogliamo interpretare l’Expo non soltanto come occasione di crescita, secondo quanto ci dicono i media, ma appunto anche come “grande abbuffata”, allora risulta chiaro come l’approfondimento del tema dell’alimentazione (in questo caso non nel senso di “magna magna”) possa essere passato in secondo piano, con tutte le conseguenze del caso. Non a caso gli autori, perfidi, hanno riportato alcune parole di
Vandana Shiva, a dir poco impietose: “Sono stata nominata fra gli ambasciatori dell’Expo e ringrazio dell’onore che mi è stato fatto. Purtroppo però non vedo nei programmi o nei calendari delle iniziative specifici richiami a temi fondamentali […] Questa mancanza di chiarezza nel promuovere temi così essenziali sta producendo un vuoto che gli interessi commerciali e finanziari dell’industria biotecnologica rischiano di riempire con una campagna di spot pubblicitari” (pp. 195).
Mi piace:
Mi piace Caricamento...