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NeXT Hyper ObscureArchivio per febbraio 20, 2016
Il cateto
Rispondo alle provocazioni usando la caratteristiche innata del richiamo, poveri integrali matematici mostrati al cuore espanso del cadente modico cateto.
La matematica applicata alla Formula1 – OggiScienza
Articolo apparso su OggiScienza, molto interessante, riguardo la matematica applicata alla F.1, lì dove la tecnologia s’incrocia con la teoria e la pratica quantica delle cose. Illuminante…
Sin dalla fine degli anni ‘60, con l’introduzione degli alettoni sulle vetture, la performance della F1 si è basata sul trovare il giusto bilanciamento tra carico aerodinamico, la forza che tiene la vettura incollata a terra e che consente di andare più veloce nelle curve, e la resistenza all’avanzamento, che si traduce in basse velocità nei rettilinei. Questo perché tendenzialmente nel generare carico, con un ala ad esempio, si produce anche una forte resistenza aerodinamica. Come trovare la soluzione ottimale? È qui che entra in gioco la matematica applicata alla fluidodinamica, la branca della fisica che studia il comportamento dei fluidi come l’aria o l’acqua. Le equazioni che descrivono il problema, note come equazioni di Navier-Stokes, sono note da più di un secolo, ma dal punto di vista matematico sono una vera sfida. Tranne in casi particolari, infatti, non hanno soluzioni esatte e per utilizzarle bisogna ricorrere a semplificazioni e approssimazioni più o meno importanti con risultati, soprattutto in passato, non sempre soddisfacenti.
Di fronte all’impossibilità di avere soluzioni esatte, la progettazione delle monoposto di F1, fino a fine anni ‘90, veniva fatta in base a intuizioni suggerite dall’analisi teorica del problema (molto spesso si prendevano idee in prestito dall’aeronautica) che andavano poi verificate in galleria del vento e in pista. Proprio grazie a questo tipo di analisi, a fine anni ‘70 si intuì che si può usare il fondo della vettura per generare carico aerodinamico grazie al così detto effetto suolo senza aumentare eccessivamente la resistenza. Questa idea, però, una volta implementata sulle vetture ha prodotto risultati a volte strepitosi come la Lotus 79 che vinse il campionato del 1978, a volte fallimentari come la Ferrari F92A, dotata di un innovativo doppio fondo, che disputò un disastroso campionato nel 1992. Erano i limiti del vecchio approccio al problema.
Con lo sviluppo della capacità di calcolo dei computer è diventato possibile nel corso degli anni effettuare simulazioni fluidodinamiche risolvendo le equazioni tramite un’operazione di discretizzazione, ovvero il passaggio da un problema continuo a uno discreto. Invece di considerare le proprietà del fluido in ogni punto (cosa che richiederebbe una capacità di calcolo infinita) si traccia una griglia nello spazio e si calcolano le proprietà solo sui punti di questa griglia mentre le superfici vengono a loro volta considerate come spezzettate in poligoni semplici. Con questa discretizzazione è possibile trattare matematicamente e simulare l’interazione dei fluidi con le superfici.
Nero paura, rosso sangue: intervista a Danilo Arona, l’eclettico genio della narrativa fantastica Italiana | Kipple Officina Libraria
Su KippleBlog una bella intervista a Danilo Arona, gran cerimoniere del Fantsatico_Horror_Mistico_Occulto italiano. Un estratto della chiacchierata:
A parte i tanti romanzi, un’importante parte della tua produzione di autore include i saggi. Kipple Officina Libraria ha avuto l’onore di pubblicare L’ombra del dio alato reperibile qui. Ti andrebbe di parlarcene?
L’ombra del dio alato nasce alla fine degli anni ’90 del secolo scorso a seguito di una serie di trattative, innaffiate da ottimi vini bianchi, tra Marco Tropea e me. Marco allora, con la sua stupenda casa editrice, aveva anche una collana dedicata ai “misteri antichi” in cui passavano autori come Michael Baigent, Roger Sabbah, Richard Leigh e altri, ovvero semplificando, indagini avvincenti sugli albori della civiltà tra archeologia, leggende e presunte verità. Io, da sempre appassionato agli enigmi dell’antichissima Mesopotamia – ma non nego la folgorazione subita dal prologo antologico de L’esorcista di William Friedkin – gli proposi una sorta di indagine “alla Indiana Jones della tastiera” sul demoniaco assiro-babilonese attorno al quale intravedevo di far confluire i punti di vista delle discipline più disparate: criptozoologia, mitologie, archeologia, antropologia, pseudo storia alla Zecharia Sitchin, clipeologia, ma anche le intuizioni quantiche di Lovecraft e Graham Hancock, senza dimenticare cinema, letteratura, ufologia e i rettiliani di David Icke. Presentato così, faceva sorridere – anzi, Marco proprio ci sghignazzò… – ma non so come lo convinsi che tutte queste prospettive raccontano la stessa storia, ovvero che la storia dell’umanità e del nostro pianeta è fortemente influenzata dai demoni (e spero che si capisca che non mi riferisco affatto a quelli dell’inferno cattolico…). Pazuzu come focus di tanta indagine ce l’avevo già ben in mente, ma mi guardai bene dallo svelarlo a Marco, altrimenti sarebbe stata la fine di un’amicizia che, al di là del gioco delle parti, era e resta autentica e autenticamente vissuta. Peraltro devo confessare che l’idea di un tomo a 360° su quella pipistrellesca creatura che negli anni ’70 faceva vomitare Regan MacNeil la mitica pappa verde pareva una follia anche a me. Eppure ne scaturirono quasi 400 cartelle – Marco un po’ me ne tagliò… – perché durante la mia indagine, non compiuta soltanto e troppo facilmente utilizzando la Rete, scoprivo collegamenti e riferimenti sconcertanti di ogni tipo, come la presenza di Pazuzu in epoche e luoghi lontanissimi dall’Iraq avanti Cristo o, addirittura, la sua iconicità usata da certi, anche segretissimi, gruppi rituali. È un testo che ancora oggi, in ossequio al suo titolo, proietta la sua ombra sul presente, grazie anche all’ottima riedizione, integrale e aggiornata, da parte degli amici di Kipple, con un manipolo di fan sempre più fitto e una serie di agganci importanti e significativi. Penso soprattutto alla stupenda installazione Suillaku di Roberto Cuoghi, tenutasi al Castello di Rivoli nel 2008 e ci cui ho raccontato qui: http://www.carmillaonline.com/2008/08/15/suillakku-quando-pazuzu-vol/, che ho personalmente vissuto come un colossale esperimento magico con una portata vibrazionale assoluta (Alessandro Defilippi che la visitò con me dovette uscire dalla sala dopo pochi secondi, e stiamo parlando di uno psicanalista junghiano – oltre che straordinario scrittore – che con le Forme del Profondo ci lavora, ma forse proprio per questo…) e che ha permesso al demone di librare le sue ali sopra Torino. Nel mio immaginario Pazuzu è spesso presente come personaggio. In due racconti a lui dedicati (Jay.rtf e Il ritorno di Jay), in un romanzo fantasy di Yon Kasarai e in più di una comparsata qua e là. Ma non sono operazioni a tavolino, lui arriva quando deve arrivare…
Addio a Umberto Eco | FantasyMagazine
È morto ieri sera Umberto Eco. Un lutto enorme per la Cultura, non solo italiana. Su FantasyMagazine un articolo di Emanuele “Manex” Manco per ricordarlo significativamente.
Affascinato, come milioni di lettori, dal suo romanzo Il nome della rosa (Premio Strega 1981), non riesco a dimenticare che da studente senza molte disponibilità, acquistai appena uscita l’edizione cartonata di Il Pendolo di Focault, per immergervi in un mondo meta-narrativo, un saggio mascherato da romanzo, che apriva gli orizzonti verso temi, dal complottismo ai templari, che avrebbero dominato la scena mediatica per decenni.
Altro momento spassoso erano le sue Bustine di Minerva, elzeviri che apparivano sull’Espresso nei quali Eco esaminava con arguzia contraddizioni del mondo d’oggi.
Molta della sua narrativa appartiene a un territorio che se fantastico non è del tutto, è tangente al nostro mondo, alla nostra sensibilità: da L’isola del giorno prima (1994) a Baudolino (2000) senza dimenticare La misteriosa fiamma della regina Loana (2004) e Il cimitero di Praga (2010), fino all’ultimo Numero Zero.
A parte Apocalittici e Integrati, è ricordato per tanta saggistica tra i quali l’importante Trattato di semiotica generale (1975) e, insieme a Jean-Claude Carrière, Non sperate di liberarvi dei libri (2009).