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NeXT Hyper ObscureArchivio per giugno 19, 2016
“Praticare la notte” di Ksenja Laginja | viadellebelledonne
Una bella recensione a Praticare la notte, la silloge di Ksenja Laginja recensita da Viadellebelledonne. Un piccolo assaggio:
Fare poesia, dunque, ma pure vivere, è praticare la notte per riportarne alla luce la verità e la bellezza. Assedio che in questi intensi versi è anche, forse soprattutto, quello dell’amore che rende i sensi ipersensibili e quando si esprime in poesia la loro forza travolge ogni cosa, ma è una forza buona, è il limo che rimane dopo l’esondazione e va a nutrire l’intera esistenza e la poesia stessa. E da tale connubio nasce questo libro che vibra di vita, di ricordi, di momenti di luce e di energie positive espresse in immagini molto intense e vivide, colpiscono in particolare le immagini marine: cefali, scogli, boe, onde. Ma c’è anche la fatica del vivere, del fare poesia, il senso di estraneità che spesso chi è poeta avverte nei propri confronti da parte del mondo perché mai chi è poeta sente il mondo come estraneo. Fatica e gioia nella consapevolezza che la vita è un cammino di cui ogni giorno “inventiamo” i passi.
Il Vulcano Laziale e il dragone – Nemora Nemora
Su Nemora un gran bell’articolo sulla geologia e sull’antropologia dell’area di Monte Cavo, nel cuore dei Colli Albanin assaggio:
Latium volcano, il Vulcano Laziale.
La sua grande struttura ricade perfettamente all’interno dell’area dei Castelli Romani, si tratta di un vero e proprio supervulcano, il cui sviluppo è descrivibile in tre fasi geologiche.
La prima fase, detta “del Tuscolano-Artemisio”, inizia 500.000 anni fa e testimonia la sedimentazione dei materiali che porteranno gradualmente alla costruzione dell’edificio vulcanico, che si sviluppa fra il Mar Tirreno e il rilievo appenninico. Questa fase termina 360.000 anni fa, con la formazione di una grande caldera -un cono largo alla base circa 60 km- la quale costituisce il recinto esterno del vulcano, ovvero l’attuale cinta collinare del monte Tuscolo e dell’Artemisio.
Durante la seconda fase, detta “delle Faete o dei Campi di Annibale”, prosegue l’intensa attività vulcanica e si viene a formare nell’attuale area dei Campi di Annibale, un nuovo cratere di 15 km circondato da alte pareti. Durante l’ultimo periodo di questa fase, intorno a 260.000 anni fa, il complesso vulcanico attraversa un momento di quiete il quale porterà al raffreddamento del camino centrale e alla formazione di un tappo costituito da magma consolidato.
Fra i 200.000 e i 19.000 anni fa abbiamo la terza e ultima fase, detta “idromagnetica” o “di Via dei Laghi”. Questa è caratterizzata da forti esplosioni e dal contatto fra magma e acqua: la lava incandescente dovette trovare sfoghi secondari rispetto al cratere centrale ormai ostruito e incontrò, durante il suo percorso nel sottosuolo, delle falde acquifere. L’incontro fra il magma e la falda freatica provocò la formazione di enormi quantità di gas aventi un incredibile potenziale esplosivo e, quando infine la pressione ebbe la meglio sulla resistenza meccanica delle rocce, i gas eruppero in superficie in una vertiginosa e repentina risalita di diversi chilometri scagliando in aria gas e materiale roccioso. A seguito di questi eventi il cratere di Monte Cavo si spense, mentre i crateri minori vennero riempiti dalle acque: è questa la genesi dei laghi di Albano e Nemi.
Villa Diodati. Il ritorno del clima oscuro – Carmilla on line
Su CarmillaOnLine continuano le celebrazioni al bicentenario di Villa Diodati, che cade proprio in questi giorni. Stavolta DaniloArona ci mette del suo, scavando nella materia metafisica.
È appena scoccato l’anniversario del bicentenario della Notte in cui nacque il Gotico a Villa Diodati sul lago di Ginevra (16 giugno 1816) ed è sotto gli occhi del mondo la notevole analogia tra la cosiddetta “estate infestata” di allora e l’attuale pessimo clima, caratterizzato da un inizio d’estate quanto mai capriccioso e piuttosto freddo. Purissimo caso e, se la parola “Caso” è sempre l’anagramma di “Caos”, non va dimenticato che la notte della grande sfida tra Byron, Polidori, i due Shelley e la Clairmont resta una convenzione dall’intrigante sapore di leggenda. Ma non fu affatto leggendario il singolare, per non dire unico, contesto storico e climatico di quella riunione. E il particolare effetto Farfalla che lo caratterizzò.
Si legge spesso che il cattivo tempo e il pessimo clima di quell’estate potrebbero configurarsi come fattori determinanti della nascita di Frankenstein e de Il vampiro. Concordiamo, ma si può andare oltre. Il 1816 infatti fu uno degli anni più disgraziati e crudeli della storia del genere umano, definito per lunghi anni a seguire nel folclore europeo “l’anno della miseria” o “l’anno senza estate”.
Era certo inizio estate sul calendario, ma su tutta quanto il pianeta pesava un’autentica atmosfera di Apocalisse. La stagione era dovunque rovinosa e piovosa oltre ogni dire, tempestosa e freddissima: la causa dell’inusuale fenomeno era da ascriversi all’eruzione del vulcano Tambora nell’isola indonesiana di Sumbawa, in Indonesia, avvenuta nell’aprile dell’anno precedente.
MOONLIGHT MOTEL | VERDE RIVISTA
Un racconto che ha dei sapori di ritorno da sesso quantico. Una bella penna, quella di Sergio Gilles Lacavalla, abbastanza levigata, col tempo sarà temibile. Moonlight Motel; l’incipit, da VerdeRivista:
Aveva un paio di calzoncini che le scoprivano parte dei glutei. Doveva essere in viaggio da alcuni giorni perché lo spicchio di pelle di quelle natiche era più chiaro rispetto al resto: pallido come se avesse indossato i pantaloncini appena quel giorno e il sedere non avesse fatto in tempo ad abbronzarsi quanto le gambe. Non che fosse molto abbronzata, ma insomma la differenza si vedeva con la pelle chiara. Forse era il segno del costume. Anche l’epidermide tra i due seni aveva una riga bianca. Si scorgeva per via della camicia aperta e annodata sulla pancia. Prendeva il sole nel bordo piscina della villa di qualche divo del cinema o di un produttore. Non molto distante da lì. Io potevo portarla solo in una stanza di motel. Chissà cosa aveva creduto vedendo la macchina. Altri tempi, quando girava ancora bene. Si tolse le scarpe e mise un piede fuori dal finestrino a farselo soffiare dall’aria del deserto che nella velocità mitigava il caldo. Nel sogno lei prese il giornale allungandosi sul sedile posteriore. I calzoncini le si abbassarono leggermente: non portava le mutandine. La camicia si snodò, i seni erano piccoli e un po’ scesi. Capezzoli grandi.