Un’altra recensione a Nuove Eterotopie, stavolta a opera di Matteo Barbieri, è uscita sul suo blog BeatBlog2. Anche qui toni soddisfatti, quattro stellette; vi lascio con le sue note lusinghieri, di cui ringrazio.
Nuove Eterotopie rappresenta la coralità delle voci italiane legate al movimento connettivista. Più che movimento, a leggere questa antologia davvero variegata per stili, temi e sapori narrativi, viene naturale parlare di ispirazione. Il connettivismo non è limitato a un genere, né può essere definito da uno stile o una tematica particolare: sempre che sia davvero definibile, costituisce proprio l’esplorazione delle connessioni (gli interstizi, come vengono definiti nell’introduzione al volume) e di una molteplicità di approcci che volontariamente è caleidoscopica e inclassificabile. È chiaro che il connettivismo, e con esso Nuove Eterotopie, si fa vanto della sua anti-etichettabilità, a meno che non si scindano l’un l’altro i racconti e ogni voce venga isolata dalle altre (cosa probabilmente sbagliata da fare). Anche all’interno dello stesso racconto possiamo trovare influenze weird, noir, di fantascienza new wave e classica, e del fantastico avventuroso ottocentesco (non a caso il primo racconto omaggia Verne e gli altri scrittori di quel periodo).
Impossibile e ingiusto, perciò, anche semplicemente recensire un’antologia come questa: a seconda delle inclinazioni di ciascuno, ci sono racconti che più di altri prendono forma davanti agli occhi e restano scolpiti nella memoria (come vale per qualsiasi antologia). La forza d’insieme è impressionante: ci troviamo di fronte a una narrativa non “facile”, al contrario complessa, articolata, sperimentale, ma sempre piacevole alla lettura. Una letteratura densa, è l’unico aggettivo che credo azzecchi con l’intento connettivista. La densità regna sovrana in Nuove Eterotopie: alle trame si preferiscono le speculazioni sulle possibilità di presente e futuro (e perché no, anche possibilità inesplorate del passato), ogni voce di questo bel coro si pone delle domande (spesso non banali) ed è questa la cosa che conta di più, sempre.
Letteratura “densa” è perfetto.
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Deppiù
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