Archivio per marzo 24, 2018
24 marzo 2018 alle 22:44 · Filed under Cognizioni, Experimental, Matematica, Quantistico, Reading, Surrealtà and tagged: Interrogazioni sul reale, Paradigma olografico, Teoremi incalcolabili
Ti confondi, e i risultati sono davanti a te, li puoi vedere senza che ci sia qualche altro postumano a farteli notare: sei nell’errore quantico sulla concezione astrale dell’olografia, essa esiste intrinsecamente alle dinamiche extradimensionali e non perché il nostro è l’unico universo possibile; quindi l’olografia che tu pensi non è il medium superlativo, è solo un incidente attualmente inevitabile.
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24 marzo 2018 alle 20:39 · Filed under Connettivismo, Empatia, Energia, Experimental, InnerSpace, Oscurità, OuterSpace, Surrealtà and tagged: I Ching, Interrogazioni sul reale, Joke, Misticismo, Olosensorialità, Syd Barrett, Teoremi incalcolabili
“Il quarto di ogni giorno” ha un sapore criptico, quasi mistico, somiglia a I Ching in un guazzabuglio di suggestioni. Scegli la tua.
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24 marzo 2018 alle 18:18 · Filed under Empatia, InnerSpace, Inumano, Oscurità, OuterSpace, Reading, Surrealtà and tagged: Interrogazioni sul reale, Luce oscura, More human, No more human, Teoremi incalcolabili
I risvolti della tua esistenza si alternano alla complessità del morbo psichico, rivelando infine i supporti nascosti alla malattia, evidenze incontrovertibili del male superiore: l’incarnazione.
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24 marzo 2018 alle 16:12 · Filed under Connettivismo, InnerSpace, Oscurità, Ricordi and tagged: Interrogazioni sul reale, My continuum, Separazione
Hai affrontato la discesa sinaptica in un’estensione che sa di ricordo, proprio quando la sensazione di nitidezza delle rimembranze appare liscia e simile a un sogno, sconnesso eppure coerente, distante eppure ancora presente in te. Cosa accade, a quel punto, ne hai già la risposta?
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24 marzo 2018 alle 14:39 · Filed under Letture, Sociale and tagged: Art. 18, CarmillaOnLine, Liberismo, Roberto Gastaldo

Su CarmillaOnLine un testo di Roberto Gastaldo che mette bene in evidenze le ansie di chi, dipendente di un’azienda da molto tempo, quindi da prima che decadesse l’art. 18, comprende quanto sia poco tollerato il suo status di privilegiato, quanto è poco gradita la condizione di chi è ancora protetto dai licenziamenti estemporanei derivati dai malumori del mercato, del Capo, delle tangenti che sanno di mafioso e quindi di libero mercato, dai premi produzione dei dirigenti, dai risparmi sul badget, da una quantità incalcolabile di elementi scaturiti dalla fogna istituzionalizzata del mercato senza regole, tipica follia capital-liberista di chi è dedito solo al culto inumano del business. Ecco l’incipit significativo:
Rileggi ancora una volta il testo prima di stamparlo, controllando che ci sia tutto: il nome corretto, la data di oggi, quella dell’ultimo giorno di lavoro, le condizioni concordate per il preavviso. Sembra tutto a posto, lanci la stampa in tre copie e attraversi l’ufficio per raggiungere la stampante. Il tuo diaframma ha una mobilità ridottissima, in compenso il polso sarà quasi a cento. Presi dal vassoio i tre fogli li rileggi ancora una volta, li firmi tutti e tre e poi ti avvii all’ufficio del capo per avere anche la sua firma. Le condizioni sono quelle concordate, non avrebbe alcun senso che cambiasse idea, però il polso accelera ancora di qualche battito.
Tre mesi fa neanche ci pensavi. Non che fossi contento del tuo lavoro o del trattamento che ti riservavano i tuoi superiori ma, insomma, avevi un contratto vecchio, con ancora l’articolo 18, e vecchio lo stai diventando anche tu e quindi più restio al cambiamento e contemporaneamente meno appetibile per le aziende.
E allora aggrappati saldo alla tua ditta e quando arrivano le palate di merda tappa la bocca e gli occhi (il naso non puoi, le mani ti servono per aggrapparti) e trova il modo di respirare e non scivolare. Solo che quando si accorgono che la merda non basta arrivano anche le mazzate e se le prime, più leggere, le hai sopportate, a questo giro non potevi farlo.
«Lunedì sei su un nuovo progetto, a Borgosesia».
Quando il capo te l’ha detto tu, appena chiusa la telefonata, hai controllato sulla mappa dove fosse Borgosesia. Pensavi di ricordarti male invece no, era proprio dove credevi. Un controllo con viamichelin: da casa tua a Torino un’ora e quarantacinque minuti, sola andata, da moltiplicare per due e ripetere per ogni giorno lavorativo dell’anno, sempre che non si trovi traffico o nebbia, cosa che attraversando in inverno le risaie del vercellese richiede una certa fortuna. Un incubo. Quella sera, a casa, avevi aperto linkedin e iniziato a spedire curriculum.
Poi non c’eri andato a Borgosesia. A quelli del progetto non eri piaciuto e allora la prospettiva era diventata Milano, dall’inizio del mese dopo, tempi di viaggio più o meno gli stessi, forse possibilità di usare il treno. Poi l’ipotesi era ancora cambiata: una settimana a Torino una a Padova, per un paio di mesi, più avanti forse Milano, come detto, o forse qualcos’altro ancora, “si vedrà in base alle esigenze”. Esigenze dell’azienda, ovvio, mica pretenderai di averne tu, o tuo figlio che va alla materna e col papà ci vorrebbe giocare. Mentre aspettavi di essere spostato come una stampante (d’altronde non si dice ‘risorse’, anche se si concede ‘umane’?) avevi inserito nelle tue giornate un nuovo appuntamento serale, subito dopo la cena: quello della ricerca di offerte di lavoro. Niente di troppo impegnativo, solo una mezz’oretta al giorno, una bazzecola in confronto ai tempi di viaggio che avevi di fronte.
E comunque alla fine ci sei arrivato, a trovare una via di fuga. Un po’ di corse in giro per la città a fare primi, secondi, terzi colloqui, di persona, in videochiamata, al telefono, mancava solo un colloquio via chat e poi le avevi provate tutte. Situazioni ridicole, però alla fine han funzionato: ora hai un altro impiego e puoi dare le dimissioni. Che poi le dimissioni vere, quelle sul sito dell’INPS, le hai già date, però l’azienda vuole che tu segua una sua procedura, e tu – che devi convincerli a non farti pagare il mancato preavviso – non puoi fare altro che accontentarli. Anche se questo ha significato un prolungato inseguimento dei tuoi capi per costringerli a parlarsi davanti a te, in modo che il loro non volersi prendere la responsabilità di decidere di rifiutarti il ‘condono’ li portasse a un silenzio assenso alla soluzione che avevi proposto.
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