Su Nemora un bell’articolo sulla Piramide di Bomarzo, nel Lazio, manufatto di eccezionali peculiarità strutturali. Un estratto:
La Piramide di Bomarzo è raggiungibile principalmente in due modi: attraversando la suggestiva Via Cava delle Rocchette oppure transitando per la Necropoli di Santa Cecilia. Noi abbiamo scelto la prima opzione, nel tentativo di accorciare il percorso per scampare al violento temporale estivo previsto in zona per il primo pomeriggio. Superata la Via Cava ci si immerge nella macchia boschiva, seguendo un sentierino che serpeggia fra gli alberi. Tutt’intorno si registra la presenza di tombe, massi modellati decorati con coppelle, cocci antichi, pestarole e tombe rupestri, preziose testimonianze della presenza umana fin dai tempi più remoti.
La Piramide si raggiunge dal basso e si palesa davanti a sé man mano che ci si avvicina, in un crescendo mozzafiato. Si rimane spiazzati di fronte a tanta magnificenza, possente e ancestrale. L’aria riverbera colpita dalla ieraticità profonda che il Sasso emana.
La prima differenza che noto in comparazione alla fotografie viste online riguarda la pendenza delle gradinate, decisamente più aspra rispetto a quanto immaginassi. I bordi irregolari, l’asimmetria, le scalinate interrotte e poi riprese, le forme suggerite ma non definite, tutto questo contribuisce a veicolare l’idea che ci sia qualcosa di sbagliato nella geometria del monolite. O meglio, più che sbagliato, sarebbe il caso di dire fuori contesto.
La Piramide di Bomarzo appare in mezzo al bosco come qualcosa proveniente dallo spazio siderale, da un luogo disciplinato da altre leggi matematiche.
In totale l’opera consta di trentacinque gradini divisi in due ordini di scalinate, rispettivamente da 26 e 9 gradini.
I fianchi presentano due grandi vani, costeggiati da vaschette e canaletti. Si tratta di una sorta di piramide, sì, ma ben lontana dai manufatti egizi. Ricorda piuttosto, di fatti, le piramidi mesoamericane o le ziqqurat mesopotamiche. La funzione dei Sassi del Predicatori, benché non certa, tradizionalmente si riconduce alla sfera del sacro e li si identifica come altari finalizzati alle celebrazioni in auge in epoca etrusca.
È bene specificare che al momento nessuna indagine archeologica è stata scientificamente condotta sulla Piramide Etrusca. Circa la datazione del monolite non vi è, dunque, una teoria univoca. Probabilmente la sua lavorazione si può collocare intorno al VII-IV a.C., tuttavia vi sono coraggiose tesi che retrodatano la Piramide al Periodo Villanoviano (XI a.C.). Ipoteticamente, si potrebbe immaginare una lunga tradizione nella venerazione dei questo masso vulcanico dalle fattezze peculiari, estendendo il culto in forma primitiva fino alla fase Proto-Villanoviana e alla Cultura di Rinaldone (IV a.C.-III millennio a.C.).
L’ha ribloggato su l'eta' della innocenza.
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