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NeXT Hyper ObscureArchivio per dicembre, 2018
“Fine d’anno” di Jorge Luis Borges – CRITICA IMPURA
Né la minuzia simbolica
di sostituire un tre con un due
né quella metafora inutile
che convoca un attimo che muore e un altro che sorge
né il compimento di un processo astronomico
sconcertano e scavano
l’altopiano di questa notte
e ci obbligano ad attendere
i dodici e irreparabili rintocchi.
La causa vera
è il sospetto generale e confuso
dell’enigma del Tempo;
è lo stupore davanti al miracolo
che malgrado gli infiniti azzardi,
che malgrado siamo
le gocce del fiume di Eraclito,
perduri qualcosa in noi:
immobile.
Questi gli auguri di Sonia Caporossi che snocciola una poesia di Jorge Luis Borges, Fine d’anno; mi aggrego e vi auguro buon anno a mia volta. A presto!
Necropoli del Vallone Tempesta (Nemi) | Nemora
Su Nemora il resoconto di un’escursione presso il lago di Nemi, alla ricerca dell’energia psichica e solstiziale ancora viva, lì. Uno stralcio:
Il percorso che risale il Vallone Tempesta non è segnalato sulle mappe dei sentieri del Parco Regionale dei Castelli Romani per una ragione molto semplice: non si tratta di un sentiero.
Nessuna segnaletica, nessuna carrareccia, nessun tracciato battuto. Puro e semplice fuoripista.
La gola del Vallone, così come descritta da Giuliano de Benedetti nelle sue ricostruzioni, è realmente popolata da una vegetazione esplosiva. Sembra quasi di ritrovarsi all’interno di uno scenario preistorico, con grandi felci, alberi di altro fusto e un muschio fittissimo che ricopre ogni masso.
Al centro, il corso d’acqua scorre rapido fra le rocce. Non sarebbe da sorprendersi se da un cespuglio nella macchia facesse capolino qualche animale estinto da milioni di anni.
Mi addentro in questo nuovo ambiente con passi delicati: sono un ospite, un OOPArt, un manufatto fuori dal tempo, un anacronismo. Non voglio disturbare, né lasciare alcuna traccia.
Mi arrampico con difficoltà fra i sassi scivolosi, tento di evitare di finire con i piedi nell’acqua ma è una speranza vana. Dopo poche centinaia di metri mi ritrovo con le scarpe ricoperte di fango e i pantaloni impregnati di acqua ghiacciata. Poco male, il silenzio violato dal solo scrosciare delle acque mi ripaga ampiamente del freddo e dell’umidità. Mi sembra di aver varcato un portale, di essere finita in uno spazio cristallizzato nel tempo.
Dal fondo della mia mente vengono evocate le note di Tumi Bhaja re Mana, un mantra a cui sono particolarmente affezionata. L’intero testo è incentrato su una connessione profonda con la dimensione del divino, con un dialogo intimistico e continuo con un elemento sacrale onnipresente. Secolarizzando questa concezione induista, la sensazione di entrare in contatto con un’entità che abbraccia e circonda è quanto di più vivido si possa sperimentare addentrandosi nei luoghi vergini custoditi all’ombra degli alberi.
Tuttavia, benché rapiti dal contesto evocativo e suggestivo, non bisogna mai dimenticarsi che la natura è, se non spietata, per lo meno imparziale verso i suoi figli.
Un piede in fallo in un punto scivoloso o una presa mancina su di un roccia malferma e si rotola giù. Salendo verso punti sempre più difficoltosi mi domando se stia osando troppo, se non sia il caso di tornare indietro.
Sarò in grado di percorrere il Vallone e di superare il corso d’acqua a ritroso? Onestamente non ne ho idea. Rapita dall’immagine della Necropoli proseguo, convinta di essere ormai vicinissima.
Prove insignificanti
Prove di isteria collettiva, lì dove la necessità di esaltarsi per cose umane fa vomitare anche l’anima – quel residuo insignificante ma tenace di Nulla senziente.
In rapporto al Nulla senziente
Enfatico se ricordi le parole, istantaneo se consideri i messaggi luminali: ecco le destabilizzazioni vettoriali su cui viaggi.
Inconoscibile
Niente di eclettico, nulla di argomentabile, soltanto energia che si libera nel flusso senziente delll’inconoscibile inumano.
La distanza immisurabile
Sei la distanza che si rivela la mia stessa empatia, il mio momento torcente, la mia evidenza occulta. Sei la diffrazione quantica del mio universo olografico.
Istinto letale
Rispetto al tuo dialogare, le parole trovano una nicchia di esistenza ma ti senti sconfortato, inutile per ogni tuo afflato interiore che ti trascina nell’umano.