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NeXT Hyper ObscureArchivio per luglio 19, 2019
Tolkien 2019: i mostri, gli eroi, i critici colpiscono ancora – Carmilla on line
Su CarmillaOnLine una recensione, a cura di Franco Pezzini, a Il fabbro di Oxford. Scritti e interventi su Tolkien, saggio di WuMing4 inerente a Tolkien, al mondo Fantasy e all’immaginario politico o pseudo ideologico di parte che spesso ha sovrastato l’arte stessa (almeno qui in Italia) dello scrittore inglese. Un estratto:
Senza piaggerie – di cui l’autore del libro non ha bisogno – studi come questo sono un esempio eccellente del tipo di critica oggi necessaria in materia di fantasy (e non solo, ma limitiamoci al particulare). Benvenute le opere compilative ad ampio raggio, che se felicemente realizzate possono essere preziose per inquadrare il fenomeno nella sua latitudine; benvenuto anche un certo approccio ruspante in chiave fandom. Ma se non andiamo a incalzare nel rispetto della relativa complessità i singoli testi, la genesi, le fonti, le convinzioni di un autore – anche quando non dice ciò che ci piacerebbe sentire, e tenendo distinti la sua soggettività storica e l’impatto di opere che vanno oltre lui – ci fermeremo alla rifrittura delle stesse banalità e dei soliti travisamenti. In un tempo come il nostro in cui la banalizzazione è premiata, e il successo diluviale di un genere popolare come il fantasy vede un inevitabile scarto tra quantità e qualità delle voci, sia in termini di narrativa che di riflessione sulla medesima (gli autori si propongono spesso come critici tramite web e social), Il fabbro di Oxford è un prezioso richiamo alla complessità.
Dove attenzione, non si sta denigrando il fantasy, come d’uso a suon di semplificazioni tra certi progressisti snob: è un genere che ha offerto anche opere di qualità altissima, talora squisitamente letteraria e capace – a prescindere dal divertimento del lettore, che può essere un valore – di sollevare anche grandi questioni individuali e collettive. La domanda può semmai riguardare, come sempre, le motivazioni con cui il singolo autore si avvicina a un genere e l’abilità tecnica che può vantare. L’originalità e lo spessore. La capacità di porsi domande e di impostarle sul piano narrativo. Il rapporto con le “mode” d’epoca (visto che il fantasy è palesemente di moda). Le stesse sfide sollevate da un genere che sembra più facile da gestire (in teoria non richiede ricerche complesse come il romanzo storico, né costruzioni logiche rigorose come il giallo classico, eccetera) e dove la riproposta continua di alcuni topoi – a ricalco di certi plot fiabeschi, di strutture mitiche eccetera – è forse più facilmente apprezzata dai fan. Dove il rischio di semplicismo si gioca anche nel rapporto con ideologie che sul feticcio dell’eroico amano condurre le danze: si pensi ai possibili – ma non necessari – cortocircuiti con certo neoceltismo, neoteutonismo eccetera di marca reazionaria. Aggiungiamo il fatto che una parte cospicua del fantasy più interessante prodotto all’estero fatica ad approdare in Italia, dove si tende a proporre in traduzione – da cui ovvie imitazioni – il classico usato sicuro. Rinvio sul tema agli itinerari battuti da Davide Mana, esperto di fantasy anglosassone.
Ma torniamo al punto di partenza. Per capire la vera originalità dei maestri di un genere occorre esplorare le pieghe delle loro opere: e nel caso di Tolkien il legame tra lo scritto e gli studi che portava avanti (il suo “lavoro”), le ruminazioni su valori e lettura della realtà, le riflessioni con amici intellettuali (e non), le esperienze familiari, belliche e professionali, è talmente coeso che difficilmente si può parlare di una vera fuga dalla realtà stessa. Semmai, come vedremo, di una tensione all’oltre da sé – previa però immersione nel sé – con un linguaggio amato e nobile, legato a letterature di un certo passato: e tali echi veicolano in modo efficace, grazie a una personalissima frequentazione quotidiana, un intero orizzonte interiore e relative urgenze. Senza colpa di nessuno, è chiaro che la verifica di impianto e motivazioni di legioni di scrittori fantasy che oggi in Italia premono sui social mostrerebbe situazioni un po’ diverse.
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