Ora li circondano i campi di grano, le spighe gravide, piene, le punte eccitate di fronte alle trebbiatrici che attendono come colossi metallici pronti a stuprare la terra, a penetrarla, straziarla.
Alla radio passano della musica nuova, ragazzi che cantano cose tristi su delle basi elettroniche, l’uomo vuole cambiare stazione ma la ragazzina scuote la testa, lei ascolta, il vento le smuove i capelli, ciuffi scomposti ondeggiano sopra le bende. Poggia il gomito allo sportello, prova a sentire l’aria che filtra attraverso le garze, poi drizza il collo.
Lungo la strada si vedono avanzare figure bianche, i cappucci ne negano i volti, camminano in fila, coperte di teli come fantasmi, sono decine, sbucano fuori dai campi, scendono dalle colline. I teli gli si adagiano addosso, lasciano intravedere protuberanze, forme mostruose, alcuni hanno delle gobbe che quasi strappano i tessuti, altri sono minuscoli, altri ancora sembra che striscino. Vanno avanti in silenzio, il sole li accende, ne allunga le ombre.
Chi sono quelli, chiede la ragazzina? L’uomo li osserva, si volta, le sfiora la mano. Ancora un’ora e arriveranno a Sepolta.
Un altro piccolo capolavoro di Udivicio Atanagi. Dal suo blog…
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