Su Fantascienza.com la segnalazione di un’uscita editoriale per Urania Mondadori in libreria: Esperimenti e catastrofi, un compendio di romanzi di Frank Herbert, l’autore di Dune. La quarta:
La folle utopia di uno scienziato creatore di una civiltà tanto perfetta quanto mostruosa. Un mondo arido e velenoso, palcoscenico di un esperimento psicologico planetario. La sete di vendetta di un genio impazzito che diffonde sulla Terra un virus in grado di sterminare la specie umana. Dal creatore del mondo di Dune, tre romanzi apocalittici sui limiti che l’uomo non dovrebbe mai superare. All’interno: L’alveare di Hellstrom, Esperimento Dosadi e Il morbo bianco; i tre romanzi mettono in scena scenari apocalittici ed esplorano i temi come la sopravvivenza umana, la religione e i limiti che la scienza non dovrebbe oltrepassare. I protagonisti dei tre romanzi mettono in atto progetti ambiziosi e pericolosi in un mondo dove distinguere “buoni” e “cattivi” è sempre più arduo.
Una nota personale: non posso che gioire per queste continue uscite editoriali di Urania in libreria in formati maxi, ne giova tutto il genere e tutto ciò grazie alla lungimiranza di Franco Forte e di tutta la sua redazione. Great!
Su FantasyMagazine la segnalazione di un’antologia Spaghetti-Horror a cura di Nicola Lombardi: Sangue Selvaggio. La quarta:
Esistono territori, a Ovest, al di là dei sogni, in cui il mondo si sfalda in fantastici inferni popolati da demoni e spettri, pistoleri d’oltretomba e antiche divinità assetate di vendetta.
Un universo intriso di sangue e polvere da sparo, sospeso nel tempo e nello spazio, che otto grandi autori hanno esplorato per raccontarci incubi e visioni di un West selvaggio e allucinato, accompagnandoci in una cavalcata senza freni nelle più tenebrose terre dell’immaginazione. Là dove vita e morte si incontrano. Oltre la Frontiera.
Otto grandi autori impegnati in storie ambientate nel vecchio e tenebroso West: Danilo Arona, Luigi Boccia, Stefano Di Marino, Claudio Foti, Maico Morellini, Luigi Musolino, Gianfranco Staltari e Claudio Vergnani.
Interessante disamina su RollingStone sul dualismo Waters–Gilmour all’interno dei Floyd, anche ora, dopo 35 anni di divorzio, coi piatti che continuano a volare ovunque…
Molti a queste mie parole salteranno sulla sedia, ma la popolarità dei Pink Floyd è cresciuta nel tempo tanto quanto le aspettative dei suoi membri. Tutti nei Floyd a un certo punto hanno sentito la necessità di staccare da una realtà che li soffocava: già da Wish You Were Herela band non esisteva più, il disco era un’ammissione di fallimento. Alcuni fan, addirittura, direbbero che i Floyd erano morti con l’uscita di Barrett. Waters a un certo punto ha preso in mano la situazione, se non altro perché aveva le idee più chiare rispetto ai concept e scriveva testi allucinati e graffianti. Gli altri membri avevano problemi, chi di droga (come Wright) e chi di cuore (come Mason), e tutta la band li aveva di soldi, tutte cose che non aiutano la creatività. Ma Gilmour in qualche modo ha tenuto testa a Waters grazie all’abilità di produttore/arrangiatore e per il fatto che la sua chitarra (criticabile o meno) era un trademark non indifferente e produceva dei classici (Dogssu Animalsparla da sola). Parallelamente c’era la volontà paranoica di Waters di gettarsi anima e corpo nel progetto Pink Floyd finché alla fine non ha pensato sul serio di essere la band, perché senza di essa non sarebbe probabilmente riuscito a dire nulla.
Gilmour invece era Gilmour solo se prendeva parte al processo compositivo. Aveva lo stesso problema, senza i Floyd non andava da nessuna parte. Si è trovato schiacciato, con tante sue idee scartate, penalizzato dalla mancanza di una poetica “concettuale” solida. Che invece aveva il collega, il quale però non possedeva una visione di gruppo, che probabilmente era propria del chitarrista. Proprio in virtù di questo, Gilmour avrebbe fatto la stessa cosa di Waters, solo che lui c’era arrivato prima. E infatti non c’è modo migliore per capire quest’aspetto psicologico se non analizzare lo strano percorso incrociato di alcuni album solisti di Waters e Gilmour, che alla fine tanto diversi non sono, soprattutto musicalmente, nonostante le apparenze.
Su Medium.com una breve recensione a Remoria, di Valerio Mattioli, metasaggioromanzo che mi ha davvero aperto universi insperati.
Che cos’è Remoria? È il negativo occulto di Roma, la sua anti-storia, il rimosso che emerge come un rigurgito e preme verso la superficie della città fondata da Romolo. L’autore Valerio Mattioli, classe 1978, ha scritto per Blow Up, Vice, Prismo, Il Tascabile. Già autore di Superonda. Storia segreta della musica italiana(Baldini & Castoldi 2016), ha firmato saggi sul Manifesto accelerazionistadi Alex Williams e Nick Srnicek, ma soprattutto a lui si deve la prima pubblicazione in Italia di Realismo capitalista di Mark Fisher, per la casa editrice Nero di cui lo stesso Mattioli è editor.
Il GRA come ouroboros: l’anello dell’occulto, tempo ciclico (e parallelo), senza inizio né fine che contiene e risucchia il quadrato geometrico di Romulia. Accelerazione, velocità, auto-annientamento. Credo, senza mezzi termini, che Remoria. La città invertita (edito da minimum fax) sia un libro epocale, e anche superbamente generazionale nel modo in cui racconta (e crea) gli stimoli percettivi, culturali degli anni ’90, cioè la generazione del sottoscritto e dello stesso Mattioli, mettendola in comunicazione con quella della controcultura del ‘77.
Mattioli rilegge la borgatasfera e la sua storia: il “sacerdote” Pasolini che apre il sabba per poi essere risucchiato dall’Accademia e dalla gentrificazione (le gigantografie dei lounge bar al Pigneto le conosciamo bene, giusto?). E poi l’eroina certo, quella posthippie e tardoromantica raccontata da Claudio Caligari in Amore tossico, (anno 1983, location: Ostia) e quella onirica in bianco e nero del Nico D’Alessandria de L’imperatore di Roma(anno 1987, location: le rovine di Roma). C’è l’iperstizione del geniale demiurgo Stefano Tamburini (1955–1986) con i suoi esperimenti grafici e il suo Rank Xerox, il coatto sintetico che anticipa il futuro e i soggetti sociali dei decenni che seguirono.
Il terzo estratto dalla mia silloge poetica Il sentiero dello sciamano. L’opera è edita da KippleOfficinaLibraria in ebook e cartaceo. I testi che compongono questa raccolta diventano un caleidoscopio che non va compreso, non va scomposto perché ogni frammento ha in sé un universale che rimanda ad altro e viceversa, continuamente.
Schegge di ossidiana – Fiabe dall’Impero Connettivo è un progetto di musicalizzazione dell’Impero Connettivo, uno Stato a metà strada tra il weird e la SF che, come l’Impero Romano, si espande sullo spazio, ma anche sul tempo. A capo dell’ecumene di postumani c’è un imperatore nephilim, la moneta corrente è l’informazione. L’album presente su BandCamp […] […]
Un’altra poesia della silloge poetica Il sentiero dello sciamano, libro che ho dedicato al mondo mistico vicino alle entità disincarnate, che non è mediato da alcun ordine gerarchico politico. L’opera è edita da KippleOfficinaLibraria in ebook e cartaceo e, come spiegato nell’introduzione… …i testi che compongono questa raccolta diventano un caleidoscopio ch […]
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"Scrivete quel che volete scrivere, questo è ciò che conta; e se conti per secoli o per ore, nessuno può dirlo." Faccio mio l'insegnamento di Virginia Woolf rifugiandomi in una "stanza", un posto intimo dove dar libero sfogo - attraverso la scrittura - alle mie suggestioni culturali, riflessioni e libere associazioni.
“Siamo l’esperimento di controllo, il pianeta cui nessuno si è interessato, il luogo dove nessuno è mai intervenuto. Un mondo di calibratura decaduto. (…) La Terra è un argomento di lezione per gli apprendisti dei.” Carl Sagan
“Quando siamo calmi e pieni di saggezza, ci accorgiamo che solo le cose nobili e grandi hanno un’esistenza assoluta e duratura, mentre le piccole paure e i piccoli pensieri sono solo l’ombra della realtà.” (H. D. Thoreau)