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NeXT Hyper ObscureArchivio per luglio 13, 2020
Bill Seaman – The Topologies of Blue | Neural
[Letto su Neural]
Un album ispirato alla psicologia della Gestalt e alla “topologia del blu” non è certo cosa di tutti i giorni, seppure nel corso della storia altri artisti, musicisti e filosofi – e non solo contemporanei – siano stati rapiti dalla malia del più spirituale dei colori. Non ci vuole tuttavia nessun astruso lavorio teorico per capire quali campi emozionali Bill Seaman voglia andare a sollecitare. Questa è un’opera cupa, malinconica, in molte delle sue parti senza speranza, che trasmette un senso di accorata afflizione. Il design del packaging è tuttavia curatissimo, arricchito da 20 foto stampate su carta Fujicolor crystal archive, con 6 stampe vintage a doppia faccia che includono titolo, poesia del brano, insieme a inserti di pagine di libri antichi di psicologia (Psychology in Service of the Soul, New Concepts of Hypnosis, Introduzione a Metodo sperimentale nelle scienze sociali). Gli stessi titoli dei brani – quasi sempre piuttosto lunghi e descrittivi – sono evidentemente ispirati ad un qualche luogo di cura o di degenza (“room passages, memories of motioning, repetitions, similar but different”, “time refractions, physical remembrance, distances and touch”, “signals and body language, hands, the clock of tears, code housing, subtle shifts, in the light”). Le atmosfere, perlopiù fosche e rallentate, con soavi passaggi al piano di Seaman, che si occupa anche dei sample e di calibratissime percussioni, sono vergate dai contributi musicali di Wei Ping Lin al violino solista, di David Rothenberg a vari tipi di clarinetto, di Sid Richardson e Tim Bjorklund, che si occupano rispettivamente delle librerie di suoni di basso verticale e chitarra elettrica. Il tutto – e questa è una sorpresa perché ad orecchio non l’avremmo detto – è infine editato dallo stesso Seaman in Ableton Live. In aggiunta, Bill Seaman si dimostra altrettanto abile come regista video, la sua interpretazione su Vimeo del primo brano che abbiamo citato è davvero elegante formalmente e aggiunge un’ulteriore suggestione, quella di una pellicola cinematografica nella quale compaiono solo pochi fotogrammi, probabilmente del luogo che ha ispirato l’intero progetto. Insomma, la sostanza poetica certo non manca e l’impegno nel denunciare i problemi di salute mentale nemmeno. La realtà e lo storytelling hanno a volte sfumature difficilmente distinguibili. Anche questo potrebbe essere un buon insegnamento che scaturisce da un’opera siffatta.
Contaminazione eterea
Riscritti su un supporto psichico arcaico quanto l’idea di universo, i simboli si tramandano come DNA attraverso il vuoto stellare, conservati nel gelo assoluto di una contaminazione impossibile eppure eterea.
La causa della disgregazione
Il riscatto della tua linea genetica passa per le costrizioni isteriche del tuo commento, tutto è in mano tua, tutto dipende da te.
Surprise!
Rispetti le prospettive e non trovi altro che la complessità sistemica del nuovo camuffato da antico. In fondo, non cambia mai nulla…
Gaudenz Badrutt – Ganglions | Neural
[Letto su Neural]
Suoni sinusoidali, feedback interni ed esterni, sciabolate di noise stridulo e infettivo, come pure concrezioni droniche iteratissime, sensibili e sibilanti. È questo il catalogo di frequenze con le quali s’impatta all’ascolto di Ganglions, un audio-progetto di Gaudenz Badrutt che è difficile definire stilisticamente, al confine fra musica improvvisativa e astratta, ricco di sperimentalismi sintetici ma anche di riferimenti a una materialità organica assai terrena. L’artista sonoro elvetico – che ha iniziato la sua carriera musicale come pianista classico contemporaneo – inanella passaggi densi di sussulti macchinici ma anche d’umori vitalistici, mentre la metafora d’una struttura nervosa periferica lo guida nella progressione di sequenze febbricitanti e sovraccariche di tensione. Sono due le composizioni presentate, “Supraesophageal” e “Suboesophageal”, entrambe attorno ai venti minuti di durata, la prima subito abrasiva, efferata e pregna di dolorose intemperanze auditive, l’altra ancora più primitiva e annichilente, contorta e mutevole. Soprattutto in “Suboesophageal” il senso d’urgenza nell’assemblare le parti è certamente rapido, con sovrapposizioni inaspettate e ticchettii asincroni, concentrati ultradensi di materia sonora espansa e riottosa. L’effetto sull’ascoltatore è singolare e perfino nei pochi momenti di calma non v’é alcun cedimento nell’azione complessiva che imprime sempre pressione e costringe a un’attenzione guardinga. Ganglions, che va ad arricchire il catalogo di Aussenraum Records, è stato realizzato mentre Gaudenz Badrutt stava scrivendo la sua tesi di laurea sul lavoro di Luc Ferrari e probabilmente questo deve aver accentuato non poco – immaginiamo – la voglia d’azzerare codici e strategie, portando in dote un’animosità feconda, un’istintiva voglia e capacità di dar vita a qualcosa di veramente singolare. Badrutt utilizza principalmente un computer al quale collega vari altri apparecchi elettronici e un sintetizzatore modulare. In entrambe le tracce quella che permane è un’alternanza fra suoni brevi e altri modulati per più tempo e costanti, un dialogo che è sempre sostenuto da un processo creativo di natura improvvisativa, sicuramente originato in studio ma poi sviluppato per trovare nell’azione performativa la sua forma compiuta ma non immutabile.