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NeXT Hyper ObscureArchivio per settembre 25, 2020
Chthulupunk, sottogenere del solarpunk? | NAZIONE OSCURA CAOTICA
Riflessioni sulla natura del reale intorno noi. Sul blog della Nazione Oscura.
Le discussioni intorno alla letteratura solarpunk, considerata parte della climate science-fiction (che peraltro ha i precedenti della ecological science-fiction degli anni ’60) sono molto attuali negli ultimi anni. Ci si chiede come la fantascienza – come punta di diamante della letteratura nel proiettarsi verso il futuro e considerare le problematiche che questo presenterà agli uomini e alla Terra – deve affrontare l’argomento. Negli anni ’90 e Duemila ha prevalso la distopia (il successo di Black Mirror è un chiaro esempio), ovvero una visione più o meno negativa del futuro. Qui la fantascienza (o semplicemente la letteratura speculativa) adotta il metodo del monito, mostra infatti il risultato delle politiche sociali, economiche ed ecologiche attuali. Un’ombra lunga sul futuro. Ma questi moniti, vuoi perché sono eccessivi, vuoi perché sono aumentati, vuoi perché vengono percepiti come minacce, sembrano aver perso la loro efficacia. O forse, al contrario, il messaggio è stato recepito dai più, e ora viene da pensare: “Ecco come va a finire se andiamo avanti così. Ma se NON andiamo avanti così?” La risposta, apparentemente, arriva dal solarpunk, che suggerisce strade alternative, anche qui, comunque, prendendo spunto da indizi e segnali (ancora minoritari) dall’attualità. Il metodo non è più quello del monito, ma del suggerimento. Detto questo, è inevitabile sospettare che in generale, questo metodo, possa scadere nella didascalità, nella dissertazione saggistica, nella visione aproblematica new age. Chi conosce bene il funzionamento della letteratura, dall’800 a oggi, sa che per essere persuasiva non deve spiegare le proprie argomentazioni, ma semplicemente mostrarle (il classico “show, don’t tell”, in fondo), per cui il rischio concreto è che il solarpunk scoppi come una bolla, nonostante abbia delle potenzialità che vanno decisamente oltre al subgenere.
Leggendo Chthulucene di Donna Haraway è evidente che il futuro non potrà essere una redenzione dei peccati dell’antropocene o del capitalocene, ma una nuova consapevolezza, un nuovo “pensiero che pensa altri pensieri”, che caratterizzerà il futuro. Prima fra tutte la consapevolezza che noi NON siamo gli unici attori di questo pianeta, cioè rigettare l’antropocentrismo e accettare il non umano (e l’inumano) è la premessa necessaria a ogni altro pensiero sul futuro. Per cui Haraway definisce lo chthulucene (scritto così, diversamente da Lovecraft, senza “h” dopo la “l”, ) come questo nuovo atteggiamento/consapevolezza (che lei chiama chiama responso-abilità, cioè la responsabilità di avere l’abilità di rispondere agli stimoli del pianeta e della natura).
Tornando ai generi e alla “letteratura del futuro”, è necessario quindi che il solarpunk non rimanga uno sterile esercizio di “immaginazione ottimista”, ma che contenga le problematiche dei molteplici rapporti che noi abbiamo con il mondo, con i parassiti, i batteri, i virus e tutti i biomi che ci circondano. Di più: ridefinire il “noi” oltre l’essere umano, e intenderlo come intero sistema biologico, come olobioma. Per questo propongo il temine Chthulupunk per definire questo subgenere di letteratura.
Estemporaneità neghentropiche
Ho ancora da dimostrare cose inani, estemporaneità da abisso terziario mentre la mia esistenza scorre inesorabile verso l’imbuto neghentropico.
L’Io siderale
Costretto su eloquenti percorsi di spersonalizzazione, mi accordo su frequenze aliene, alla ricerca del mio Io più siderale.
Il merito
Non sapresti come gestire i tuoi pensieri stocastici, né come renderli veritieri; infine, non sai cosa è il suono abissale: tu sai come renderti alieno alle regole antropiche.
DAVID GILMOUR & ROGER WATERS: LE ORIGINI, I PINK FLOYD, LE CARRIERE SOLISTE | PINK FLOYD ITALIA
Su PinkFloydItalia la segnalazione di una pubblicazione che ai floydiani farà sicuramente piacere: David Gilmour & Roger Waters: Le origini, i Pink Floyd, le carriere soliste, a cura di Nino Gatti e Stefano Girolami.
Parliamo di una pubblicazione che traccia gran parte della storia dei Floyd, ma che va oltre quei confini, sia nel periodo precedente che in quello successivo, e aiuta a definire i contorni di questi due artisti di fatto molto diversi tra loro, ma che hanno caratterizzato l’ideologia e il sound della band in un periodo di 10-15 anni, donando alla sperimentazione musicale e alla diffusione della particolarità sonora, visuale e artistica un’aura unica, che tuttora fa scuola – e a cui devo gran parte della mia tensione narrativa.
Il libro ripercorre tutti i lavori e gli snodi biografici dei due artisti attraverso un appassionante viaggio fra le pieghe di due esistenze straordinarie, i cui confini oggi valicano ampiamente la luminosa storia dei Pink Floyd.
Una cravatta troppo stretta per Roger Waters, la cui carriera da decenni è salpata lungo approdi solitari; ma un abito demordé anche per David Gilmour, che nel tempo ha anche lui perseguito una personale carriera solista, fra dischi, tournée e infinite collaborazioni. Le pagine svelano, con medesima devozione, una doppia biografia, parallela o incrociata a seconda dei momenti: la storia comincia in calzoncini corti, ripercorre le tappe fondamentali dagli esordi ai tempi odierni e affronta tutto il mare magnum di progetti, concerti e cambiamenti epocali che hanno visto coinvolti, prima come band, poi separati, due dei più importanti interpreti della storia del rock.
Un lavoro che di entrambe le vite affronta tre fasi: l’infanzia, l’adolescenza e i primi passi che attraverso tortuosi percorsi schiudono le porte all’epopea Pink Floyd; la parabola del gruppo e gli snodi fondamentali dal 1967 al 1995; tutti i dischi solisti, i concerti e le tournée individuali, i progetti “extra Floyd” e le numerose collaborazioni dagli anni ’70 fino a oggi.