Su CarmillaOnLine una nuova puntata dedicata ai disastri ambientali che hanno un’unica origine: il liberismo. Disastri che non si sono fermati ma che subito dopo il lockdown hanno ripreso a distruggere a nastro il nostro ecosistema, coadiuvati da una legislazione che chiude tutti e tre gli occhi a beneficio del Profitto. Come qui in Italia…
Come da manuale, la recessione che viene – la peggiore, secondo l’OCSE, dal dopoguerra – sta imprimendo un nuovo impulso all’aggressione del profitto contro i territori.
L’illusione che la crisi pandemica potesse portare ad un ripensamento sull’assurdità di questo modello di sviluppo si è dissolta molto in fretta, a fronte della capacità del capitale (infinitamente maggiore della nostra) di trasformare le crisi in opportunità.
Sul piano normativo le conseguenze di tale aggressione si traducono in forma di deroghe alle tutele ambientali, provvedimenti a sostegno delle attività estrattive o dell’agroindustria, deregulations degli appalti per le grandi opere, rilancio del finanziamento pubblico di infrastrutture devastanti.È una tendenza generale e molto chiara che ha preso corpo, seguendo modalità differenti, dall’Australia alle Americhe, dall’Indonesia al Belpaese.
Iniziamo dunque questo excursus sulle ultime controriforme a partire dalle deregulations di casa nostra, che verranno trattate un po’ più nel dettaglio, visto che ci riguardano da vicino.Il 14 settembre è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la conversione in legge del Decreto Semplificazioni1, che “al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19” stabilisce alcune cosette, del tipo:
– che gli affidamenti di appalti pubblici di lavori fino alla soglia di rilevanza comunitaria (5.350.000 €) che abbiano iniziato il procedimento entro la fine del 2021 possano svolgersi senza gara2.
– che “gli interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità … o che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio – economico” possano essere affidati alla gestione commissariale anche al di fuori dei casi di straordinaria necessità ed urgenza.
– che fino alla fine del 2023 per le grandi opere infrastrutturali si possa derogare alle procedure del dibattito pubblico, previste dal Codice dei contratti pubblici alla voce “Trasparenza”3, con tanti saluti ad ogni residuo simulacro di “democrazia partecipativa”.
– che le sentenze definitive del TAR che bloccano un’opera per vizi emersi negli atti autorizzativi o nella valutazione di impatto ambientale, possano essere bypassate.
– che i gasdotti godano di procedimenti autorizzativi semplificati, con buona pace dei proclami sulla lotta ai cambiamenti climatici.
– che le procedure semplificate valgano anche per l’esplorazione e lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, esentando – fra l’altro – dalla valutazione ambientale gli stoccaggi di CO2 fino a 100.000 tonnellate.
– che per le opere realizzate in variante dei piani portuali e aeroportuali non sia più obbligatoria la Valutazione Ambientale Strategica (VAS)
– che i Comuni non possano introdurre limitazioni generalizzate (se non intorno a siti sensibili) alla proliferazione di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche, o incidere sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. Previsione chiaramente rivolta a bloccare il moltiplicarsi di ordinanze comunali contro l’installazione del 5G, e che impedisce l’adozione da parte degli enti locali di una maggior tutela da tutte le forme di inquinamento elettromagnetico.
Questa panoramica, non esaustiva, sui punti salienti del provvedimento avrebbe potuto essere ancora peggiore, se 170 gruppi e associazioni non ne avessero denunciato il contenuto in tempo utile, riuscendo a bloccare ulteriori nefandezze previste nella prima stesura4.
Ma anche così emendato il decreto, che ora è legge è, nel suo genere, un “capolavoro”.
Con un solo provvedimento il governo giallo rosa è riuscito infatti ad ampliare a dismisura la discrezionalità nella scelta del contraente negli appalti pubblici, e con essa le potenzialità per le assegnazioni di tipo nepotistico/politico/mafioso/clientelare, depotenziando al contempo le responsabilità degli amministratori per abuso d’ufficio e danno erariale.
Della serie, ci meritiamo un’apocalisse, perché sarà l’unico sistema per spazzare via questo rivoltante miscuglio di opportunismi, liberismo, distruzioni senza soluzioni di continuità in nome di un profitto impossibile e irrispettoso in senso lato, asfaltature dei nostri bisogni non indotti, coltivazioni di condotte immorali, tipiche di un fascismo economico inumano. Ecco, l’ho detta tutta…
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