HyperHouse
NeXT Hyper ObscureArchivio per gennaio 2, 2021
Fuori dal continuum umano
Lamelle di fuoco adornano i pensieri psichici sfuggiti alla surrealtà, invadono continuum in cui ogni nostra esistenza è sterile, non ha alcun senso vitale
Incastonati nelle citazioni
L’abisso chiama in una complessità di parole psichiche che non lasciano scampo alla speranza; anche perché, si sa, la speranza è una trappola inventata dai padroni.
Dolore interiore
Attendi il movimento insano delle derive psichiche, poi discendi oltre le valli stagnanti delle fetide motivazioni e respira, ancora una volta, la muffa tagliente di dolore interiore.
Il colore venuto dallo spazio – False percezioni
Sul blog di Luigi Milani è segnalata una sua recensione a Color Out of Space, il film di Richard Stanley che ha scodellato, è il caso di dire visto il suo lungo purgatorio dal mondo del Cinema, dopo lustri di inattività. Vi incollo alcuni passi del buon Luis:
Il colore venuto dallo spazio, film distribuito in Italia direttamente nel circuito home video, segna il ritorno dietro la macchina da presa del talentuoso Richard Stanley, a trent’anni anni dal discreto Hardware e a più di venti dal sofferto L’isola perduta.
Ebbene, possiamo affermare che la rentrée, nonostante l’impresa non fosse delle più agevoli, sia stata di segno più che positivo, vista la qualità complessiva dell’opera. Oltretutto dobbiamo ammettere che adattare il racconto originario del 1927 firmato dal celebre Solitario di Providence era impresa affatto facile.
Stanley, al quale evidentemente la lontananza dal set non ha inficiato le qualità registiche, riesce infatti nell’intento, dando vita a un film visionario, di grande impatto emotivo, specie nelle sequenze finali, dal gusto scopertamente lisergico.La sceneggiatura segue abbastanza fedelmente la successione degli eventi narrati da H.P. Lovecraft, pur con gli inevitabili, seppur discreti, adattamenti alla contemporaneità. Alludiamo all’utilizzo di smartphone o all’ossessiva presenza, in stile Cronemberg per intenderci, della televisione, strumento di pseudo-evasione al quale si affida uno degli sventurati protagonisti del film, un Nicholas Cage — passatemi il termine — “scazzato” come non mai nel ruolo dell’improbabile capofamiglia Gardner.
L’attore adotta un profilo recitativo destrutturato in tutta la prima parte del film, forse per meglio caratterizzare il successivo, definitivo tracollo mentale. Uno stato nel quale sprofonda alle prese con le vicende incredibili e devastanti che colpiscono il terreno su cui sorge l’abitazione della famiglia in seguito alla caduta di un misterioso meteorite.A livello puramente visivo, come già accennato, il film funziona bene: quando assistiamo alle orribili mutazioni umane e animali, i connessi momenti gore risultano molto coinvolgenti ed efficaci, anch’essi per molti versi di stampo “cronemberghiano”.
Notevole anche l’uso sapiente del colore e dell’effettistica. A dispetto del budget non certo stellare, diciamo da B movie di lusso (pare sui 6 milioni di dollari), il regista mostra di saper utilizzare bene le risorse, dando vita a una trasposizione più che dignitosa.