Su Lankenauta la recensione a La beatificazione di Craxi, saggio con taglio giornalistico di Gianni Barbacetto. Qui sotto alcuni stralci della rece, aggiungo solo che io me lo ricordo il periodo di Craxi, l’ho vissuto, e ho di lui un ricordo davvero pessimo: il primo liberista che si è affacciato sulla scena politica italiana, quello che ha tagliato ciò che non doveva moncare, come la ScalaMobile; colui che ha cominciato l’iter delle liberalizzazioni, che da allora non hanno mai smesso di crescere e moltiplicarsi. Insomma, di lui ho il ricordo di una vera merda.
A tanti anni di distanza, con lo stesso spirito inteso alla demistificazione di innumerevoli “inesattezze”, Gianni Barbacetto torna a scrivere di Bettino Craxi, delle sue vicende giudiziarie e anche – questo l’aspetto più urticante per una larga parte di politici e di giornalisti – delle smemoratezze e del conformismo che hanno rappresentato l’ex leader del PSI, non soltanto come un infallibile leader, ma al pari di un politico onesto, vittima di inenarrabili macchinazioni; mentre: “quelli che beatificano Craxi cercano di riabilitare se stessi, di assolvere il proprio passato e giustificare il proprio presente, di sottolineare la loro insofferenza verso la politica di oggi” (pp.3). Tentativo di beatificazione che Barbacetto affonda subito ricordando quello che tanti dimenticano, o meglio fanno finta di dimenticare, come ci dimostra il titolo della biografia scritta dal giornalista Marcello Sorgi, “Presunto colpevole”: “come presunto colpevole? Craxi è stato condannato con sentenze definitive a cinque anni e sei mesi per corruzione Eni-Sai e quattro anni e sei mesi per finanziamento illecito per le tangenti di Metropolitana milanese” (pp.4).
Io mi ricordo la Milano di Craxi, molto bene.
Pessima.
"Mi piace"Piace a 1 persona