Archivio per marzo 21, 2021
21 marzo 2021 alle 22:40 · Filed under Creatività, InnerSpace, Notizie, Oscurità, OuterSpace, Recensioni, Ricordi, Sociale and tagged: Luce oscura, Pink Floyd, Proteste, Roger Waters
Su OndaMusicale un articolo dedicato all’ultimo disco di Roger Waters coi Floyd: The final cut, uscito nel 1983 (me lo ricordo, quel giorno) Un estratto:
I Pink Floyd, fin dai loro inizi, hanno rotto gli schemi del rock in particolare in due aspetti. Il primo è l’incredibile cura grafica delle copertine, vere e proprie opere d’arte grazie allo studio Hipgnosis; l’altro è legato agli spettacoli dal vivo, esperienze che chiamano in causa tutti i sensi dello spettatore. The Final Cut fallisce in questi due obiettivi.
La copertina è tra le più scarne e graficamente poco gradevoli, e al disco non segue nessun tour, cosa che penalizza le vendite già di per sé non all’altezza.
La copertina paga l’ennesima lite di Waters, stavolta con Storm Thorgerson, mente della Hipgnosis e amico dei musicisti dai tempi di Cambridge. Quanto al tour mancato, la responsabilità è di nuovo del dispotico Roger; bizzarramente, Gilmour e Mason sono all’epoca molto favorevoli, probabilmente per ragioni meramente pecuniarie.
The Final Cut, se depurato da questi aspetti, è tuttavia un bellissimo disco. Suona molto diversamente dai Pink Floyd iconici, quelli delle lunghe cavalcate psichedeliche e degli assoli pieni di pathos di David Gilmour; pare quasi un disco di cantautorato, equamente bilanciato tra testi – validissimi – e musica. La voce di Roger sembra divisa sui soli due registri contemplati: il sussurro quasi recitato e le urla dissennate. Gilmour assesta qualche bel colpo di coda, ma il suo apporto è molto limitato. Tanti sono i contributi esterni alla band.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
21 marzo 2021 alle 18:09 · Filed under Creatività, Experimental, Interviste, Notizie, Oscurità and tagged: Aborym, Cesare Buttaboni, Industrial, Luce oscura, Metal, Ridefinizioni alternative
Su VerSacrum un’intervista di Cesare Buttaboni a Fabban, degli Aborym – ciao Fabbb, ci si vede presto 😉
Siete prossimi al compimento di trent’anni di attività, un periodo di tempo così lungo è sicuramente segnato da cambiamenti, positivi ma anche drammatici. Per molti giungere a questo traguardo si rivela utopico, ma non per voi. Chi “erano” gli Aborym a inizi novanta?
Eravamo tre ragazzini vogliosi di fare musica a tutti i costi, inesperti, impreparati e con pochissimi mezzi a disposizione. All’epoca vivevo a Taranto e in quei tempi sopravvivere musicalmente in una città come quella era praticamente impossibile. Riuscii a prendere in affitto una sala per provare e li iniziò tutto. Li dentro ci suonavo, ci mangiavo, ci portavo le ragazze e ci dormivo quando litigavo con i miei. Quel posto è stato importantissimo per me: mi teneva lontano dalla strada e dai pericoli che a Taranto in quegli anni non erano pochi. Taranto stava affogando nei problemi. Fatta eccezione per l’Ilva (all’epoca Italsider) trovare lavoro era praticamente impossibile, in giro circolava droga e girare di notte rappresentava un serio pericolo. C’era tanta povertà, criminalità e le persone tendevano a vivere raggruppate in lobby, dei micro-sistemi, completamente tribalizzati. I ragazzi come noi venivano attaccati in strada praticamente ogni volta che mettevano il naso fuori di casa, e questo a causa del nostro essere “alternativi”… ti lascio immaginare in che condizioni vivevamo il tutto a livello musicale. Risse e scazzottate praticamente ogni sera… Sono stati anni bui e difficili ma nonostante tutto mi mancano quegli anni; si viveva alla giornata, in modo semplice… Niente internet, zero telefonini… eravamo tutti uniti e tutto questo si riversava nella musica, nella scena musicale, c’era supporto e quando c’era un concerto eravamo sempre tutti presenti. E la musica era di qualità, era più vera, più sentita. In tutti i generi. Avevamo le palle in quegli anni… e l’ho capito quando mi sono trasferito a Roma, una città molto più grande, dove pensavo di poter vivere meglio… invece mi sono reso conto di quanto la gente fosse diversa in capitale. Aborym sono nati a Taranto, di questo vado molto fiero.
Una finestra ampia che vi consente di valutare e giudicare anche i mutamenti che il panorama musicale cosiddetto “alternativo” ha vissuto. Stili che si sono consolidati, tecniche che si sono affinate. Quanto questi hanno influito sulla vostra maturazione artistica?
Si, come dicevo prima, aver vissuto trasversalmente tra gli anni 90, il 2000 e i decenni successivi è stato in qualche modo importante per capire da dove venivamo e dove volevamo arrivare. Ho avuto modo di vivere sulla mia pelle le mutazioni stilistiche, i cambiamenti, l’avvento della tecnologia, internet… Ho avuto modo di tirare una linea e valutare cosa era giusto e cosa era sbagliato. Negli anni mi sono sempre più appassionato allo studio degli strumenti che viaggiava di pari passo con l’evoluzione tecnologica e in qualche modo ogni album di Aborym è stato un conduttore dei progressi tecnologici in campo musicale, parlo di strumenti, ma anche di software, di plug-in, effetti, tutto ciò che ruotava intorno al mondo della musica sperimentale, compresi i miei ascolti e le mie preferenze musicali. Il ventaglio di alternative diveniva sempre più aperto anno dopo anno e questo per me è stato importantissimo se non fondamentale per iniziare a cucire su Aborym il vestito più adatto a questa band. Così come fondamentali sono stati gli incontri che negli anni ho potuto fare con altri artisti, musicisti, tecnici del suono, produttori o semplicemente con persone che mi hanno indirizzato musicalmente verso qualcosa che non conoscevo. È stata altresì fondamentale la predisposizione all’apertura mentale verso qualcosa che non conoscevo. Io lo chiamo DNA.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
21 marzo 2021 alle 15:23 · Filed under InnerSpace, Oscurità, Reading and tagged: Infection, Luce oscura, More human
Respiri le possibilità di strisciare lontano dal caos, in estrema antitesi al disturbo cranico, e ti lasci invischiare ancora una volta dal profondo legame con la terra, fonte dei tuoi problemi.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
21 marzo 2021 alle 13:16 · Filed under Accadimenti, Creatività and tagged: #giornatapoesia, Alex Tonelli, Ksenja Laginja, Poesia, Versi Guasti
[Letto su KippleBlog]
Il modo migliore per festeggiare la Giornata Mondiale della Poesia è quello di farvi scoprire la nuova identità visiva di VersiGuasti, la collana poetica di KippleOfficinaLibraria curata da Alex Tonelli.
Epidemia, di Carlo Bordini, inaugurò nel 2015 quest’avventura poetica e qui sotto abbiamo postato anche l’elenco completo dei poeti, e delle loro copertine, che finora ci hanno accompagnato, e che ringraziamo per le loro opere.
Yanuk Lurjiame, Sandro Battisti, Federica Picaro, Carlo Bellinvia, Holly Lyn Walrath, Gerardo De Stefano, Beatrice Achille, David P. Barnitz, Eric S. Stenbock, Algernon C. Swinburne, Martina Vidaić, Lital Khaikin, Dimitri Ruggeri, Laura Accerboni, Guido Antonelli, Francesca Gironi, Kenneth Krabat, Marco Raimondo, Christian Humouda, Diana Maat, Uduvicio Atanagi, Ettore Fobo, Corrine De Winter e Alessandro Manzetti, Carlo Bordini.




Mi piace:
Mi piace Caricamento...