Su Repubblica una bella intervista a Bruce Sterling che analizza il reale con gli occhi abituati al futuro e alla dissezione sociopolitica del tessuto del presente. Un estratto:
“Se durante il 2021 e in generale nel periodo della pandemia, le grandi compagnie della tecnologia hanno prosperato, penso che il 2022 sarà l’anno in cui ci vedremo molte reazioni al loro strapotere”, spiega Sterling. “È un processo che in Cina ha preso piede in maniera netta e che sto seguendo con molto interesse. Nonostante il grande successo di Alibaba, Baidu o Tencent, il governo è evidentemente molto preoccupato riguardo il loro modo di fare e ha approvato un numero rilevante di leggi per limitarne il potere. Di base si tratta di una sorta di bullismo di Stato in puro stile cinese. Ma è rilevante che un Paese che fino a ieri puntava tutto sull’essere iper-competitivo e così ansioso di calcare le scene internazionali, abbia ora deciso che bisogna intervenire contro le sue migliori compagnie hi-tech”.
Non pensa si tratta di un cliché già visto a Mosca, con il Cremlino che periodicamente rimette in riga i grandi oligarchi?
“Ci sono delle similitudini, ma non è la stessa cosa. Gli oligarchi russi sono pessimi uomini d’affari, potremmo quasi dire dei parassiti messi lì dal Cremlino stesso a gestire pezzi di industria che un tempo erano statali. Alibaba o Tencent al contrario hanno rivoluzionato il settore della tecnologia andando oltre i confini cinesi. Tutti pensavamo che il Governo di Pechino continuasse a sostenerli, come testa di ponte verso l’esterno. Ma sembra di capire che il Partito Comunista Cinese e in particolare Xi Jinping, abbia deciso che erano troppo potenti, ricchi e che questa loro forza andava contro l’interesse nazionale. Da noi Google, Amazon, Facebook, Apple e Microsoft non sono più popolari come un tempo, hanno iniziato a litigare fra loro e a ricevere multe sempre più consistenti. Anche in Occidente quindi i colossi dell’hi-tech dovranno affrontare difficoltà malgrado abbiano conservato il proprio potere economico. Eppure il segnale che arriva da Oriente è che non si tratta solo più di regolamentazione, ma di una precisa volontà politica di fermare certe realtà. La Cina da questo punto di vista è all’avanguardia. Altrove, in Danimarca e soprattutto in India, obbligano queste compagnie ad aprire uffici se vogliono operare in quei Paesi e Delhi promette di considerare responsabili i dipendenti in caso di condotte giudicate discutibili. Dalle multe alla minaccia della galera. In fondo, tornando alla Cina, è successa una cosa simile sempre nel 2021 con le criptovalute: avevano in casa la maggior parte delle miniere di Bitcoin e simili, ma le hanno chiuse benché le si potesse considerare un punto di forza”.
Molto interessante
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