Su CarmillaOnLine la recensione estesa al concetto che c’è dietro il saggio Internet of Things. Gli ecosistemi digitali nell’era degli oggetti interconnessi, di Stefano Za. Si parla del controllo sociale o societario perpetrato da enti statali o privati, in modo massivo e spesso subdolo, sull’intera popolazione mondiale; in definitiva, va precisato però, non è la tecnologia stessa a essere il problema, bensì l’uso che se ne fa, che può essere meritorio o criminoso. Un estratto:
Visto che sin dal titolo viene fatto riferimento agli ecosistemi digitali, in apertura di volume l’autore tratteggia una definizione di essi. In generale con ecosistema si intende un insieme di componenti, viventi e non, in grado di influenzarsi vicendevolmente modificando l’ambiente in cui si trovano a operare formando così un unico sistema delineato. Nello specifico, un ecosistema digitale è costituito soprattutto, ma non solo, da “artefatti digitali”. Tale tipo di ecosistema «con le sue componenti e le loro interazioni, ha sia un’entità fisica (tradizionale/materiale) sia un’entità digitale (virtuale), racchiudendo le peculiarità di ciò che viene definito sistema cyber-fisico» (p. 11). Gli elementi smart costituiscono una componente importante di tali ecosistemi digitali e rientrano in quell’ambito di IoT in cui gli oggetti sono in grado di interagire tanto con altri oggetti o macchine quanto con esseri umani attraverso Internet.
Dopo aver ricostruito i passaggi storici dello sviluppo di Internet, Za si sofferma sulla nascita del fenomeno IoT: «una rete di oggetti interconnessi tra loro capaci di raccogliere e scambiare informazioni attraverso l’uso della rete, di Internet» (p. 33). IoT, sostiene lo studioso, assume un ruolo rilevante soprattutto grazie al suo intrecciarsi con il cloud computing, i big data e il machine learning. Nel primo caso si ha a che fare con tecnologie che consentono di elaborare, archiviare e memorizzare dati attraverso risorse hardware e software distribuite in rete. Possono essere software utilizzati dall’utente finale (Software as a Service – SaaS), o che consentono di amministrare la configurazione e le funzionalità di una piattaforma (Platform as a Service – PaaS), oppure server virtuali ove è possibile installare software di sistema e applicativi (Infrasrtucture as a Service – IaaS). In tutti i casi il cloud computing consente di avere in dotazione risorse a capacità computazionale in maniera flessibile senza essere in possesso di particolari hardware potendovi ricorrere ovunque sia presente una connessione Internet.
Il machine learning ha invece a che fare con l’ambito dell’intelligenza artificiale i cui algoritmi «dettano le regole su come leggere e interpretare i dati al fine di individuare la migliore soluzione a determinati problemi legati ai dati analizzati» (p. 44). Le applicazioni di machine learning hanno strutturano modelli sulla base dello storico, dunque sono strettamente connesse ai big data e al cloud computing. IoT rappresenta pertanto una rete di oggetti connessi a Internet capace di raccogliere e scambiare dati ricorrendo a tecnologie in cui è presente un circuito elettrico: dagli smartphone agli elettrodomestici, dai macchinari industriali agli impianti per la gestione automatizzata del magazzino sino ai mezzi di trasporto.
“Tutti questi oggetti […] raccolgono informazioni in maniera strutturata, le trasmettono in rete affinché siano memorizzare spesso in soluzioni cloud. Questi dati alimentano la crescita dei big data i quali vengono utilizzati da algoritmi sofisticati come quelli di machine learning per elaborare soluzioni via via sempre migliori e più specifiche (p. 45)”.
Nella parte conclusiva del volume vengono tratteggiati quelli che l’autore individua come i principali benefici e rischi introdotti da IoT. Gli smart devices consentono inedite potenzialità di monitoraggio tanto del funzionamento del dispositivo quanto dell’ambiente esterno. I dispositivi IoT possono essere controllati da remoto dall’utente o da algoritmi incorporati o presenti su piattaforme. Implementate le fasi di monitoraggio e controllo, le aziende possono efficacemente ottimizzare le prestazioni del prodotto/dispositivo ricorrendo a dispositivi intelligenti che applicano algoritmi basati su analisi dei dati storici e attuali. «La capacità di monitoraggio, controllo e ottimizzazione, se combinate opportunamente, possono permettere di fare acquisire al dispositivo un certo livello di autonomia » (p. 81). Le stesse smart-tv si rivelano strumenti utili per accumulare informazioni circa le abitudini e le preferenze degli utenti che poi pososn essere vendute ad agenzie pubblicitarie. Dalle informazioni diffuse da WikiLeaks, secondo The Guardian, la CIA sembrerebbe essere in grado di «prendere il controllo dei televisori connessi a Internet e ascoltare segretamente conversazioni in casa delle persone anche quando i dispositivi sembrano essere spenti» (p. 86). In realtà, ancora una volta, sono le grandi corporation a essere un passo avanti rispetto alle agenzie statali:
“il recente utilizzo degli smart assistant (es. Alexa di Amazon), rende tutto molto più semplice. Questi dispositivi intelligenti sono collegati non solo con gli smart object presenti in casa ma anche con altre piattaforme su cui abbiamo un account e quindi informazioni personali, come ad esempio il calendario e le email. Questi assistenti intelligenti una volta attivati sono perennemente in ascolto e più ascoltano più imparano su di noi, sul nostro modo di parlare e sulle nostre abitudini, fornendoci di conseguenza soluzioni sempre più appropriate e corrette, supportandoci nella vita di tutti i giorni. In questo senso siamo noi ad autorizzare il tracciamento delle nostre attività, essendo un prerequisito per il corretto funzionamento dello smart assistant (p. 87)”.
Il livello di dipendenza dall’ecosistema digitale degli esseri umani sta indubbiamente aumentando sempre più. Se improvvisamente Internet, l’infrastruttura alla base dell’ecosistema digitale, smettesse di funzionare si avrebbe una disconnessione su vasta scala che negherebbe agli individui l’accesso a una miriade di informazioni su cui si basano le loro previsioni, decisioni e azioni. Un’ipotesi del genere è stata ovviamente contemplata dalla fiction distopica; lo stesso romanzo The Silence (2020) di Don De Lillo prospetta uno scenario in cui improvvisamente tutta la tecnologia digitale ammutolisce e tutti gli schermi diventano neri generando il panico tra la popolazione. Di certo un’improvvisa e duratura disconnessione digitale nell’era degli oggetti, delle merci intelligenti lascerebbe forse l’umanità a fare i conti con l’inettitudine accumulata un poco alla volta delegando acriticamente una fetta di intelligenza agli oggetti/merci.
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