Sono cinque i differenti brani musicali elaborati da Steve Roden che vanno a completare Gradual Small Fires (And A Bowl Of Resonant Milk). L’opera è stata commissionata dalla new media school dell’University of Hong Kong, centro di studi che per l’inaugurazione di un nuovo edificio del suo complesso, progettato dall’architetto decostruttivista Daniel Libeskind, ha invitato diversi artisti a realizzare delle opere in loco. I suoni selezionati da Roden per l’evento sono stati quelli di incendi da lui stesso registrati diversi anni fa sia in Danimarca che in California, ai quali sono stati aggiunti altre catture auditive, quali campane, rocce, una chitarra e svariati – non sempre riconoscibili – rumori ambientali o frutto di oggetti acustici, piccoli dispositivi elettronici e altri strumenti. Il tutto è stato ben calibrato e manipolato – in gran parte utilizzando pedali analogici per chitarra – e un sesto pezzo ha inoltre visto la luce, frutto delle medesime tecniche, per poi essere utilizzato nella mostra “Sound Art. Sound As A Medium Of Art” allo ZKM di Karlsruhe. Ciascuna delle composizioni approntate per il nuovo edificio a Hong Kong era stata ad arte associata a una specifica struttura in plexiglass colorato. Queste sculture furono meticolosamente posizionate al fine d’occupare spazi particolarmente discreti dell’edificio, evidentemente allo scopo di sensibilizzare ancor più la percezione del visitatore, coinvolgendolo in un ascolto immersivo, facendolo partecipe di un’esperienza fisica, intellettuale e forse anche spirituale e comunicativa. Il flusso circolare delle sonorità dà vita a un incantamento esotico, una sorta di sfera adimensionale nella quale sacralità e ripetizioni immateriali convivono, non esenti da un certo senso d’inquietudine, seppure siano perlopiù intrecci gentili a pervadere l’intero progetto. In allegato al cd vi è anche un libro di sessanta pagine a colori, in formato A5, il cui design si deve al Mote Studio di Berlino, pubblicazione introdotta dai testi di Daniela Cascella, Michael Ned Holte e dello stesso Steve Roden, autore anche della selezione di disegni, tema centrale del libro stesso. Raffinati riverberi, modulazioni eteree, affievoliti scoppiettii catturano all’ascolto, modulando combustioni lente ma efficaci, che danno vita ad onirici “luoghi del fuoco”, in un graduale processo compositivo che deve molto anche alle teorizzazioni di Steve Reich e della tradizione della musica minimalista nordamericana.
Nel complesso confuso di forme grafiche anonime di significati e nel fiorire di ristampe e distanze di cose che non conosci più, la tua mente è nel delirio del nulla, così ti chiedi cosa sei.
Su CarmillaOnLine considerazioni di Sandro Moiso sul liberismo che ci presenta il conto da pagare, salatissimo.
Ci siamo. Dopo più di sessanta giorni dal suo inizio, la guerra nei fatti è dichiarata. Non quella della Russia con l’Ucraina, ma quella che fino ad ora si è manifestata, nemmeno troppo, sottotraccia: Biden contro Putin, Nato contro Russia e contro gli alleati recalcitranti, Occidente “democratico” contro resto del mondo “autoritario”. Ma guai a parlare di imperialismo, se non è quello russo-putiniano; guai a parlare di pace se non è quella dettata dai cannoni e dall’invio di armi; guai ragionare; guai uscire dal coro; guai smontare la propaganda bellica di entrambi le parti in conflitto. Guai, guai, guai… Basti invece cantare come i sette nani disneyani: Andiam, andiam, andiam a guerreggiar… (i nanetti di allora cantavano lavorar, ma che importa ormai ai nano-burocrati rappresentanti del capitale internazionale?). Oppure “Bella Ciao”, contro qualsiasi commemorazione della Resistenza che non si limiti ad esaltare l’unità nazionale e interclassista con i fascisti di un tempo e con quelli di oggi. Così, nei libri di Storia futuri (stampati, online oppure semplicemente scolpiti nella pietra), come data di inizio vero del Terzo conflitto mondiale potrebbe essere ricordata non quella del 24 febbraio 2022 per l’invasione russa dell’Ucraina, ma quella del 26 aprile dello stesso anno. Giorno in cui, a Ramstein in Germania, il vertice Nato allargato ha, di fatto, dichiarato ufficialmente guerra alla Russia. Zelensky (autentico Renfield del vampirismo occidentale, ma tutto sommato personaggio secondario della catastrofe mondiale cui stiamo andando incontro), Boris Johnson (a caccia di una riabilitazione politica per la propria carriera e di un nuovo ruolo imperiale per il Regno Unito, costi quel che costi) e Sleepy Joe Biden (l’esibizione concreta del sonno della ragione che guida le scelte occidentali e della Nato) hanno scelto per noi, per la specie e l’umanità intera: basti leggere i titoli dei maggiori quotidiani del giorno successivo, il cui significato può essere sintetizzato con una frase di antica memoria: “Alea iacta est” (il dado è tratto).
Così mentre i russi avanzano poco a poco, conquistando i territori orientali ucraini e procedendo nell’opera di accerchiamento dei quarantamila soldati delle forze armate di Kiev attestati su quel fronte, i leader occidentali promettono, già intravedendola attraverso gli occhi spiritati di Zelensky, una vittoria in realtà piuttosto difficile e, in compenso, gravida di rischi già contenuti nelle stesse scelte che dovrebbero favorirla. Come, a solo titolo di esempio, l’ulteriore stanziamento di 33 miliardi di dollari richiesto da Joe Biden al congresso americano per la fornitura di altre armi all’Ucraina. Richiesta che fa inevitabilmente pensare alla previsione di una guerra di “lunga durata”. Non tanto e soltanto per le parole già pronunciate in precedenza dal ministro degli esteri russo Lavrov a proposito del rischio di deflagrazione di una terza guerra mondiale e neppure per le minacce contenute nel discorso tenuto da Putin, a Pietroburgo il 27 aprile, con il riferimento al possibile ricorso ad armi per ora impreviste o sconosciute per l’alleanza occidentale. Ma anche, e forse soprattutto, per le crepe sempre più evidenti che tale dichiarazione di guerra aperta alla Russia rischia di aprire non soltanto tra i presunti alleati, ma anche con le altre potenze presenti sul pianeta. Cina e India in testa.
Attraversando i territori, cercando le conferme, intuendo le dinamiche, capisci di essere immerso in un flusso di caos che rimescolerà il tuo presente, modificando così il tuo passato e quindi, il tuo futuro.
Free listening and free download (mp3) chill and down tempo music (album compilation ep single) for free (usually name your price). Full merged styles: trip-hop electro chill-hop instrumental hip-hop ambient lo-fi boombap beatmaking turntablism indie psy dub step d'n'b reggae wave sainte-pop rock alternative cinematic organic classical world jazz soul groove funk balkan .... Discover lots of underground and emerging artists from around the world.
"Scrivete quel che volete scrivere, questo è ciò che conta; e se conti per secoli o per ore, nessuno può dirlo." Faccio mio l'insegnamento di Virginia Woolf rifugiandomi in una "stanza", un posto intimo dove dar libero sfogo - attraverso la scrittura - alle mie suggestioni culturali, riflessioni e libere associazioni.
“Siamo l’esperimento di controllo, il pianeta cui nessuno si è interessato, il luogo dove nessuno è mai intervenuto. Un mondo di calibratura decaduto. (…) La Terra è un argomento di lezione per gli apprendisti dei.” Carl Sagan