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NeXT Hyper ObscureArchivio per agosto 9, 2022
Elogio del politeismo (Audible 2021) | nonquelmarlowe
Sul blog di Lucius Etruscus una segnalazione a un audiolibro che è molto di più di un libro, piuttosto direi che è un trattato di Storia e di religione, e quindi di politica: Elogio del politeismo, a cura di Maurizio Bettini. Un estratto:
Il punto focale di questo splendido saggio – il cui unico difetto è durare solo quattro ore, che già volano via in un lampo per il fascino dell’argomento, poi ci si mette la lettura perfetta di Alvaro Gradella e davvero sembra durare quattro minuti! – è un argomento che mi rendo conto sentir affrontare per la prima volta: il politeismo portava all’inclusione, il monoteismo porta alla tolleranza. Che è solo un’intolleranza al primo stadio.
Bettini mi spiega, anche se con parole migliori di quelle che qui sto usando, come il termine “tolleranza” porti insito in sé il germe del problema, visto che non ha nulla di positivo. Quel termine significa che io so di essere nel giusto, che tu stai sbagliando, che sei solo un cane infedele ma per ora non ti ammazzo: questo significa “tolleranza”. E purtroppo è il gran male dei monoteismi: se esiste un solo dio – tanto che si chiama Dio! – e tu non lo stai venerando, allora stai sbagliando.
Se invece penso che il tuo dio sia figo, che mi piace come ragiona, quasi quasi lo aggiungo agli dèi che venero: questa si chiama inclusione. La cui valenza positiva ha reso praticamente inesistenti le guerre di religione nell’antichità, essendo un difetto esclusivo dei popoli monoteistici.
Con un discorso per me inedito, che cioè nel mio piccolo non ho mai sentito affrontare da nessuno, vivendo (purtroppo) in una cultura monoteistica e quindi razzista e violenta – se solo il mio dio è vero, chi venera altri dèi non merita rispetto – scopro che la tanto decantata classicità da cui fingiamo di discendere, con i nostri valori democratici e finzioni varie, aveva la chiave per la soluzione dei problemi religiosi del mondo: l’inclusione. Quella che oggi viene pronunciata solo con il senso di “assimilazione”; che non è la stessa cosa.
I romani hanno incluso gli dèi greci, se li sono presi tutti, affascinati da loro: hanno cambiato nome e usanze, ma gli dèi sono quelli. Eppure i romani erano gli invasori e i greci i perdenti, eppure il concetto di politeismo annullava ogni razzismo e anche il dio di un barbaro poteva entrare nel pantheon personale di famiglie, culture e via dicendo. Quella era inclusione: aspettare che i “tollerati” capiscano che stanno sbagliando e venerino il nostro solo vero dio, è tutt’altra cosa, che porta solo a violenza.
La nostra recensione di “Zothique 11” dedicato a Grabinski | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni a Zothique11, la rivista weird che ha dedicato in questo numero uno speciale a Stefan Grabinski, edito da Edizioni Hypnos con la pubblicazione Il villaggio nero ma, anche, autore segnalato da altre realtà di genere nostrane. Un estratto della recensione:
Il critico Karol Irzykowski lo ha definito, forse un po’ forzatamente, il “Poe polacco”, ma indubbiamente dal punto di vista del valore il paragone non suona blasfemo. Grabinski è un autore modernissimo, contemporaneo di H.P. Lovecraft. Assieme a quest’ultimo, e ad altri scrittori weird come William Hope Hodgson e Jean Ray, ha contribuito a svecchiare i topos della letteratura gotica sulla base delle nuove scoperte scientifiche di Einstein che hanno ridimensionato l’importanza dell’uomo nel tempo e nello spazio.
Un’altra importante influenza deriva dalla psicanalisi e dalla scoperta dell’inconscio da parte di Freud. Non a caso Francesco Corigliano, nel suo ottimo La letteratura weird. Narrare l’impensabile, ha paragonato l’opera di Lovecraft e Jean Ray a quella di Stefan Grabinski, tutti autori che hanno saputi cogliere le pulsioni della modernità. Ora, dopo Il villaggio nero – edito da Edizioni Hypnos e tradotto da Andrea Bonazzi, che è stato anche un pioniere nel far conoscere lo scrittore polacco in un numero della fanzine Hypnos ormai introvabile – e Il demone del moto edito da Stampa Alternativa, la rivista Zothique (curata dall’instancabile Pietro Guarriello) dedica uno speciale all’autore.Come sempre gli interventi sono molto approfonditi: Michols Magnolia in Vita di Stefan Grabinski: dalla Polonia alla Fantasia ci parla della biografia dello scrittore e dei suoi temi, individuando anche un possibile parallelo con H.P. Lovecraft (le affinità tra i due sono evidenti, tanto che Stanislaw Lem ha definito Grabinski “il Lovecraft polacco”).
Sicuramente i due hanno punti in comune, ma bisogna stare attenti alle forzature. La narrativa di Grabinski è molto originale e assomiglia solo a se stessa, come ben mette in luce Obsidian Mirror nel suo articolo Il villaggio nero. Obsidian Mirror analizza alcuni dei racconti migliori di Grabinski mettendo in relazione gli agganci con la filosofia di Bergson e il suo concetto di tempo.Sulla letteratura fantastica è invece un saggio dello stesso Grabinski in cui vengono messi in luce i suoi gusti e la sua idea di fantastico. Sostanzialmente l’autore divide il fantastico in “moderno” (diretto, esteriore e convenzionale) e “di ordine superiore” (interiore, psicologico o metafisico) da lui definito “psicofantastico” o “metafantastico”. Nel primo tipo fa rientrare E.T.A. Hoffmann, autore da lui non particolarmente apprezzato, mentre del secondo fa parte ovviamente Edgar Allan Poe. Molto interessante anche l’intervista a Grabinski in cui l’autore ribadisce proprio la sua affinità con Poe piuttosto con E.T.A. Hoffmann. Dice inoltre di apprezzare Alfred Kubin e Gustav Meyrink mentre, un po’ a sorpresa, non nasconde il suo disprezzo per Hanns Heinz Ewers da lui ritenuto un ciarlatano e dichiara il suo orrore per i critici che lo paragonano alla sua opera.
Coercizione
Il test si è risolto con una coercizione all’azione frammentata, ma micidiale: accerchiato da più fronti dimensionali, non potevi non agire.