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NeXT Hyper ObscureArchivio per dicembre 14, 2022
Elementare, oppure no? | SherlockMagazine
Su SherlockMagazine spiegata la genesi del famosissimo “Elementare, Watson”, che non è esattamente quella che si crede:
Dagli studi effettuati sull’opera di Arthur Conan Doyle è emerso che la famosa frase, attribuita a Sherlock Holmes, “Elementare, Watson” sia da considerare un falso filologico, se non storico. In effetti, risulta che la frase sia stata introdotta in teatro dall’attore William Gillette e poi ripresa per il cinema da Clive Brook, variamente formulata come “Elementary, my dear fellow” (Elementare, mio caro amico) , “Elementary, my dear Watson”, e infine “Elementary, Watson”.
La circostanza, ormai nota, richiede qualche precisazione. Dopo aver “ucciso” il suo personaggio nel racconto “Il problema finale” (“The Final Problem”, The Strand Magazine, 1893) Doyle scrisse una sceneggiatura teatrale, e il produttore Charles Frohman pensò di offrire il ruolo di Sherloch Holmes a Gillette, che era anche autore e avrebbe potuto rimaneggiare la sceneggiatura. Doyle chiese solo di non affibbiare al detective nessuna storia sentimentale. Tuttavia, quando lo stesso Gillette gli chiese se poteva far sposare Holmes, Doyle rispose che poteva farlo sposare, ucciderlo o fargli qualsiasi altra cosa.Gillette lavorò allo script nel 1895, mentre si trovava a S. Francisco per la rappresentazione del suo “Secret Service”. Il 23 novembre scoppiò un incendio che si propagò al Baldwin Hotel, dove la compagnia teatrale dimorava. Gillette si trovava in un altro albergo (il Palace Hotel) ma il suo segretario, William Postance, dovette scappare dal Baldwin abbandonando il manoscritto, che andò in fumo. Gillette dovette riscriverlo per intero, basandosi su una brutta copia.
L’opera di Doyle e Gillette debuttò il 23 ottobre 1899 allo Star Theatre di Buffalo, mentre il debutto in terra inglese avvenne allo Shakespeare Theatre di Liverpool il 2 settembre del 1901. Quando Gillette arrivò in Inghilterra, venne organizzato un incontro con Doyle. L’attore scese dal treno nei panni di Holmes, si avvicinò a Doyle, lo esaminò con una lente, e poi disse “Senza dubbio, un autore!”. Doyle ovviamente scoppiò in una risata omerica.
Ciò conferma che Doyle avrebbe approvato qualsiasi modifica fosse stata apportata al personaggio di Sherlock Holmes da parte di Gillette, ma la verità è che la frase coniata dall’attore non è stata inventata di sana pianta, ma è invece una variante comunque ispirata al testo di Doyle, benché Gillette ci abbia messo del suo. Per convincersi di questo, basta pensare al fatto che il vocativo contenuto nella famosa frase (“my dear fellow”, “my dear Watson” o, semplicemente, “Watson”) è il modo abituale in cui Holmes si rivolge al suo compagno di avventure.
Claudio Chiaverotti e la vendetta di Anubi | ThrillerMagazine
Su ThrillerMagazine la segnalazione di La vendetta di Anubi, romanzo giallo scritto da Claudio Chiaverotti ed edito da Cut Up Publishing.
Un ricercatore del museo egizio di Torino viene ucciso a coltellate. L’uomo stava traducendo un papiro antico, la cronaca di una serie di feroci delitti commessi nel 1500 avanti Cristo a Tebe da qualcuno che indossava una maschera di Anubi, il dio dell’oltretomba, protettore delle necropoli e dell’imbalsamazione. E secondo il ricercatore quel papiro conteneva gli indizi per scoprire l’identità dell’assassino.
L’ispettore che si occupa del caso, Giulio Arcandi, è un tipo scanzonato e ironico, ex ottantottino (era troppo giovane per il ’68, e ha quindi contestato nel decennio successivo), uno scettico militante che si scontra suo malgrado con l’ignoto.Un thriller su cui aleggia il velo del soprannaturale sullo sfondo di una Torino invernale e notturna, con le sue brezze gelide come gli aliti di antiche divinità non-morte e con le sue ombre che sembrano assumere a ogni angolo forme spaventose e vendicative.
Avatar: La via dell’acqua | FantasyMagazine
Su FantasyMagazine la recensione di Emanuele Manco all’appena uscito secondo film di James Cameron del ciclo “Avatar”: Avatar, la via dell’acqua. Uno stralcio:
Il campionario cinematografico messo in campo attinge a tanti generi: western, fantascienza militare ed ecologista, dramma familiare. C’è la storia del marine fuggitivo, ma anche quella della sua difficoltà nel gestire i figli che crescono. Ci sono anche le dinamiche tra i fratelli, di complicità e antagonismo. Senza dimenticare in questo panorama la figura di una madre guerriera che farà di tutto per difendere la sua famiglia.
Anche stavolta, se si vuole fare le pulci, la struttura narrativa è semplice, e per nulla originale, ma è funzionale a una storia in cui sono le immagini a raccontare i personaggi, il loro mondo e i loro destini. Un progetto per il quale Cameron si conferma un artista sperimentatore e ricercatore, che cita se stesso senza pudore, mostrandoci versioni migliorate delle sue già brillanti intuizioni visive (Aliens, Titanic, The Abyss, tanto per dirne alcuni) capace di fare progredire la tecnologia cinematografica, con film che distinguono i tempi in prima e dopo la loro uscita.