Su Fantascienza.com, nell’ambito di Delos241, il “Manifesto programmatico dell’inumano”, da me redatto e già uscito su Silicio #4. Ecco l’incipit:
Siamo tutti abituati alla nostra umanità da non concepire altro. Ognuno di noi reputa la nostra civiltà, la razza cui apparteniamo, come la superiore, l’apice dell’espressività e della creatività, del genio, del pensiero.
È vero. Ma relativamente al nostro mondo terrestre.
Parliamo di un dato di fatto, non di punti di vista. Viviamo su un pianeta, su un granello della nostra galassia: la Via Lattea, il cui raggio raggiunge quasi i 53.000 anni luce; le nostre percezioni sono un compendio di cinque sensori, dalle limitate ricezioni. Un esempio? La nostra banda uditiva, nel migliore dei casi, va dai 20 Hz ai 20 kHz mentre per la fruizione dei colori ne vediamo principalmente tre più le loro variazioni, ma non possiamo andare oltre il rosso e l’ultravioletto. Potremmo citare poi l’olfatto, per esempio notevolmente inferiore a quello dei cani, i quali hanno anche capacità uditive superiori alle nostre; mentre per quello che riguarda il nostro tatto prima di riportare danni al derma si percepisce soltanto una gamma di temperatura assai limitata – i limiti sono compresi tra il molto prima dell’ebollizione dell’acqua e il poco dopo che ghiacci. Il gusto umano ha aspetti altrettanto circoscritti ed è un senso estremamente delicato che può essere assimilato, per la delicatezza delle mucose della bocca, al tatto.
Questi sono i nostri cinque sensi ufficiali. Molti di noi asseriscono di averne un sesto, e poi un settimo, e poi ancora un altro senso che potrebbe corrispondere all’istinto, ma in queste aggiunte arbitrarie non c’è nulla che possa essere davvero constatato con metodi scientifici, nulla oltre una sensazione più o meno vaga che a volte sembra ci salvi da qualcosa di pericolosamente incombente. Naturalmente non significa che queste sensazioni non esistano in assoluto, semplicemente insistiamo su un territorio di cognizione vaghe, oppugnabili, soggettive.
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