La segnalazione di questo articolo che avevo perso, su SentireAscoltare: InsideOut, la biografia dei Pink Floyd visti da Nick Mason, il loro batterista. Vi lascio alla segnalazione:
Inside Out, ovvero la prima autobiografia dei Pink Floyd, è un libro scritto da Nick Mason, batterista della band britannica nonché – a tempo perso – pilota di auto sportive. Il testo è uscito in origine nel 2004, ma la versione di cui vi parliamo in questa sede è quella pubblicata in inglese – aggiornata con gli eventi occorsi successivamente a quell’anno – nel 2017, e poi ristampata in italiano da EPC Editore a novembre 2018. Tanto per dire che nonostante di questo libro si sappia già molto, rimane comunque una lettura assai piacevole sia per i fan del gruppo che per i meno addentro alle questioni pinkfloydiane.
Pur essendo una “fonte diretta”, Inside Out non è un libro caratterizzato da un approccio enciclopedico: dentro non ci troverete ogni minuto vissuto – nemmeno troppo pericolosamente – dalla formazione britannica. Crediamo volutamente, visto anche l’aplomb tipicamente british con cui Mason tratta soprattutto le questioni più spinose legate alla storia dei Floyd (due su tutte: l’estromissione dal gruppo di Syd Barrett e la separazione conflittuale tra Roger Waters e il trio Mason/Wright/Gilmour più o meno da The Wall in avanti), evitando così di mettere in piazza troppi dettagli – del resto è lui stesso a informarci che una volta finito di scriverlo, il libro ha passato il vaglio e le aggiunte/correzioni dei compagni di lungo corso. I pregi di Inside Out stanno altrove, per esempio in una scrittura ironica e fluente capace di raccontare le fasi salienti dell’ascesa di uno dei gruppi più seguiti al mondo con una verve degna d’un romanziere, e come se fosse la storia di una formazione emergente qualsiasi salita alle cronache quasi per caso: sembra di vederlo, il buon Mason, mentre al pub, tra una pinta e l’altra, ti racconta sghignazzando di quando si spezzarono i tiranti che tenevano fermo il maiale gigante gonfiato a elio che si doveva fotografare per la copertina di Animals, e il suddetto viaggiò autonomamente per i cieli britannici evitando solo per pura fortuna di causare possibili incidenti aerei. Un po’ come se fosse stata una bravata da ragazzini, e non un evento che dimostra l’intraprendenza, il coraggio artistico di un gruppetto di inglesi interessato alla tecnica applicata a ogni campo – del resto i Nostri studiavano architettura – almeno quanto alla musica.
Con una scrittura pungente e divertente, Mason ci fa appassionare a tutto l’universo Pink Floyd, non soltanto alle vicende della band, fornendo dettagli sui collaboratori di una vita – tra tutti, l’arcigno Storm Thorgerson di Hipgnosis, ma anche l’Alan Parsons che lavorò a The Dark Side Of The Moon e moltissime figure “tecniche” più o meno connesse con l’aspetto musicale, ma fondamentali nell’economia generale – e sugli accorgimenti tecnologici alla base degli effetti spettacolari utilizzati live (impagabile il racconto sulla preparazione del tour di The Wall), sui metodi compositivi relativi ai brani finiti nei dischi e sui dietro le quinte dei vari show (c’è da dire che dal racconto del celeberrimo concerto a Venezia del 1989 l’amministrazione di allora della città lagunare non ne esce benissimo). Ma sono anche i caratteri dei vari membri del gruppo a emergere, esponenti della borghesia inglese dalla fortissima personalità ma profondamente diversi tra loro: dal Barrett artista a tutto tondo poco interessato alla fama e alla gloria – e notoriamente più “portato” per le alterazioni chimiche che il mercato di allora offriva, rispetto agli altri – a un Wright più defilato (ad altezza The Wall, in aperto conflitto con un Waters ormai padre e padrone, diventerà persino un musicista “stipendiato”), dal Gilmour capace di assurgere al ruolo di leader al Waters vera e propria dinamo del gruppo ma dalle note tendenze egocentriche.
E poi c’è Mason: alla fine è lui il vero protagonista del libro, o perlomeno lo è la sua personalità, il taglio tutto sommato leggero e “zen” che il Nostro dà alla storia. Come se non fosse stata un’avventura incredibile e avvincente, ma solo ordinaria amministrazione. Dalla caratterizzazione un po’ bidimensionale che fa dei protagonisti, lui emerge come quello più cazzone, portato per la freddura o la battuta spiritosa, e capace di mediare tra le frizioni che nascono tra gli altri membri della band. Sembra quasi di rivedere un po’ il Ringo Starr che a un certo punto della storia dei Beatles si trova a dover ricucire lo strappo tra le personalità invadenti di Lennon e McCartney. A Mason è andata un po’ meglio (i Pink Floyd si sono riuniti per un solo concerto durante il Live 8 del 2005, dopo che per anni il “marchio” era rimasto ai soli Gilmour, Mason e Wright), nonostante abbia dovuto assistere alla fine “biologica” della band, con la morte di Syd Barrett nel 2006 e di Rick Wright nel 2008.
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