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NeXT Hyper ObscureArchivio per marzo 10, 2023
La dea celtica Belisama e Milano – Axis ✵ Mundi
L’inquadramento dell’Acqua come principio primo e fonte originale, per le antiche popolazioni europee la cui sopravvivenza derivava dai suoi benefici, viene espressa tramite la consacrazione delle fonti dei principali fiumi dell’antica Europa: lì sorgeranno i santuari della dea celtica della fertilità. Evocata dalla toponimia celtica, questa consacrazione è stata ricavata da un grandissimo numero di offerte votive – statuette, metalli preziosi, armi e oggetti domestici – scoperti un po’ ovunque in Europa lungo i corsi d’acqua e presso i santuari situati alle loro sorgenti.
Il fiume o il corso d’acqua rappresenta un’espressione mobile della dea (la “Madre Terra” essendo la sua espressione statica), che con la sua presenza rende le acque sacre. È la combinazione particolare delle diverse proprietà minerali, vegetali e volativi che emanano certe sorgenti in certe ore del giorno e della fase lunare che ne crea i poteri rigeneratori e guaritivi. Ogni luogo sacro ha il suo spirito guardiano che veglia si di lui, osserva i riti che ivi avvengono e si può materializzare sotto forma di canto, di uccello, di pesce, in onore della dea. A volte la dea appare come essere onirico, come “fata” o “strega”, in funzione delle circostanze o delle predisposizioni del visitatore o dell’intruso.
Questi luoghi rappresentano il grembo della Madre Terra invocata sotto nomi e aspetti differenti. Esistono numerose iscrizioni galliche (Gallia Transalpina e Cisalpina; iscrizioni leponzie), indirizzate a Gwena, Belisama (antichi nomi della dea), Brida, Brii, Bria (divenuta poi Brighit), la Madre rappresentata sotto forma di triade – modello che spesso viene richiamato nell’arte e nella letteratura celtica – assieme al suo bambino mentre sorregge un cesto di frutta (simbolo di fertilità ed abbondanza). Un’altra rappresentazione popolare è quella della dea Epona, abitualmente a cavallo (e lei stessa “dea equina”) e a volte accompagnata da un rapace.
Questo è l’incipit di un articolo apparso su AxisMundi, che indaga le connessioni cultuali ed energetiche dell’Europa preistorica, fino ai Celti, un piccolo saggio molto interessante che fa luce su una serie di cognizioni che espandono la visuale antropologica e mitologica. Buona lettura.
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Il canto siderale mi porta via, sulle sue ali, lontano da ogni forma e concetto di casa; la casa sono io…
Note sul concetto di Weird Fiction – parte prima | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine una piccola indagine di Antonino Fazio su cosa significhi “weird”; è una ricerca a puntate e, com’è giusto, si parte dagli inizi; un estratto:
Nel 1923, esattamente un secolo fa, usciva il primo numero di una rivista pulp intitolata “Weird Tales”, fondata a Chicago da Jacob Clark Henneberger. La rivista andò avanti fino al 1954 e poi chiuse, ma riprese nel 1973 (tra il 2007 e il 2012 ha avuto come editor Ann VanderMeer). I racconti pubblicati erano di genere fantasy e horror. C’è da chiedersi il perché del termine weird (che vuol dire “strano”, nel senso di “arcano” e “misterioso”) associato a entrambi i generi, ma occorre sottolineare che la rivista accettava racconti che altri non prendevano in considerazione, perché insoliti e non inseribili in un genere preciso.
John Clute, in Encyclopedia of Fantasy (1997), fa rientrare nella “weird fiction” storie fantasy, horror o soprannaturali con elementi inquietanti e inspiegabili (uncanny). Lo stesso Clute precisa che una storia è horror se suscita orrore e distingue tra fantasy, horror, dark fantasy (fantasy più horror), SF, Sf horror, supernatural fiction e weird fiction (horror soprannaturale), con ciò aderendo al canone stabilito da Howard Phyllips Lovecraft nel suo saggio Supernatural Horror in Literature (1927).Proprio a quest’ultimo fanno riferimento Ann e Jeff VanderMeer, nell’introduzione all’antologia The Weird: A Compendium of Dark and Strange Stories (2011), quando affermano che il weird, pur includendo degli elementi soprannaturali, non rientra nel gotico o nella tradizionale storia di fantasmi. Di fatto, Lovecraft pone una continuità tra il gotico (in auge tra il Settecento e l’Ottocento) e l’horror moderno, lasciando intendere che il weird è sovrapponibile all’horror soprannaturale, ma con la precisazione che, per scrivere un weird, non basta una classica storia di fantasmi, con lenzuola che svolazzano e catene sferraglianti.
Torniamo qui al punto che l’horror è un effetto che l’autore deve suscitare nel lettore, creando situazioni i cui i suoi personaggi si trovino per primi in preda all’angoscia. Questo esclude l’horror realistico (che è, più propriamente, terrore) e la ghost story codificata, in cui il soprannaturale non rappresenta la rottura delle certezze scientifiche, ma l’accettazione di una dimensione ultraterrena, le cui regole possono essere rinvenute nelle dottrine religiose o nell’occultismo. Ne deriva che il soprannaturale nel weird è piuttosto uno scontro con l’ignoto, lo shock prodotto dall’improvvisa consapevolezza che conosciamo troppo poco dell’universo per credere di poterlo controllare. In qualunque momento, forze sconosciute e al di là della nostra comprensione possono spazzarci via come foglie secche. La realtà è più ampia, aliena e paurosa di quanto sospettavamo. Ecco perché il weird, di per sé, è estraneo alla fantascienza. Non è che non esistano esempi di horror fantascientifico, è solo che la fantascienza, per sua natura, intende la scienza come un grimaldello capace di penetrare nei vari misteri che il cosmo ha in serbo per noi. Anche quando, nella distopia, la fantascienza ci mette in guardia contro le presunzioni della scienza, lo fa in base a considerazioni razionali. Nel weird, invece, è l’irrazionale che prende il sopravvento. Allo stesso modo, il weird non è il fantasy, perché nel fantasy il soprannaturale è incorporato, considerato come qualcosa di normale. In un mondo in cui esistono i maghi, la magia è affare di tutti i giorni. Può spaventare, ma non a motivo della sua assoluta estraneità.