Archivio per Postumanismo
16 Maggio 2023 alle 18:25 · Filed under Cognizioni, Cybergoth, Cyberpunk, Experimental, InnerSpace, Oscurità, OuterSpace, Postumanismo, Reading and tagged: Mappe, More human, Ridefinizioni alternative
Qualche istanza di dolori istantanei, poi l’esplosione di supernovae psichiche che riscrivono nuovi itinerari della mappa postumana.
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7 Maggio 2023 alle 09:59 · Filed under Cognizioni, Filosofia, Futuro, Postumanismo, Recensioni, Sociale, Tecnologia and tagged: Ayn Rand, Donald Trump, Elon Musk, Evgenij Morozov, Fabio Chiusi, Jeff Bezos, Lerry Page, Liberismo, Lungotermismo, Mark Zuckerberg, Marte, Nick Bostrom, Quaderni d'Altri Tempi, Richard Barbrook, Roberto Paura, Sergey Brin, Toby Ord, Twitter, William MacAskill

Abbiamo un problema con Elon Musk. E no, non è esattamente quello che pensate. Non è semplicemente il problema che l’uomo oggi più ricco del mondo, titano della tecnologia, proprietario di un influente social network, è anche una persona piena di strane e pericolose idee sulla politica, l’umanità e il suo futuro; è piuttosto il problema di come quelle idee stiano infettando il discorso sul futuro al punto da rischiare di farlo deragliare fino a chiudere la porta a ogni possibilità di pensare il futuro.
Questo è l’incipit di un lungo post di Roberto Paura su QuaderniAltriTempi, dedicato proprio al controverso multimiliardario tecnofilo – parecchio, ma anche altro – di cui si analizza il pensiero e l’operatività. Un altro estratto, con le allarmanti considerazioni finali che potrete leggere nel resto dell’articolo:
Negli ultimi anni, questo mito si è fortemente incrinato. Durante la pandemia Musk, anziché impegnarsi negli sforzi di contenere il virus, ha iniziato a diffondere teorie complottiste contro i lockdown. Già prima era emerso il suo ambiguo sostegno alle politiche di Trump, e ben presto ha iniziato a emergere il discorso tipicamente alt-right contro i cosiddetti woke, dipinti come troppo impegnati a guardarsi l’ombelico pensando a quali pronomi usare per definire la loro identità di genere piuttosto che darsi da fare per cambiare il mondo. La guerra di Musk a Twitter, il suo social network preferito, reo di imporre il pensiero unico del politicamente corretto contro il cinismo muskiano, lo ha portato alla più tradizionale delle sparate di un arci-miliardario: se qualcosa non mi piace, la compro e la cambio.
È iniziata così a prendere forma la consapevolezza che a Elon Musk non sta tanto a cuore il futuro, quanto la sua visione del futuro, da imporre a tutti i costi. Prima attraverso i soldi, poi attraverso la tecnologia, quindi attraverso la grancassa dei social network; e magari, in un giorno non troppo lontano, attraverso la politica attiva. Una visione del futuro che Fabio Chiusi, nel suo L’uomo che vuole risolvere il futuro, ascrive correttamente alla categoria del “soluzionismo tecnologico” (Morozov, 2014):
“Solo mettere gli ingegneri e gli scienziati al comando, suggerisce questa scuola di pensiero applicata alla comprensione di Musk, ci darà una reale possibilità di risolvere il futuro, trattarlo cioè, da buoni soluzionisti, come un altro dei problemi umani riducibili a calcolo, probabilità e assiomi matematici”.
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6 Maggio 2023 alle 11:38 · Filed under Cybergoth, Empatia, Experimental, InnerSpace, Oscurità, OuterSpace, Postumanismo, Reading, Surrealtà and tagged: Cryochamber, Luce oscura, Melting, Olosensorialità, Siderale, Teoremi incalcolabili
Nei paesaggi iperurbani trovi la complessità siderale impattare con quella postumana, fino al melting di mille e mille radici future.
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22 aprile 2023 alle 22:03 · Filed under Deliri, Digitalizzazioni, Futuro, Oscurità, Postumanismo, Recensioni, Sociale, Tecnologia and tagged: CarmillaOnLine, Complotti, Controllo sociale, Covid-19, Critica della ragione tecnologica, Distopia, Douglas Rushkoff, Gioacchino Toni, Infection, Isolamento, Liberismo, Luce oscura, Luiss, Margaret Thatcher, Mindset, Ridefinizioni alternative
Su CarmillaOnLine la recensione di Gioacchino Toni a Solo i più ricchi, saggio-diario di Douglas Rushkoff edito da Luiss University Press. Intrigante, interessante, istruttivo, fa riflettere a fondo – come, devo dire, gran parte della produzione di quest’inaspettata casa editrice, da cui ti aspetti ben altro che la feroce critica al sistema cognitivo che la sostiene.
Cinque tra gli uomini più ricchi del pianeta invitano un massmediologo marxista in una località segreta nel deserto per ricevere una consulenza circa l’efficacia dei piani di fuga a cui stanno pensando in vista di quello che chiamano l’Evento, una non meglio definita catastrofe che prevedono si stia per abbattere sulla Terra.
Non si tratta di un romanzo o di un film. Questo è quanto è realmente accaduto a Douglas Rushkoff, docente di teoria dei media e di economia digitale presso il Queens College di New York, divulgatore sui temi dell’innovazione e dell’hi-tech e conduttore del celebre podcast “Team Human”.
Il volume si apre con lo stupore dell’autore per la bizzarra proposta ricevuta di raggiungere un lussuoso resort situato in una imprecisata località nel deserto al fine di fornire un suo parere sul “futuro della tecnologia” a un gruppo si uomini di affari. Trattandosi di un’offerta economicamente importante, lo studioso accetta pur attendendosi la classica raffica di domande volte unicamente a comprendere se vale o meno la pena investire su questa o quella trovata tecnologica nel totale disinteresse circa l’impatto che avrebbero avuto sulla società. Dopo un viaggio aereo in prima classe, proseguito poi in limousine, raggiunto un lussuoso resort in mezzo al nulla, il “massmediologo marxista”, come egli stesso si definisce, scopre di non dover tenere una conferenza a una platea di invitati ma bensì dialogare con soli «cinque tipi ricchissimi» appartenenti «alla più alta élite nel campo degli investimenti tecnologici e dei fondi speculativi» (p. 10).
Cosa diavolo vogliono da lui costoro? Qualche dritta su ove conviene investire in ambito tecnologico? Ed eccoci alla vera sorpresa: a costoro interessa capire quale zona del mondo subirà di meno la futura crisi climatica, se la minaccia principale deriverà dal cambiamento climatico o da una guerra biologica, quanto si potrà resistere isolati senza aiuto esterno e come potranno continuare ad esercitare la loro autorità sulle forze di sicurezza che dovranno difenderli nei loro bunker da razzie o ammutinamenti dopo l’evento. «L’Evento. Era il loro eufemismo per il collasso ambientale, le rivolte nelle strade, l’esplosione nucleare, la tempesta solare, il virus inarrestabile o l’hack informatico in grado di bloccare ogni cosa» (p. 11).
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20 aprile 2023 alle 23:11 · Filed under Cognizioni, Cybergoth, Cyberpunk, Experimental, InnerSpace, Onirico, Oscurità, OuterSpace, Postumanismo, Reading, Sociale and tagged: Interrogazioni sul reale, Liberismo, Luce oscura, Ridefinizioni alternative, Transumanesimo
L’aspetto che cogli nelle tue follie libertarie è un momento di analisi fuorviante, qualcosa che sembra una condanna e invece è la possibilità di salvarti ancora un po’, in attesa della mannaia che, però, può essere posizionata sempre più lontana.
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25 marzo 2023 alle 18:57 · Filed under Accadimenti, Cognizioni, Creatività, Cybergoth, Digitalizzazioni, Experimental, InnerSpace, Interviste, Matematica, OuterSpace, Postumanismo, Sociale, Sperimentazioni, Tecnologia and tagged: Application Programming Interface, Controllo sociale, Distopia, Francesco D'Isa, Intelligenza Artificiale, Interrogazioni sul reale, Nello Cristianini, Ridefinizioni alternative, Teoremi incalcolabili
Su L’Indiscreto una bella disquisizione di Francesco D’Isa e Nello Cristianini sulle peculiarità – pericoli compresi – delle intelligenze artificiali che s’interfacciano con l’arte. Un estratto:
FD: Come spesso accade, le nuove tecnologie ci costringono ad affrontare vecchi problemi che avevamo messo da parte. Grazie alle intelligenze artificiali (IA) ad esempio, ci siamo chiesti di nuovo cosa sia l’arte, chi sia l’autore, cosa sia l’intelligenza… Riguardo a questo ultimo punto, vediamo nel libro che le IA hanno un’intelligenza di tipo completamente diverso dal nostro: funzionano su base statistica, per esempio nell’imitare i nostri linguaggi. Usano metodi statistici per perseguire scopi scelti da noi – e in un certo senso è in questo modo che dimostrano di essere intelligenti, esibendo la “capacità di un sistema di agire in modo appropriato in un ambiente nuovo e incerto, dove le azioni appropriate sono quelle che aumentano la probabilità di successo”. Ma il modo in cui lo fanno è completamente diverso da come lo facciamo noi umani.
NC: Mi interessava dare una definizione di intelligenza che fosse chiara, operativa, misurabile, che di conseguenza escludesse altri concetti che spesso creano confusione: come l’autocoscienza, l’introspezione, le emozioni. Nella scienza spesso una definizione porta chiarezza e consente progresso, come fu nel caso di “informazione” con Shannon. Finora “il concetto di intelligenza” è stato usato in modo ambiguo, e anche vago: per parlarne scientificamente dobbiamo ‘restringerlo’, e per questo propongo una definizione: l’abilità di comportamento efficace in situazioni mai incontrate prima, ovvero l’abilità di perseguire un obiettivo in situazioni nuove. Jean Piaget la definiva: “sapere cosa fare quando non si sa cosa fare”, ovvero prendere decisioni sensate quando non si ha un copione da seguire. È necessario assumere che un agente abbia un obiettivo, per poter decidere se il suo comportamento è efficace, razionale, o irrazionale: una macchina che sceglie le azioni a caso lanciando una monetina ha un comportamento, ma non uno razionale. Al momento, per capire l’IA è meglio eliminare il discorso sull’uomo, perché è fuorviante, ed evoca un bagaglio emotivo troppo grande. Per ora sarebbe meglio evitare paralleli con l’intelligenza umana, e limitarsi a descrivere le intelligenze artificiali. La nostra tendenza ad antropomorfizzare ci può ingannare, e lo ha fatto per decenni.
FD Nel libro parli di una “scorciatoia”, ovvero l’uso di dati e statistica per sviluppare le IA, un metodo molto divergente rispetto alle vecchie piste che erano legate più alla logica e al ragionamento formale. È grazie a questa scorciatoia che lo sviluppo tecnologico è esploso.
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18 marzo 2023 alle 15:56 · Filed under Cognizioni, Connettivismo, Creatività, Digitalizzazioni, Experimental, Fantastico, Postumanismo, Tecnologia, Virtual Reality and tagged: Brodbeck & de Barbuat, Cross-Over, Fotografia, Fumetti, Intelligenza Artificiale, Interrogazioni sul reale, Ridefinizioni alternative, Video
[Letto su Neural]
Les 1000 vies d’Isis è una serie di ritratti fotografici di una donna, Isis. La vediamo nel vialetto verso il mare dietro casa, a letto, davanti allo specchio, mentre aspetta qualcuno in un caffè. Una luce calda la illumina, immersa in paesaggi mediterranei, crepuscolari e accoglienti. Ogni suo sguardo suggerisce una storia, evoca un momento di vita, nostalgia e malizia, pelle, capelli, mani. Ma Isis non esiste, è un personaggio immaginario creato totalmente al computer dai suoi autori, i fotografi Brodbeck & de Barbuat. Le sue texture iperrealistiche sono morbide e sinuose, le ambientazioni minimali ed eleganti, le pose così naturali e spontanee che è faticoso pensarla viva solo nelle sue copie digitali. La fotografia come strumento di realismo qui è un linguaggio di rappresentazione, eccessiva e disarmante: ci si perde ad osservare queste immagini per trovare l’elemento che possa tradire la messa in scena, che sveli la realtà dell’esistenza di Isis ma senza successo, perdendosi come in uno specchio alla ricerca di una sempre più perfetta (in)verosimiglianza.
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24 gennaio 2023 alle 22:43 · Filed under Cognizioni, Creatività, Deep Space, Postumanismo, Recensioni, SF and tagged: Bertolt Brecht, CarmillaOnLine, Chesley Bonestell, Chris Foss, Franco Brambilla, Franco Storchi, George Méliès, Luca Oleastri, Michelangelo Miani, Michele Tetro, Odoya, Paolo Lago, Roberto Azzara, Roberto Baldassarri, Siderale
Su CarmillaOnLine un articolo di Paolo Lago che recensisce Astronavi. Le storie dei vascelli spaziali nella narrativa e nel cinema di fantascienza, di Michele Tetro e Roberto Azzara, saggio uscito per i tipi di Odoya. Un estratto:
In una scena del dramma Vita di Galileo (1938-39) di Bertolt Brecht, lo scienziato pisano, parlando con Andrea Sarti, figlio della sua governante, così afferma: “Io ho in mente che tutto sia incominciato dalle navi. Sempre, a memoria d’uomo, le navi avevano strisciato lungo le coste: a un tratto se ne allontanarono e si slanciarono fuori, attraverso il mare. Sul nostro vecchio continente allora si sparse una voce: esistono nuovi continenti. E da quando le nostre navi vi approdano, i continenti ridendo dicono: il grande e temuto mare non è che un po’ d’acqua”. Probabilmente, la letteratura e il cinema di fantascienza hanno dischiuso un immaginario simile: hanno permesso che gli aerei o qualsiasi tipo di ‘macchine volanti’ non ‘strisciassero’ più attaccati al pianeta, ma si slanciassero al di fuori della sua atmosfera, nello spazio più profondo. In definitiva, cos’altro sono le astronavi se non aerei che si innalzano nel cielo, oltre ogni confine o, per l’appunto, navi che si distaccano dal mare per dirigersi verso gli ‘astri’? Luciano di Samosata (II sec. d.C.), nella “Storia vera”, immagina infatti che sia proprio una nave, sollevata in aria da un tifone, a compiere un viaggio sulla Luna, dove l’equipaggio (di cui faceva parte lo stesso autore) avrebbe incontrato la stirpe dei Seleniti. D’altra parte, celebri astronavi come la corazzata Yamato, che incontriamo originariamente nella serie d’animazione giapponese “Star Blazers” (1974-1981), o l’Arcadia di Capitan Harlock, appartenente al manga “Capitan Harlock” (1977-1979) di Leiji Matsumoto, non sembrano vere e proprie navi che hanno preso il volo? La prima ha l’aspetto e il nome di una corazzata della Marina Militare giapponese della Seconda Guerra Mondiale, mentre la seconda, connotata come una nave pirata, ha il cassero di poppa di un vascello settecentesco.
Michele Tetro e Roberto Azzara, nel loro bel libro, ci offrono una convincente cronistoria illustrata “dei vascelli spaziali nella narrativa e nel cinema di fantascienza”, dalle prime testimonianze letterarie e cinematografiche fino ai giorni nostri. Le astronavi e le basi spaziali di alcuni fra i più noti film di fantascienza, alle quali è dedicata la seconda parte del saggio, sono descritte e raccontate come se fossero reali per cui, spesso, in modo straniante, ci troviamo di fronte a delle vere e proprie ‘schede tecniche’; leggendole, per qualche attimo, il nostro senso di realtà vacilla e si interseca con l’immaginario fino a chiederci: “ma allora sono esistite ed esistono davvero!”. La prima parte del libro è dedicata a un’altra cronistoria, stavolta su “una, cento, mille navi stellari”, fin da quando “le silenziose distese cosmiche si affollarono di mezzi artificiali di ogni sorta, riducendo alla portata umana gli abissi dell’Universo insondabile, là dove, invece, nella realtà, l’umanità stava ancora muovendo i primi, timidi passi al di fuori dell’atmosfera terrestre, a bordo di minuscole e claustrofobiche capsule Mercury o Vostock, unicamente abilitate al volo orbitale”. La terza parte prende curiosamente in esame “l’astronave che s’indossa”, cioè la tuta spaziale, elemento presente in pressoché tutti i film che narrano viaggi nel cosmo: l’immaginario cinematografico ha creato infatti tute spaziali di diverse forme e fogge, dalle più fantasiose alle più realistiche. Infine, a chiudere il libro, incontriamo un’intervista al grafico modenese Roberto Baldassarri, autore di straordinari disegni tecnici relativi ai mezzi spaziali e alla base “Alpha” della serie tv inglese Spazio 1999 (Space: 1999, 1974-1977).
Gli autori sottolineano come nel tempo sia cambiata l’estetica dell’astronave: dall’aspetto sigariforme del razzo (che incontriamo fin dal Voyage dans la lune, 1902, di Georges Méliès) a quello sferico del disco volante, per assumere le forme più svariate che rappresentano una specie di ibrido fra queste due originarie (come, per esempio, la Enterprise di Star Trek). Le rappresentazioni iconografiche delle astronavi sono poi il frutto dell’immaginario di autentici artisti: Chesley Bonestell, che inizia la sua carriera di pittore dello spazio nel 1944; Chris Foss, nato nel 1946, “che portò la space art a livelli di qualità assoluti” (peccato che le immagini del libro siano in bianco e nero: sarebbe stato bello vedere quei “cromatismi accesi” delle navi spaziali di Foss, come recita una didascalia); gli italiani Franco Storchi, Michelangelo Miani, Franco Brambilla e Luca Oleastri, autori di “grandiose” e “magnifiche” navi spaziali.
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