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Sandro Battisti: Olonomico « HyperNext
Così come ieri ho segnalato la pubblicazione della prefazione al mio ultimo romanzo, Olonomico, segnalo oggi la pubblicazione della postfazione di Marco “Pykmil” Milani sul blog connettivista HyperNext. Anche in questo caso, immensa gratitudine a Marco per aver scritto – e non solo per questo, ma anche per gli stessi motivi che citavo ieri per Giovanni “X” De Matteo – la postfazione nel suo invidiabile stile ed essenza, degna conclusione del libro. Che l’Impero Connettivo si espanda sempre più.
Embassytown di China Miéville « HyperNext
Interessante recensione all’ultimo lavoro di China Miéville, su HyperNext: Embassytown. Eccovene uno stralcio:
China Miéville in pochi anni è diventato uno degli scrittori imprescindibili della narrativa fantastica, dimostrando un’eccezionale abilità narrativa, risolutezza ed effervescenza di idee e di immaginazione, nonché capacità di intessere storie avvincenti e inedite. Embassytown, pubblicato nel 2011, ne è una straordinaria riconferma.
Premetto che la mia opinione è indubbiamente di parte, poiché il romanzo è incentrato su una tematica che mi affascina moltissimo in tutte le sue variegate declinazioni, ovvero il linguaggio. Embassytown, infatti, poggia su un solido sostrato speculativo, che non si traduce in pesanti digressioni meramente teoriche, bensì si fonde con trama e descrizioni per dar vita a un’immersione narrativo-sensoriale-filosofica.
Lo stile caratteristico di questo libro potrebbe essere una delusione o noioso per chi preferisce costruzioni essenzialmente incentrate sul susseguirsi di azione, climax e avvenimenti. Per affrontare Embassytown e gustarlo appieno bisogna lasciarsi avvolgere dal romanzo stesso, dalle impressioni, a volte distinte altre sfocate, che suggerisce.
Cose intriganti, ricerca continua dei limiti del linguaggio, momenti speculativi che non possono non interessare chi fa dell’avanguardia il suo stile di vita. Conto a breve di recuperare il testo in questione.
XNA: alternative genetiche per l’origine della vita « HyperNext
Il codice genetico alternativo è l’argomento trattato nel post odierno di HyperNext. In sostanza, si sta cercando di creare in laboratorio codice genetico di sintesi, teoricamente con maggiori possibilità di manipolazione; per maggiori dettagli (anche tecnici) vi invito a leggere il post completo.
AntiVJ: video mapping multisensoriale « HyperNext
La vitalità del blog multiautoriale HyperNext, nella cui redazione ci sono un po’ di connettivisti, è testimoniata dal flusso di post, quasi giornaliero. Oggi è uscito un intervento di Oedipa_Drake, AntiVJ: video mapping multisensoriale.
All’inizio del 2008, un gruppo di eterogenei artisti europei ha dato vita ad AntiVJ, con l’obiettivo di sviluppare, produrre e promuovere nuove contaminazioni tra arti visive e musica. Il progetto si focalizza su un utilizzo peculiare delle proiezioni e della luce e su come questi due elementi influenzino le nostre percezioni. Combinando strumenti, una solida preparazione tecnica e forme artistiche differenti, i risultati che questi artisti ottengono, di solito durante performance live o attraverso installazioni, sono una vera esperienza artistica neurotonica.
Un viaggio attraverso le installazioni di avanguardia, è questo il post, interessante perché pone l’accento sui concetti che guidano alcune avanguardie nell’epoca della connessione elettronica che vira verso l’olistico. Leggetelo tutto.
Ultime dal fronte quantistico dell’informazione « HyperNext
Un altro post da segnalare su HyperNext: Ultime dal fronte quantistico dell’informazione . L’articolo, a firma di X, fa un’analisi approfondita ma resa anche divulgative, dello stato dell’arte della computazione quantistica. Imperdibile…
Metachaos, disumanizzazione virale « HyperNext
HyperNext ospita un bel post di Oedipa_Drake su Alessandro Bavari, illustratore del prossimo NeXT 17. Lo fa usando il cortometraggio di Bavari presente in Rete (e riprodotto qui sotto) intitolato Metachaos. Vi lascio ad alcune note di Oedipa, che rendono molto bene l’idea della poesia e tematiche dell’artista.
Il cortometraggio è un’allegoria degli aspetti più atroci e corrotti della specie umana e della sua progressiva disumanizzazione (che nel quotidiano corrisponderebbero a guerra, odio, oppressione), rappresentata dalla contrapposizione tra un mondo puro, isolato e protetto da una costruzione simile a una sorta di cubo di Rubik in perenne movimento, e l’esterno, una landa desolata, mefitica, infestata da creature ostili solo apparentemente antropomorfe.
Quando questi esseri demoniaci riescono a irrompere nella fortezza, si propagano come un virus letale e, moltiplicandosi e ramificandosi in maniera incontrollata e inarrestabile, seminano rovina e disfacimento. Un crescendo di devastazione, bestialità, caos, quasi un macabro compiacimento dell’orrore di fango e sporcizia che rigurgita queste creature, man mano sempre più ibridate con rettili e simili a raccapriccianti aracnidi, deliranti in un sabba folle e frenetico che sfocia nell’esplosione finale del tutto in un magmatico e denso brodo primordiale. Due poli antitetici, quindi, benché in un certo senso entrambi estremi nella loro assolutezza, destinati ad annientarsi e autodistruggersi. Una caratterizzazione che si potrebbe far derivare per l’analoga ispirazione a Eloi e Morlock de La Macchina del tempo di Herbert George Wells.
L’impatto del video è reso innanzitutto a livello cromatico, dal contrasto tra l’ecosistema dell’ideale, in cui predominano il colore bianco e movimenti fluidi, e il mondo avverso dominato da tinte sabbia e acide, cupe, che lo rendono già alla vista claustrofobico e minaccioso. Il movimento della videocamera a spalla, il ritmo stordente e sferragliante della colonna sonora, la collisione tra architettura ed esseri viventi, la conformazione delle creature malvagie, dai connotati astratti ma al contempo modellate in una carnalità depravata e in sfacelo, rendono ancor più il senso di tragicità e rovina inesorabile.
Infine, come promesso, ecco il video:
ma l’eco del fiorire del Sogno « HyperNext
HyperNext ospita un articolo di Giovanni “X” De Matteo che, linkandosi al film Inception, fa riferimento tra le varie cose agli articoli usciti su NeXT 16 che hanno come filo conduttore proprio il film di Cristopher Nolan.
Inception è un’esaltazione di un aspetto della fantascienza riconducibile alle teorizzazioni di J.G. Ballard, di cui traduce in immagini per il grande schermo le folgoranti intuizioni sull’inner space della psiche umana. La reiterazione del classico mito della discesa orfica nel regno dei morti è interamente giocata sulla sfida definitiva di Dom Cobb (Leonardo DiCaprio), sognatore e spia professionista, alle prese con un complesso di colpa che si è inutilmente sforzato di relegare negli strati inferiori del proprio subconscio. Nel suo atteggiamento riverbera un passaggio dello struggente racconto di fantascienza di Roger Zelazny, Una rosa per l’Ecclesiaste (A Rose for Ecclesiastes, 1963):
E di notte l’ascensore del tempo mi conduceva ai suoi piani più bassi…
Sempre Zelazny, nel 1966 (Signore dei sogni, The Dream Master, romanzo tratto dalla novella He Who Shapes, del ’65), ci avrebbe portati a conoscere il decadente mondo futuro dei neuropartecipazionisti, psichiatri in grado di portare allo scoperto il rimosso dei pazienti agendo grazie all’arte della Formazione sulla loro sfera emotiva, plasmandone i sogni mediante il più immediato dei linguaggi di comunicazione: l’immagine.
Il tetto tridimensionale « HyperNext
[Letto su HyperNext – mio post]
In altri contesti (articolo riportato poi pari pari nella rubrica Zoom di NeXT 16) ho affrontato, più che altro in embrione perché solo in quel momento cominciavo a prendere confidenza con i concetti, il tema della tridimensionalità del nostro universo – nostro in quanto umani – che fa scaturire, una quantità notevole di volte, soltanto due possibilità di scelta.
Non è il caso e il luogo, questo, di riproporre il percorso cognitivo che mi ha portato a supporre vero il ragionamento, ma il concetto che mi sembra razionalmente giusto è pressappoco questo: il dominio del nostro organismo è attestato sulle tre dimensioni; noi siamo alti, larghi e profondi in una certa misura, e manipolare situazioni che possono far scaturire solo due possibilità (ovvero soluzioni bidimensionali) ci dà un notevole senso di potenza e di capacità. Aumentare di una dimensione (e quindi suggerire una terza soluzione, parametro) non fa altro che portarci sul limite delle nostre possibilità.
Ragionamento proposto similmente dal matematico ungherese George Polya, ovvero che quanto più numerose sono le dimensioni in cui ci si muove e quindi le possibilità che ci si aprono davanti, tanto maggiore è la probabilità di perdersi e di conseguenza lasciarsi assalire dallo sconforto.
L’assunto quindi è: dobbiamo stare al di sotto del limite delle nostre potenzialità per essere capaci di cavarcela. Ed è questo un fatto, alla fine, naturale. Ricordiamoci di ciò quando saremo in prossimità del postumanismo, quando le dimensioni manipolabili saranno verosimilmente più di tre.
The Mission: dal mondo delle ombre gotiche… « HyperNext
Un altro mio contributo per HyperNext: una piccola analisi_resoconto (molto poco resoconto, visto che non c’ero quella sera) del concerto dei Mission dell’ottobre scorso, a Londra, in occasione del loro 25ennale.
Riprendendo parzialmente la terza puntata di Pulse, la rubrica musicale di Next-Station.org di cui sono tenutario, parlo di The Mission, la gothic band inglese che ha attraversato il panorama musicale internazionale da metà ’80 fino all’inizio di questo millennio.
I concerti che ho visto di questo gruppo sono stati molteplici; m’interessava in questa sede, invece, fare un piccolo rimando alla reunion della formazione originale in occasione del 25ennale della sua fondazione, sfociata nel concerto del 22 ottobre del 2011 durante una serata memorabile, in cui hanno suonato come gruppo di spalla i loro vecchi amici Fields of the Nephilim.
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- Ceromonies – Fields of the Nephilim (hyperhouse.wordpress.com)
- Into The Subconscious: Fields Of The Nephilim Interviewed (thequietus.com)