Archivio per Animals
19 marzo 2021 alle 20:38 · Filed under Creatività, Deliri, Notizie, Oscurità, Recensioni, Testi and tagged: Andrea Scanzi, Animals, Distopia, George Orwell, Infection, Luce oscura, Pink Floyd
Sul sito di Andrea Scanzi un lungo articolo – in realtà scritto un lustro fa – che esplora il mondo di Animals, il disco dei Floyd uscito nel ’77. Molteplici punti di vista, storie misconosciute, considerazioni non banali. Ve ne incollo la quasi totalità, perché non si può prescindere da ogni singola riga.
Stretto tra due colossi come Wish You Were Heree The Wall, Animals è ancora oggi un disco parzialmente sottovalutato.
Animals esce nel Regno Unito il 21 gennaio 1977. È il decimo album in studio dei Pink Floyd. La band è prossima all’implosione. Dopo il successo enorme di Dark Side, il Mirabile e Magnificamente Folle Roger Waters soffre sempre di più la popolarità, il rapporto con il pubblico e con l’industria discografica. Stargli accanto è quasi impossibile. Proprio durante il tour promozionale di Animals, Waters sputerà a un tontolone ubriaco che lo stava insultando. Da quel gesto germoglieranno The Wall e The Pros And Cons of Hitch Hiking (anche se i titoli non erano ancora questi), che Waters scriverà quasi di getto.
Animals venderà molto, ma non quanto altre opere del gruppo. Sono i mesi in cui esplode il punk, che peraltro se la prende anzitutto con i Pink Floyd, ritenuti emblema della “vecchia musica” e del “sistema”. Insomma: cazzate. Johnny Rotten, cantante dei Sex Pistols, indosserà la celebre maglietta “Io odio i Pink Floyd”. Ovviamente Animals è un disco che nulla c’entra con il “mercato”. E – altrettanto ovviamente – Animals è molto più rivoluzionario di tante (non tutte) baracconate punk. Animals è ancora un concept album watersiano. Se in Dark Side ci si interrogava sul senso della vita (e della morte), e se Wish You Were Here verteva sul tema dell’assenza e del cinismo dell’industria discografica (oltre che sul ricordo di Syd Barrett), Animals è una riflessione cupa e spietata non solo sull’Inghilterra di fine Settanta ma – più ampiamente – sulla natura dell’uomo. E dunque della società. È il disco più politico dei Pink Floyd, che deve molto alla Fattoria degli Animali di George Orwell.
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16 marzo 2021 alle 18:29 · Filed under Creatività, Notizie, Oscurità and tagged: Algie, Animals, Distopia, George Orwell, Infection, Liberismo, Luce oscura, Pink Floyd, Roger Waters
Su OndaMusicale un po’ di storia dei Floyd e del loro album Animals, del ’77, in particolare del maiale icona del disco che sottintendeva a certi porci capitalisti, che ancora ben navigano nelle infestate acque della nostra vita. Un estratto dall’articolo:
La band aveva pubblicato due dischi difficilmente eguagliabili, sia come incassi che come gradimento del pubblico. Tuttavia, la genesi di Animals fu particolarmente travagliata all’interno dei Floyd. Se da una lato c’era la tentazione di proseguire sulla strada percorsa fino a quel momento, dall’altro c’era la voglia di cambiare rotta. Specialmente da parte di Roger Waters.
L’Inghilterra era una polveriera sociale pronta ad implodere su se stessa e nelle proprie contraddizioni politiche e sociali e anche la musica stava prendendo una deriva ben delineata, specie con la nascita del punk. Tuttavia, i Pink Floyd si erano affermati con un genere più psichedelico che progressive e la tentazione di proseguire in quella direzione era forte.
Su richiesta dei ragazzi venne contattata la Ballon Fabrik (la stessa che aveva realizzato il dirigibile dei Led Zeppelin) e commissionata la costruzione di un maiale gonfiabile di circa 12 metri da posizionare nel cielo fra le ciminiere. Il giorno prefissato però c’era cattivo tempo mentre il secondo giorno era sereno ma ventoso. Pare che quello buono sia stato il terzo. O forse tutti e tre.
Qualcuno aveva pensato di assoldare un tiratore con un fucile in modo da abbattere il maiale nel caso fosse successo un imprevisto ma, forse per risparmiare o forse per negligenza, questi fu presente solo il primo giorno. Il secondo giorno, a causa del forte vento, il maiale (a cui era stato dato il nome Algie) ruppe i tiranti e volò nei cieli di Londra scatenando il panico fra gli aerei in partenza ed in arrivo all’aeroporto Heathrow.
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22 gennaio 2021 alle 12:11 · Filed under Concerti, Creatività, Cultura, Deliri, Notizie, Oscurità, SF, Sociale and tagged: Animals, Controllo sociale, Distopia, George Orwell, Infection, Interrogazioni sul reale, Liberismo, Luce oscura, Pink Floyd, Proteste, Ridefinizioni alternative
Questi sono i giorni dell’anniversario di Animals, disco dei Floyd assolutamente unico spaventosamente attuale nelle sue tematiche da incubo distopico, uscito sul mercato mondiale intorno al 21 gennaio ’77. Se ne parla un po’ in giro per la Rete, ho trovato quindi un paio di articoli a riguardo, di cui vi metterò sotto qualche estratto, uno preso da PinkFloydItalia e l’altro da IlRestoDellaMusica. Buona lettura, e tenete bene in mente questa chiosa:
“Animals sa raccontarci tutto questo: il fallimento di ogni tentativo di dare voce alla propria coerenza interiore quando anche la più pura e furente manifestazione di parere dissonante viene inglobata nel meccanismo mercificante che la rende sterile. I concerti promozionali del tour ne sarebbero stata dimostrazione, frustranti e fallimentari più della rivoluzione cantata da Waters, Gilmour e soci. Concerti ideologizzati a critica anticapitalista, trasformati in un tritacarne macinasoldi. Uno sputo avrebbe portato alla fine di tutto ciò, del ciclico mascheramento orwelliano… a favore del silenzio di un muro ben più risonante”.
Ero entrato in EMI nel periodo in cui uscì WISH YOU WERE HERE, avevo quindi già respirato quel clima di attesa che pervadeva la casa discografica all’uscita di un disco dei Pink Floyd che, da solo, poteva determinare l’esito di un anno intero di vendite.
Le notizie arrivavano con il contagocce e spesso neanche per le vie ufficiali, sapevamo dalla stampa inglese della session fotografica con il maiale gonfiabile effettuata intorno alle ciminiere della Battersea Power Station e poco di più, arrivarono i primi documenti interni che riportavano i titoli e gli autori dei brani, documenti che in gergo venivano chiamati “ll testo etichetta” con cui sarebbero state realizzate le etichette dei dischi ma i nastri non arrivavano e tanto meno foto della copertina se non all’ultimo momento.
Non esisteva ancora MTV, non c’erano i videoclip e non avevamo neanche nuove foto del gruppo, perché ogni foto doveva essere approvata dal management della band con a capo Steve O’Rourke, uno tosto. Nonostante Alberto Pasquini, il nostro capo, lo conoscesse non si riusciva ad avere nessun materiale di un certo rilievo che potesse essere utile alla promozione di Animals. Oggi la cosa può far sorridere, però immaginate un label manager di 23 anni, infoiatissimo del gruppo, che deve aiutare l’azienda a promuovere il disco più importante dell’anno e… non ha nessun materiale a disposizione. Neanche i nostri eroi in Inghilterra, che all’epoca erano il fotografo Armando Gallo e il conduttore Rai Michel Pergolani, potevano aiutarci: non avevano nulla. I Pink Floyd, elusivi come non mai, oltre la loro musica non concedevano nulla e allora, molto italianamente, ci demmo da fare, sia sul fronte televisivo che su quello fotografico. I responsabili della promozione EMI, Danilo Ciotti e Michele Di Lernia, non erano tipi che si arrendevano facilmente e, per dirla con un linguaggio cinematografico, erano capaci di mandare l’acqua al contrario. Convinsero Paolo Giaccio, che in Rai era stato tra le anime della trasmissione radiofonica Per voi giovani, all’epoca uno dei responsabili della trasmissione televisiva Odeon, a inventarsi qualcosa. Così si materializzò l’idea di girare uno speciale, diretto da Piero Natoli, all’interno dell’istituto artistico di Velletri, dove gli allievi avrebbero disegnato ascoltando la musica del nuovo disco.
I potenti mezzi della EMI italiana si misero in moto e io, con il pulmino Fiat 850 del nostro magazzino vendite, andai a caricare due casse amplificate di notevoli dimensioni e le portai a Velletri, dove diffusero la musica mentre gli allievi realizzavano i disegni su grandi fogli e tavole. Il servizio venne bene e fu regolarmente trasmesso in prima serata e, siccome esistevano solo le tre reti Rai, l’audience fu molto rilevante e quindi l’iniziativa promozionale più importante, quella televisiva, andò a buon fine, ma per la promozione stampa c’era ancora molto da fare, soprattutto perché mancavano le foto.
Ci venne in soccorso proprio la EMI International chiedendoci quali giornalisti volevamo accreditare per il concerto di Zurigo. Noi rispondemmo subito chiedendo anche un photo pass, che avrei usato io. I miei trascorsi come fotografo di «Sound Flash» e «Nuovo Sound» convinsero il mio capo ad approvare la trasferta. Da quel momento in poi cominciarono a giocare tre cose: la mia Nikon F2A, il leggendario 105 mm f1.8, il 50 mm f1.4, la pellicola diapositiva Kodak per luce artificiale “tirata” a 800 ASA e la conoscenza perfetta che avevo dei brani musicali.
Il concerto fu fantastico, scoprii per la prima volta che c’era anche un altro chitarrista solista sul palco, Snowy White. Ero pronto quando entrò in scena il “maiale” e il 50 mm fece il suo lavoro… ero pronto quando Nick Mason avvicinò una radiolina a transistor al microfono inquadrato dal faro… ma soprattutto riuscii a scattare una foto, una sola, all’invisibile Rick Wright, costantemente nascosto dietro le tastiere.
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