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Addio Magister | Fantascienza.com
Su Delos 235 l’editoriale di Carmine Treanni che ricorda Valerio Evangelisti, anche tramite un paio di pensieri che incollo qui sotto; Valerio ci manca ogni giorno di più…
Ecco cosa disse Evangelisti, ormai un po’ di anni fa, riguardo la letteratura di SF:
“Io sono convinto che in tutta la letteratura di genere, la fantascienza sia stata la regina assoluta, e sicuramente la più prossima, pur nella sua diversità apparente, alla letteratura generale, ma non generica, cioè mainstream, ma alla letteratura alta. Se prendo uno scrittore di gialli, ma anche di un noir tradizionale, mi è difficile pensare ad un qualsiasi rapporto con la letteratura generale, mentre con la fantascienza il rapporto diventa facile. Per esempio, c’è stato il recupero di uno scrittore come Philip Dick, considerato uno scrittore di fantascienza solo una ventina di anni fa, e oggi apprezzato come uno scrittore tout court. La fantascienza è una letteratura capace di indagare anche sulla società e sull’uomo. È uscita dall’ambito strettamente letterario, fino ad impregnare letteralmente tutto il nostro immaginario, indebolendo fortemente l’oggetto letterario. Questo vuol dire una supremazia assoluta nel campo della narrativa di genere, e una assoluta appartenenza alla cultura del nostro tempo”.
Ecco cosa disse Valerio a proposito dei suoi romanzi:
“Mi spaventerebbe pensare che i miei romanzi siano facilmente etichettabili. Fin dall’inizio, Vittorio Curtoni, disse, a proposito dei miei romanzi di Eymerich, che non era fantascienza, ma che era anche fantascienza. Ritengo che in una fase in cui la letteratura non di genere esprima abbastanza poco, la letteratura di genere – che è massimalista, perché contiene grandi idee, concetti e visioni – sa affrontare problemi che la letteratura non di genere normalmente trascura. Io ho tentato di scrivere romanzi costruiti sulla base di tutti i generi letterari. In alcuni romanzi, ad esempio, ci sono anche aspetti horror. In pratica, ho tentato di trasfondere nella mia scrittura tutto ciò che avevo letto e con cui mi ero formato, quindi anche della letteratura di genere”.
Quando la fantascienza incontra la paura: Dark Skies – Oscure presenze | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com – nell’ambito di Delos230 – un’interessante recensione di Giuseppe Vatinno sul film di qualche anno fa Dark Skies – Oscure presenze, che miscela le suggestioni horror con tematiche SF, tipo casa infestata ma, questa volta, dagli alieni. Un estratto:
In questo articolo ci vogliamo occupare di un ottimo film di fantascienza/horror, spesso i generi sono contaminati, che ha l’angoscia come protagonista: Dark Skies – Oscure presenze, diretto da Scott Stewart, prodotto negli Usa nel 2013 e della durata di 97’. La trama sembra quella del classico film sulle case infestate ed infatti il produttore è lo stesso di Paranormal activity e il gran numero di telecamere utilizzate sta lì a ricordarlo. Ma veniamo alla trama.
Una tipica famiglia americana è composta dai genitori Daniel (Josh Hamilton) e Lacy Barrett (Keri Russell), padre e madre di Jesse (Dakota Goyo) e Sammy (Kadan Rockett), il maggiore e il minore dei figli. Le atmosfere solari e ventose, ma di una luce troppo vivida che inquieta e turba e non promette nulla di buono, sono alternate a notti lunari, prodighe di eventi numinosi.
In questo clima si inserisce la vicenda della una crisi lavorativa di Daniel che viene licenziato e non riesce a trovare un nuovo lavoro e questo stato di ansia si propaga a tutti i membri della famiglia. Dopo questo evento nella casa in cui abitano si verificano due “poltergeist” notturni consecutivi. Nel primo viene svaligiato il frigo e si pensa ad un animale selvatico entrato in casa e non gli si dà troppa importanza, mentre nel secondo c’è del metodo: in cucina viene allestita una specie di “scultura” impilata, fatta con barattoli e utensili disposti in un equilibrio improbabile. Una composizione che inquieta molto Lacy e di cui sono sospettati i figli.
Il più piccolo, Sammy, pare al centro delle azioni di infestazione. Riferisce infatti di ricevere di notte le visite di un “omino del sonno” che gli parla. La madre è spaventata e pensa che il figlio stia male e per questo si attivano anche controlli medici.Il film è molto ben congeniato nella trama con il soggetto e le sceneggiatura firmata sempre dal regista. Inizialmente lo spettatore è portato a credere che si tratti di un classico film horror con una dinamica prevedibile e cioè un caso di infestazione spiritica di una vecchia abitazione americana, un genere ben noto e collaudato. Ma con lo scorrere del tempo e dell’avanzare della trama ci si rende conto, si è quasi trascinati per mano a farlo, che il film tratta d’altro e cioè di alieni, extraterrestri della specie più conosciuta e cioè i famosi “grigi”.
Lo spettatore è condotto per gradi a rendersene conto. In una avvincente epifania. I “poltergeist” non sono veri fenomeni spiritici quanto invece manifestazioni aliene (i protagonisti notano delle cicatrici dietro le orecchie che nascondono dei chips) che sembrano vertere intorno al piccolo Sammy. Ma in realtà quasi tutti i membri della famiglia cadono in una sorta di trance che procura loro anche guai fisici, come lividi, che insospettiscono le autorità. Daniel sistema diverse telecamere di videosorveglianza che alla fine riescono a catturare in un fotogramma una “presenza”. Si tratta di un alieno grigio.
La svolta della storia si avrà solo quando la moglie Lacy incontrerà in una chat un esperto di abduction che spiegherà a loro (e a noi) che sono vittime di un tentativo di rapimento da parte dei grigi. Daniel si procura allora un fucile a pompa e si barrica in casa, ma appena giunta la notte la famiglia viene aggredita dagli alieni che risultano appunto “grigi” di aspetto molto alto rispetto alla norma, che alla fine di sequenze di vera paura rapiscono il figlio maggiore, Jesse. Si scopre così che Jesse è stato attenzionato da piccolo dagli extraterrestri, lo scopre la madre tramite dei disegni che ha fatto nell’infanzia e che lo ritraggono insieme a tre alieni e che solo adesso riesce a vedere. Durante le drammatiche scene finali Jesse viene rapito.
Mezzo secolo di Pink Floyd a Pompei
Dal 4 al 7 ottobre 1971 i Pink Floyd erano a Pompei, impegnati nelle riprese di quello che è subito diventato il magnifico cult di Adrian Maben: Pink Floyd a Pompei. Da allora sono passati esattamente cinquant’anni, e il mio ricordo si posa sui miei primissimi giorni di scuola – allora si cominciava il primo ottobre – e non posso non fare paralleli su dove fossi allora (qui un mio racconto che narra di quei giorni) e cosa succedeva a duecento chilometri di distanza, cosa si creava in quella fantastica ed evocativa cavea. È la festa dell’anniversario che mi prende adesso e allora mi sa che è proprio vero, sto invecchiando, ma sono in superba compagnia e ciò mi rende felice e affilato.
Recensione a Fantatrieste @ Delos224 | KippleBlog
[Letto su KippleBlog]
Su Delos224 Carmine Treanni recensisce Fantatrieste, l’antologia triestina curata da Roberto Furlani ed edita da Kipple Officina Libraria. L’intera valutazione è leggibile qui; un estratto:
Nel complesso ne viene fuori una bella antologia, con tematiche e stili diversi, composta da autori di diverse generazioni, ma tutte accomunate dall’amore verso Trieste, una città che come dimostrano i racconti è decisamente un ottimo e credibile scenario per una storia di fantascienza.
LA QUARTA Dieci storie di fantascienza triestina, dieci essenze di una città, Trieste, che respira il futuro e il limite come forse nessun altro luogo in Italia, in quanto essa stessa città di confine per eccellenza.
GLI AUTORI Un manipolo di autori triestini, di nascita o di adozione, impreziosisce questa raccolta a tema. In ordine di pubblicazione troviamo: Fabio Aloisio, Simonetta Olivo, Lorenzo Davia, Giuseppe O. Longo, Roberto Furlani, Alex Tonelli, Fabio Calabrese, Caleb Battiago, Gianfranco Sherwood e Luigi R. Berto. La curatela è di Roberto Furlani mentre la copertina è di Ksenja Laginja su fotografie di Simonetta Olivo. Il logo interno è di Elisa Furlani.
LA COLLANA Avatar è la collana di Kipple Officina Libraria dedicata ai romanzi e grandi capolavori prettamente italiani del Fantastico e della SF, opere contraddistinte dalla cura meticolosa dei testi e dalle ampie visioni autoriali. Il logo della collana sintetizza perfettamente il circolo del tempo, delle conoscenze, degli eventi nascosti; l’iperbole del Fantastico per spiccare il volo nella fantasia più sfrenata e meravigliosa.
Aa.vv. | FantaTrieste A cura di Roberto Furlani Copertina di Ksenja Laginja Fotografie di Simonetta Olivo Logo FantaTrieste Elisa Furlani
Kipple Officina Libraria Collana eAvatar — Formato ePub e Mobi — Pag. 152 – € 3.95 — ISBN 978-88-32179-35-4 Collana Avatar — Formato cartaceo — Pag. 151 – € 15 — ISBN 978-88-32179-34-7
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Delos Veronesi: “La distopia è un monito per i lettori”
Su Delos224 un’intervista di Carmine Treanni a Delos Veronesi che vuole prendere le misure alla contrapposizione attuale che nel mondo della SF vede contrapposte la distopia e il solarpunk.
Al di là di ogni considerazione mi sembra che il punto nodale della questione sia questo qui:
Secondo te il solarpunk è il contrario della distopia? Che rapporto c’è tra i due filoni della fantascienza?
Il solarpunk è il capitolo due della distopia, parte da ciò che un distopico può aver narrato e tenta di creare qualcosa di buono con quello che resta.Il processo creativo e le basi di partenza sono comuni, entrambi i generi si interrogano sul futuro partendo da quello che non funziona nel presente. La differenza principale è il messaggio di fondo con cui vengono sviluppati. La distopia è un monito, il solarpunk una speranza.
Appunto: la speranza è una trappola inventata dai padroni, come sottolineava Mario Monicelli, e questa la frase tombale a tutta la contrapposizione e alla validità di un sottogenere.
Sulle sponde di Eridanus | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com, nell’ambito di Delos 223, un racconto di Fabio Aloisio fa bello sfoggio all’interno della ezine. L’incipit di qualcosa che a me piace molto, lascio a voi ovviamente il seguito della lettura.
Erik Orredo spense la torcia al plasma.
La scia di scintille si spense con un crepitio trasmesso attraverso la struttura dell’esoscheletro.
– Ripeti quello che hai detto, Maik. – Era sbronzo sfatto e saldare assorbiva quel poco di concentrazione che gli rimaneva.
– Un Eyron è scappato da un recinto di accrescimento. Il suo codice di riconoscimento è BR 15-12 – sospirò l’altro. – Abbiamo mandato Orselho sulle sue tracce…
– Perché cazzo lo hai chiamato prima di me? Sei un bastardo – lo interruppe Orredo con un ruggito. Il furore gli fece salire un conato di vomito che trattenne a malapena.
– Stai calmo, Erik, vuoi una terza ulcera? Ti farà piacere sapere che Orselho non se l’è cavata bene: l’ultima comunicazione che abbiamo ricevuto era un messaggio automatico di SOS per il recupero del guscio vitale.
– Gli hai reso un gran favore, allora – ridacchiò Orredo, sollevato. – Come ha fatto l’Eyron a scappare? I recinti dovrebbero far schizzare indietro una microcalamita, figuriamoci uno di quei mostri.
– Ci deve essere stato un guasto. Stiamo indagando. Ora ti passo il profilo magnetico di BR15-12 e le ultime coordinate di Orselho. Ti ho fornito le credenziali per collegarti al satellite della compagnia.
Erik studiò i dati e poi consultò il sistema di rilevamento orbitale. – Si devono essere scontrati all’ansa quattro del canale di Limmis. Ci sono delle perturbazioni nel campo magnetico verso valle e corrispondono al profilo. L’Eyron si sta dirigendo alla fossa di Lovelis.
– Se entra in quel buco, lo perdiamo. – Il tono di Maik era preoccupato.
– Parlami dell’Eyron.
– Cento tonnellate di acciaio incazzato con doppio nucleo di Lorentz.
– Ok. – Orredo sentì la gola seccarsi. Grande preda, grande rischio e grande ricompensa. – È un bel vitellino.
– È per questo che ti abbiamo chiamato. Torna col cucciolo o almeno con i suoi nuclei.
– Non prendermi per il culo – lo rimproverò Erik. – Non ho ancora accettato. Sai che potrei semplicemente andare a recuperare i rottami di Orselho. E’ da molto che gli invidio quella torcia al plasma nuova di zecca.
– Erik, non sei né un saldatore né uno di quei cazzo di spazzini. Ti eccita da morire andare a caccia. Torna con l’Eyron… – La comunicazione si interruppe. L’esoscheletro vibrò, investito da una forte raffica di vento carico di grafite. Orredo armeggiò sui comandi per riallacciare il contatto radio.
– Ripeti Maik, ripeti!
– Ti paghiamo metà del suo peso in quarzo.
– E?
– E sei un cazzo di ingordo.
– Il tempo passa e la fossa si avvicina.
– Due mesi di paga extra e tutti i rottami di Orselho.
– Hai fatto un affare con un professionista Maik, prepara la grana – gli raccomandò prima di spegnere la comunicazione.
Erik fischiò di soddisfazione. Da quando la compagnia aveva cominciato ad allevare gli Eyron invece che catturarli allo stato brado, era stato costretto a lavori occasionali. Dopo mesi passati a saldare e tagliare con una paga da fame, era il momento di tornare in carreggiata.
Pensiero stocastico, 51 leggendari articoli da Delos Science Fiction | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com la segnalazione di Pensiero stocastico, una raccolta di articoli – 51, ovvero tutti – scritti da Roberto Quaglia su Delos, nel corso degli anni. Una vera chicca da leccarsi i baffi, per chi conosce l’autore, e se non lo conoscete non perdete tempo 😉
Il contenuto di questo libro è vera e propria ricerca: ricerca dell’uscita, l’uscita dal luogo comune, dal modo normale di vedere le cose, l’uscita dai preconcetti, dai modelli di ragionamento imposti dalla cultura o dai media. Un flusso libero di pensieri che seguono le linee della speculazione più tipica della migliore fantascienza, conditi col gusto per il bizzarro e il curioso. Alcuni passi possono far rabbrividire o scandalizzare. Nulla di strano; il gioco è quello di uscire dagli schemi, di cercare di porsi da punti di vista diversi, da prospettive nuove, quasi aliene. E guardare cosa ne viene fuori. E spesso, attraverso divagazioni e ragionamenti strani e a volte apparentemente inconcludenti, salta fuori la gemma, l’idea illuminante, quella trovata che ti fa rileggere la frase per capirla meglio, sollevare gli occhi dal libro e dire: «wow!». Questo libro raccoglie cinquantuno articoli pubblicati tra il 1995 e il 2004 sulla rivista Delos Science Fiction nella rubrica Pensiero Stocastico. Leggerlo può essere un’ottima occasione per cambiare la propria visione del mondo.
Robert Sheckley diceva che per troppo tempo Roberto Quaglia non è stato famoso. Non è ancora troppo tardi per cambiare questo stato di cose.
Con una prefazione di Silvio Sosio.