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La recensione di “L’accordo umano” di Algernon Blackwood | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni a”L’accordo umano”, romanzo – eh sì, romanzo – di Algernon Blackwood che non era mai stato tradotto in lingua italica. Un lavorone a cura di Claudio Foti. Vi lascio alle impressioni dell’attivissimo Cesare.
In particolare L’accordo umano è un romanzo che, a differenza di molti dei suoi racconti, risulta oggi troppo datato. Foti ha cercato di rendere la traduzione più attuale per rendere il romanzo più fruibile inoltre ha scelto di eliminare i termini esoterici da lui ritenuti troppo oscuri e poco comprensibili. Per farsi quindi un’idea complessiva di questo libro bisognerebbe leggerlo in originale.
Blackwood, come molti altri scrittori dell’epoca fra cui ricordiamo Arthur Machen, fu membro della Golden Dawn e si interessò allo studio delle facoltà e dei poteri nascosti nell’essere umano. Questo romanzo strizza chiaramente l’occhio alle teorie insegnate nella stessa Golden Dawn. Traspare infatti dalla sua lettura la concezione cabalistica secondo cui “conoscere il vero nome di qualcosa significa possederlo”.
All’epoca della sua pubblicazione (il 18 ottobre 1910) L’accordo umano fu ben accolto da critica e pubblico, ma oggi, come dicevo, appare per certi versi disperatamente invecchiato.La trama racconta di un giovane londinese, Robert Spinrobin, che risponde all’annuncio del pastore Philip Skale alla ricerca di un segretario dotato di coraggio e immaginazione, di una voce da tenore e di una minima conoscenza dell’ebraico. Il giovane lascia così Londra per raggiungere la magione del pastore, nella nebbiosa campagna gallese, presso le Pontwaun Mountains. Lo scopo di Skale è quello di riuscire a raggiungere, attraverso l’intonazione del vero nome di una persona, il risveglio dell’essenza spirituale della stessa.
Claudio Chiaverotti e la vendetta di Anubi | ThrillerMagazine
Su ThrillerMagazine la segnalazione di La vendetta di Anubi, romanzo giallo scritto da Claudio Chiaverotti ed edito da Cut Up Publishing.
Un ricercatore del museo egizio di Torino viene ucciso a coltellate. L’uomo stava traducendo un papiro antico, la cronaca di una serie di feroci delitti commessi nel 1500 avanti Cristo a Tebe da qualcuno che indossava una maschera di Anubi, il dio dell’oltretomba, protettore delle necropoli e dell’imbalsamazione. E secondo il ricercatore quel papiro conteneva gli indizi per scoprire l’identità dell’assassino.
L’ispettore che si occupa del caso, Giulio Arcandi, è un tipo scanzonato e ironico, ex ottantottino (era troppo giovane per il ’68, e ha quindi contestato nel decennio successivo), uno scettico militante che si scontra suo malgrado con l’ignoto.Un thriller su cui aleggia il velo del soprannaturale sullo sfondo di una Torino invernale e notturna, con le sue brezze gelide come gli aliti di antiche divinità non-morte e con le sue ombre che sembrano assumere a ogni angolo forme spaventose e vendicative.
Halloween 2022: “La notte di Valpurga” di Gustav Meyrink | HorrorMagazine
Approfittando dell’evento incipiente di Halloween alla notte di Valpurga, che cade il 30 aprile, Su HorrorMagazine c’è la recensione proprio a “La notte di Valpurga”, di Gustav Meyrink. Un assaggio:
Molte sono le chiavi di lettura, alcune prettamente politiche come il racconto, in forma mitica, della decadenza di un impero asburgico che segnava inesorabilmente la fine di un ciclo. Crollano valori. Crollano certezze, crollano imperi e gli uomini si trovano divisi tra un passato rassicurante e un futuro incerto con il presenta che traballa e si rannicchia su se stesso.
E il libro intero non profuma solo di esoterismo, cosi come ha ben descritto il nostro Evola nella prefazione di quest’edizione, ma profuma anche di decadente nostalgia, di quella malinconia che si sposa con l’orrore che vede macerie sparse lungo il cammino di un umanità che apparirà sempre più privata, sensorialmente, del senso di meraviglia, di grandezza e di potenza. Gli imperi di oggi non sono certo quelli di allora. Non hanno come coronamento le mitologia che li giustificavano. Oggi è l’utilitarismo la parola chiave. E ci priva di quella Sacralità del potere che in un certo senso consolava afflitti e magari spiegava i torti. E in fondo non è solo storia.
In Meyrink essa va a braccetto con il soprannaturale, considerato parte inestricabile non solo dell’arte letteraria ma della natura stessa. Sopra la natura, infatti, esistono forze che giocano con noi come se fossimo pedine di una grande scacchiera. È un ballo sfrenato in cui noi ripetiamo giri imparati a memoria e iscritti in quel DNA che è solo una registrazione di una voce altisonante che ci comanda.
E cosi in quella notte che sembra risorgere tra le ceneri di una tradizione antica, più antica dell’uomo stesso, capace di festeggiare si la primavera ma anche ci celebrare assieme alla rinascita la morte necessaria affinché il ciclo dell’esistenza si compia, qualcosa di magico e terrificante accade sempre.Luogo terribile è la terra, un buio eterno in cui le ombra, noi stessi, cercano insistentemente una luce, una luce vera, capace di donare a tutti la somma conoscenza. Che non è tecnologia, tecnica o sapiente, è soltanto la scintilla che ci restituisce il nostro vero volto. Non quello deformato dallo specchio di una realtà maschera insondabile che nasconde il mistero. Ma non solo. Valpurga, nella tradizione purifica tutto con il fuoco, con la cenere quindi, con la distruzione.
Sfiori con i sensi
Nel retrogrado sistema di valori che utilizzi il senso del richiamo estremo è rappresentato da un totem, e come nell’onironautica potrai disporti su più piani ma obbedire soltanto a un comando, uno solo: ne sarai così estasiato nel momento in cui ne capirai il senso da sfiorare le manifestazioni esoteriche degli elementi.
Fields Of The Nephilim – Wail Of Sumer/And There Will Your Heart Be Also (Lyrics, GAPLESS, 1080p60)
Un fan video che fa venire i brividi weird sulla pelle, e dentro…
IL FILO A PIOMBO DELLE SCIENZE | THE COMPLETE ENOCHIAN DICTIONARY
Dal blog di Marco Moretti una recensione fulminante: il dizionario Enochiano. Cos’è? A cosa serve?
Sinossi: Nel 1581, il dottor John Dee, un consigliere alla corte della regina Elisabetta I, iniziò una serie di esperimenti volti a esplorare la capacità di contattare il mondo degli spiriti. Con Edward Kelley che fungeva da medium in questi esperimenti, Dee è stato in grado di registrare queste comunicazioni mentre venivano trasmesse in Enochiano, il linguaggio degli angeli. Donald Laycock ha analizzato a fondo il lavoro di Dee e Kelley. In questo volume racconta la storia dei loro esperimenti. Il resto del lavoro consiste in una guida alla pronuncia delle ventuno lettere, significative per districare sia il significato che la derivazione dei messaggi tramandati da Dee e Kelley, e un dizionario di base Enochiano-Inglese/Inglese-Enochiano. Il risultato è un’affascinante storia di mistero linguistico e magico, parte integrante di qualsiasi studio sulla tradizione enochiana. La lucida prefazione di Stephen Skinner definisce il tono e il contesto storico per i lettori di oggi.
Quello che segue è un breve estratto dalla rece di Moretti:
Non mi risulta che quest’opera meritoria e interessantissima sia mai stata tradotta in lingua italiana. Potrei anche decidere di occuparmene di persona, informandomi sulle questioni legali relative alle traduzioni e ai diritti d’autore. Nella sua prefazione, Skinner ci fa una lunga cronistoria, che fa dal Conte Dracula a Elizabeth Bathory, da Rabbi Loew col suo Golem plasmato nel Ghetto di Praga ai Rosacroce. Si accenna anche al Nuovo Mondo e alla riforma del Calendario Giuliano. Vengono citati esempi di un supposto “Enochiano primitivo”, in contrasto a quello pienamente compiuto. Dee è considerato uno studioso che perpetuò la tradizione di Ermete Trismegisto e che tentò di cristianizzare la Cabala. Poco di tutto ciò è a mio avviso degno di essere considerato un gioiello. Sono molto più interessato agli aspetti meramente linguistici, come fonologia, vocabolario, grammatica e semantica, piuttosto che a quelli cabalistici. Trovo oziosi i giochetti criptici e numerici, che non hanno molta attinenza con l’oggetto della mia passione.
La natura della lingua Enochiana: Cos’è ora della fine l’Enochiano? La domanda di Laycock e dei suoi collaboratori è anche la mia. La si può riassumere in questo estratto del paragrafo “Angelic language or mortal folly?”:
“Le lingue vanno e vengono. Qualcosa come settemila lingue naturali sono attestate, in una forma o in un’altra, fin dall’inizio della storia registrata; almeno un migliaio di altre lingue sono state inventate dagli esseri umani, per scopi che vanno dalla magia alla comunicazione extraterrestre. Ma nessuna lingua ha una storia più strana di quella della lingua Enochiana documentata in questo dizionario. Forse la cosa più strana di tutte è che noi ancora non sappiamo se è una lingua naturale o se è una lingua inventata – oppure se è, forse, la lingua degli Angeli, come i suoi originatori credettero. In questa introduzione, i dati sono presentati perché il lettore prenda una decisione.”
Nel corso di anni di studio, mi sono convinto che l’Enochiano sia una lingua naturale, anche se con ogni probabilità non appartenente a questo piano di realtà, al pari delle lingue che hanno generato i nomi riportati negli scritti degli antichi Gnostici e le iscrizioni nella misteriosa lingua Sethiana, su cui ho avuto occasione di pubblicare un sintetico trattatello.
Quello che a noi può apparire stravagante, abnorme e artificioso, altrove deve essere quotidiano e del tutto naturale. Anzi, deve essere il modo più ovvio e lineare con cui gli intelletti vedono l’Universo. Già avanzavo simili argomentazioni in un mio contributo di qualche anno fa, intitolato Perché la lingua Enochiana è nostratica?
√ Dalila Ascoli – IL DIVINO ALCHIMISTA – la recensione di Rockol.it
Di David Bowie si è parlato – e molto si parlerà nel futuro – soprattutto dal punto di vista musicale, ma c’è pure chi ha analizzato la sua opera dal punto vista intellettuale, esoterico per la precisione; parliamo di Dalila Ascoli, che ha scritto Il divino alchimista, analisi puntuale e ben argomentato delle idee molto particolari di Bowie, che possiamo riassumere in minima parte con il contributo dell’articolo di rockol preso in esame:
Il libro tiene fede alla promessa del titolo: David Bowie è presentato come un moderno profeta e mago, tra Cristo (“un Cristo gnostico che raggiunge un alto livello di illuminazione per diffondere un messaggio criptico all’umanità”), Cagliostro e Tesla, del quale diede del resto un’eccellente interpretazione.
Tra le sue tante inclinazioni, la spiritualità e l’immagine vengono privilegiate rispetto a musica e letteratura. È un punto di vista legittimo, che magari non si confà a chi si chiede come e perché Bowie abbia composto “Life on Mars?” o “This Is Not America”, ma dà moltissime utili chiavi a chi vuole addentrarsi nelle zone più enigmatiche dell’artista che nacque Jones e morì Bowie. Le parole “riff” o “blues” sono pressoché assenti dal libro, mentre le parole “archetipi” e “mitologemi” saltano fuori di continuo. Come molti dei saggi citati ne “Il Divino Alchimista”, il discorso è sempre su un livello molto elevato. Questo perché, tanto per fare un esempio, “Bowie condivide con i termini éidõlon, icona e star, la loro fondamentale natura di artifex. Con l’elogio dell’artificio e la creazione dei suoi innumerevoli alter ego, Bowie in qualità di artifex risveglia la potenza seduttrice e carismatica dei suoi personaggi”.Libera dagli schemi tipici dei biografi musicali, Dalila Ascoli non perde tempo a confrontare hit e flop, e men che meno a discutere di chitarristi, in un universo in cui i preraffaeliti sono più rilevanti dei produttori discografici (…ammetterete che un universo così si presenta bene). Di “Young Americans” e di “Heroes” e “Let’s Dance” quasi non si parla, perché l’invito è a considerare soprattutto certi alter ego e certi dischi. Soprattutto “Station To Station”, “1. Outside” e “Blackstar”, album davanti ai cui testi enigmatici molti di noi abbozzano come davanti a un’equazione astrusa sulla lavagna – eppure sono parte fondamentale del percorso di Bowie. Perché il piacere di ascoltare le hit di Bowie, da “Rebel Rebel” a “Fame” a “China Girl”, ha a che fare anche col sapere che, altrove, l’affabile intrattenitore da talk show poteva anche essere oscuro come James Joyce. Così, il libro vuole presentare “La carriera di Bowie come allegoria spirituale profondamente simbolica, una moderna storia d’iniziazione, un processo interiore-alchemico che deve avvenire dentro di noi in modo da essere degni di ricevere l’illuminazione. (…) Nel salutare il mondo corporeo, Bowie ha voluto realizzare un portale magico per altre dimensioni”.
La nostra recensione di “Il giardino del n.19” di Edgar Jepson | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione a Il Giardino del n. 19 di Edgar Jepson, edito da Dagon Press. Si tratta di un romanzo amato da Crowley e che ha risvolti weird intensi; vi lascio a un estratto della rece di Cesare Buttaboni.
Il libro fu pubblicato nel 1910 in omaggio ad Arthur Machen, molto amico dello scrittore, quasi fosse una sorta di risposta a Il grande dio Pan. Ora Dagon Press lo rende finalmente disponibile in italiano nella collana I Magri Notturni.
A leggerlo oggi, Il giardino del n. 19 mantiene il suo fascino oscuro e sulfureo e, secondo l’esperto di narrativa soprannaturale John Pelan, con quest’opera Jepson raggiunge la stessa potenza espressiva di Machen e Blackwood. E, anche se Jepson non possiede né lo stile letterario del primo né la capacità di creare una genuina atmosfera soprannaturale del secondo, bisogna ammettere che l’affermazione di Pelan non è lontana dal vero. A tratti, nel romanzo si respira la stessa tensione del citato Il grande dio Pan.
Il protagonista John Plowden, un giovane avvocato, acquista un’abitazione al numero 20 di Walden Road, in una zona periferica di Londra. Qui, crede, potrà finalmente vivere in pace. Ma la sua tranquillità viene messa a dura prova da rumori spaventosi provenienti dal vicino giardino del numero 19. Ha inizio così una serie di avvenimenti inquietanti che lo portano a fare la conoscenza del signor Woodfell e di sua figlia Pamela. Su tutto, aleggia una terrificante statua di Pan.