Questa sera alle 19.00, grazie agli amici dell’associazione ludica e culturale “La Dimora”, sarò ospite di una chiacchierata – qui l’evento su FaceBook – in cui si parlerà di indeterminazioni quantiche annegate in flussi psichici di olografie imperiali. Tenetevi forte 🙂 Ci vediamo lì?
Questo è il reading del Manifesto del Connettivismo – mia performance presa dalla pagina FB del collettivo. Nella lettura sono stato coadiuvato dall’assistenza creativa di Ksenja Laginja, Mariano Equizzi e Paolo Bigazzi Alderigi, e ho idealmente accanto a me ogni connettivista tra cui gli altri autori del Manifesto: Giovanni De Matteo e Marco Milani, presenti insieme al sincronico Lukha B. Kremo.
Su CarmillaOnLine un articolo di Gioacchino Toni che recensisce in modo ragionato Le piattaforme mondo. L’egemonia dei nuovi signori dei media, di Luca Balestrieri. Un estratto per capire ci cosa si parla:
Attorno alla metà degli anni Dieci del nuovo millennio è emersa con forza l’importanza che nell’odierna economia globale sta assumendo il cosiddetto Platform Capitalism – analizzato pionieristicamente da studiosi come Nick Srnicek1 –, cioè quella particolare forma di business ruotante attorno al modello delle piattaforme web rivelatosi il paradigma organizzativo emergente dell’industria e del mercato grazie alla sua abilità nello sfruttare pienamente le potenzialità della cosiddetta quarta rivoluzione industriale.
In generale, quando si parala di “piattaforma” si fa riferimento a «uno spazio per transizioni o interazioni digitali che crea valore attraverso l’effetto network, il quale si manifesta tramite la produzione di esternalità positive» (p. 14). Visto che la creazione di valore deriva soprattutto dalla conoscenza dei clienti e del mercato, diventa fondamentale la capacità di estrazione e di interpretazione dei dati comportamentali dei consumatori. Essendo la piattaforma a organizzare i flussi di informazione all’interno del network, la sua forza risiede proprio in questa sua capacità di connettere e ottimizzare gli scambi di informazioni tra gli elementi che coinvolge che prima erano invece disseminati lungo una filiera lineare. Si tratta pertanto di una forma organizzativa meglio capace di sfruttare le potenzialità offerte dall’intrecciarsi di intelligenza artificiale, cloud computing e connessioni ultraveloci e che, strada facendo, ha dato luogo a quelle che l’autore definisce come vere e proprie “piattaforme-mondo”:
“ecosistemi che organizzano in rete produzione e consumi, sviluppano e gestiscono la tecnologia con cui governano i mercati e tendono a espandersi attraverso il controllo dei dati. La piattaforma diventa mondo, tende a dilatare sena limiti i suoi servizi e le opportunità che offre. È la versione dell’one stop shop sviluppata, con il massimo di rigore e coerenza, per le prime dalle grandi piattaforme cinesi. Una sorta di paese dei balocchi nel quale il consumatore, idealmente, non deve cercare altrove per soddisfare digitalmente ogni suo bisogno (p. 19)”.
Si sta parlando di colossi statunitensi come Alphabet (gruppo Google), Amazon, Facebook, Apple e Microsoft e cinesi come Baidu, Alibaba e Tencent. A un livello inferiore in questa gerarchia di potenza si collocano invece piattaforme come Netflix e Spotify in quanto impegnate in un segmento di mercato limitato, audiovisivo la prima e musicale la seconda. Per dare un’idea della potenza di fuoco di cui dispongono tali colossi si pensi che nel 2021 tra le dieci imprese a maggior capitalizzazione mondiale figuravano ben sette piattaforme-mondo.
Per comprendere come le piattaforme si siano evolute da semplici sistemi informatici nell’infrastruttura chiave dell’economia globale in grado di erodere le sovranità nazionali, sfruttando la capacità di ottenere ed elaborare dati, lo studioso ritiene sia necessario partire dalle “guerre dello streaming” per il controllo dell’industria audiovisiva statunitense che si sono scatenate negli anni Dieci del nuovo millennio. A una prima fase in cui le piattaforme S-VOD (sevizi video-on-demand richiedenti un abbonamento per una visione senza limiti dei contenuti) sferrano il loro attacco alla televisione multicanale uscendone vincitrici, succede una seconda fase in cui queste piattaforme si scontrano tra di loro per il dominio del mercato in una competizione giocata sul volume di dati raccolti e sull’ampiezza dei servizi che tali dati permettono di proporre in maniera profilata ai consumatori.
Per oltre un trentennio, a partire dagli anni Novanta del Novecento, il sistema della tv via cavo statunitense ha regnato sul sistema mondiale dei media grazie soprattutto alla sua indubbia capacità creativa (che ha portato a fare della serialità la narrazione privilegiata della contemporaneità e del suo immaginario) e all’aver messo in piedi un efficace sistema produttivo e di aggregazione di media company capace di integrare il comparto hollywoodiano tanto a livello creativo che organizzativo. Ne corso degli anni Dieci le piattaforme streaming hanno dunque saputo assimilare e prendere il controllo tanto della creatività seriale che della base produttiva sviluppata nel frattempo dal sistema della tv via cavo. A risultare vincente, scrive Balestrieri, non è dunque il prodotto in sé (la serialità), che le piattaforme hanno trovato già strutturato dalle cable tv, ma il rapporto con il consumatore, che nello specifico significa la fruizione on demand e la valorizzazione della libertà di scelta. Quando compare Netflix, ad esempio, la cosiddetta complex tv2– la tv della complessità narrativa – era già un dato di fatto così come, almeno parzialmente, le sue innovative modalità produttive. Si potrebbe dire che Netflix arriva quando HBO ha già cambiato la serialità.
La tecnologia non è il Male, ma può diventarlo per il modo in cui viene utilizzata. Su CarmillaOnLine.
«Dal momento in cui i bambini vengono concepiti, le loro informazioni mediche sono spesso condivise su app di gravidanza o sui social media, e dopo essere venuti al mondo tutti i loro dati sanitari e educativi vengono digitalizzati, archiviati e molto spesso gestiti da società private. A man mano che crescono, ogni istante della loro vita quotidiana viene monitorato e trasformato in un dato digitale […] I dati dei nostri bambini vengono aggregati, scambiati, venduti e trasformati in profili digitali, e verranno sempre più utilizzati per giudicarli e per decidere aspetti fondamentali della loro vita» (p. 10).
Così scrive Veronica Barassi nell’ambito di una sua ricerca, pubblicata originariamente da MIT Press in lingua inglese, volta ad approfondire come la trasformazione digitale in atto, grazie anche all’apporto degli sviluppi dell’intelligenza artificiale, stia conducendo alla datificazione di ogni traccia lasciata dall’individuo sin da prima della sua nascita. Per comprendere meglio la portata di tale trasformazione secondo la studiosa conviene concentrarsi sulla prima generazione che ha subito il processo di datificazione digitale sin da prima di venire al mondo. Tale ricerca è stata tradotta e pubblicata in italiano nel volume da poco disponibile in libreria: Veronica Barassi, I figli dell’algoritmo. Sorvegliati, tracciati, profilati dalla nascita (Luiss University Press, 2021).
“Nell’era del capitalismo della sorveglianza non c’è più confine tra i dati del consumatore, raccolti per proporre pubblicità personalizzate, e i dati del cittadino, raccolti per decidere se possiamo avere accesso o meno a determinati diritti […] Il Capitalismo della sorveglianza ci sta trasformando tutti in cittadini datificati e se davvero vogliamo capire questa trasformazione dobbiamo concentrarci sui bambini nati nell’ultima decade: la prima generazione datificata fin da prima della nascita (p. 19)”.
È pertanto sui nativi datificati che si concentra la ricerca di Veronica Barassi. Sui bambini datificati cioè sin da prima di nascere anche a causa della condotta dei genitori che condividono sui social informazioni circa il futuro nascituro, dai resoconti sull’attesa alle loro ecografie, proseguendo poi, una volta venuti al mondo, con la diffusione di immagini e racconti dettagliati dei loro istanti di vita quotidiana a cui si aggiungono i dati raccolti dalle tante app utilizzate dai genitori per monitorare la salute e la crescita dei bambini e dalle apparecchiature smart sempre più diffuse all’interno delle abitazioni [su Carmilla]. Poi il profilo dei bambini sarà aggiornato delle piattaforme educative e da tutto l’armamentario di cui dispone il capitalismo della sorveglianza. In particolare la studiosa si sofferma su quattro tipologie principali di raccolta dati relativi ai bambini: quelli raccolti dagli “assistenti virtuali” presenti nelle abitazioni in cui vivono; quelli immagazzinati dalle scuole attraverso le piattaforme educative on line; quelli relativi alla salute aggregati tanto attraverso app private quanto attraverso l’informatizzazione del sistema sanitario pubblico; quelli raccolti dai social media. Risulta pertanto palese la volontà delle Big Tech di raccogliere il maggior numero di dati personali per poterli aggregare in profili digitali riconducibili a singoli individui attraverso sistemi, anche biomedici, di identificazione e profilazione.
La recente pandemia, ricorda Barassi, ha di certo spinto sull’acceleratore del capitalismo della sorveglianza già in atto, palesando il livello di dipendenza dalle tecnologie digitali e la sempre più difficile distinguibilità tra ambiti privati e pubblici e tra tempi e spazi lavorativi e ricreativi. Se il tracciamento medico del nascituro non è una novità, scrive Barassi, esistono però almeno due grandi differenze rispetto al passato: un’inedita possibilità di concentrazione dei dati raccolti dalle famiglie (informazioni mediche, psicologiche e relative alla routine quotidiana, agli stili di vita e di consumo ecc.) e un’altrettanto inedita diffusione di tali dati attraverso condivisioni su app e social con ciò che ne consegue in termini di profilazione aziendale. Non a caso, come ha esplicitato l’ONG Electronic Frontier Foundation nel report di Quintin Cooper, The Pregnancy Panopticon (2017), Facebook e Google stanno investendo sulla compravendita dei dati raccolti delle app che accompagnano la gravidanza.
Oggi 19 luglio, alle 19.00, sarò presente come relatore alla presentazione di Internet. Cronache della fine, di Giovanni Agnoloni (qui l’evento FB aperto a tutti, qui la diretta su Anticorpi letterari).
La prima presentazione in Rete sulla fine della Rete. Si parlerà di “Internet. Cronache della fine”, la raccolta completa dei quattro libri della saga distopica di Giovanni Agnoloni appena uscita per Galaad Edizioni in volume unico aggiornato, con la prefazione della critica letteraria e autrice Sonia Caporossi. Parteciperanno all’evento lei stessa e gli scrittori Carlo Cuppini e Sandro Battisti, co-fondatore del movimento connettivista.
Segnalo il festival VegvisiR di Dark Ambient che si svolgerà sabato 10 luglio a Modena – qui l’evento FB – dove si esibiranno per molte ore artisti legati al genere musicale etereo e oscuro. Questo è l’abstract della manifestazione, chi può vada:
La caduta determinata dalla vertigine chiamata progresso ci impone, oggi, un necessario risveglio. Oggi difatti noi soli rappresentiamo una sfida aperta alla civiltà moderna, simbolo del totale oblio dello spirito. Ciò che solamente conta è che ci troviamo in mezzo ad un mondo in rovina, e a domandarci sempre più dolorosamente: esistono ancora uomini tra queste rovine?
– – – VEGVISIR : DARK AMBIENT FESTIVAL
9 live acts + fire rituals + after party
+ urbex art expo + pagan market
– BORMANVS
– MILANO SATANICA
– STEFANO ROSSELLO
– AKTARUS AKSAM
– ÆTERNUS
– NOORGLO
– EPHESIAN ZAP
– MEDICAMENTOSA
– MYSTICETI
+ dj tbc dj set
// SPAZI APERTI PER BANCARELLE
info : 349.1281461 //
Ingresso gratuito con tessera Ancescao
10 Euro inclusa prima consumazione
@ Kinder Garden Modena – Ingresso Lato Novisad
– – –
La devastazione che abbiamo d’intorno è soprattutto di carattere morale in un clima generalizzato di anestesia e disorientamento. È quindi questo il nostro compito: rialzarci e risorgere interiormente, darsi una forma, creare in noi stessi l’ordine.
Su RollingStone il fatto nudo e crudo, bellissimo e che incontra il mio totale appoggio: Roger Waters, senza mezzi termini, ha mandato a cagare Mark Zuckerberg – il patron di Facebook – che gli aveva fatto una proposta commerciale irrinunciabile. A cui invece Waters ha rinunciato sonoramente.
Durante un evento pro-Assange, Roger Waters ha raccontato alla stampa di essere stato contattato da Facebook con la richiesta di usare il classico dei Pink Floyd Another Brick in the Wall Part 2per una futura pubblicità per Instagram.
La richiesta, ha detto Waters, «è arrivata stamattina, abbinata all’offerta di una vagonata di denaro. La risposta è: andate affanculo, non se ne parla proprio. Lo racconto perché penso sia pericoloso che questi prendano il controllo di praticamente ogni cosa. Non sarò parte di queste stronzate, Zuckerberg».
Waters ha letto una lettera che dice provenire da Facebook: «Vi ringraziamo per aver preso in considerazione il progetto. Pensiamo che il messaggio centrale di questa canzone sia ancora rilevante e necessario, un segno del fatto che si tratta di un’opera senza tempo». La replica di Waters: «Eppure vogliono usarla per rendere Facebook e Instagram ancora più potenti di quanto non siano già in modo che possano continuare a censurare tutti noi in questa stanza e impedire che il grande pubblico venga a conoscenza di questa storia su Julian Assange e possa dire: “Cosa? No, mai più”».
Waters ha concluso citando FaceMash, il sito pre-Facebook creato da Zuckerberg ad Harvard nel 2003 per dare voti all’aspetto delle ragazze del campus, una storia narrata nel film del 2010 The Social Network. «Perché mai abbiamo dato tanto potere a questo cazzone che ha iniziato con “È carina, le diamo quattro su cinque”?», chiede Waters. «Eppure eccolo qui, uno degli idioti più potenti al mondo».
E per l’occasione pubblico anche il video di una song di Waters che non conoscevo: Hello I Love You.
Il 13 gennaio del 27 a.C. davanti a un corpo senatorio rimaneggiato, Ottaviano, nell’atto in cui era eletto console per la settima volta, fece il “gran rifiuto”: Seduto nella sedia curule e il volto ancora pallido per la recente malattia, rimise nelle mani del popolo tutte le prerogative eccezionali che gli erano state conferite. Aveva bruciato metà dei suoi 36 anni in una vita di lotte e la sua salute ne risentiva spesso, cagionevole qual era. Non improvvisava mai e lesse il discorso che si era scritto: “…riprendetevi la libertà e la forma popolare dello Stato, riprendetevi l’esercito e le genti a voi soggette, e governateli secondo il costume antico…” Un brivido di sgomento percorse l’aula del senato: i presenti, spiazzati, immaginarono il futuro in preda a un caos amministrativo e militare ma la maggioranza, che aveva salutato di buon grado l’abdicazione, gli restituì i poteri ai quali aveva rinunciato. Non solo, in una nuova seduta e in virtù di una recente legge, l’eminenza grigia del principato, Mecenate, gli attribuì il nome onorifico di “Augustus”: “per grazia di Dio”, un favorito del Cielo, un uomo più che umano. La sua abdicazione fu solo formale e il sogno di Cicerone divenne realtà: la conservazione della massima magistratura repubblicana. Augusto capì, lungi dal suo predecessore, che la rivoluzione doveva passare attraverso la conservazione di pensieri nativi. Fu superiore a tutti per autorità ma non ebbe maggior poteri di quelli affidati ai colleghi magistrati. Un’autentica mossa diplomatica: secondo la teoria repubblicana, il popolo emanava ordini che il senato convertiva in delibere ufficiali ma le assemblee popolari, secondo il nuovo disegno, furono svuotate di funzioni giudiziarie, non avendo più potere di far la guerra o proclamare la pace ma solo il diritto di elezione alle magistrature. Ciò che le assemblee perdettero lo guadagnò il senato (potere legislativo ed esecutivo) ma il princeps poteva piegarlo ai suoi voleri in virtù della sua “auctorictas” e non di un privilegio giuridico. Testimonianza di tale preferenza per il senato fu la creazione di un “Gabinetto” che fosse chiamato ad assisterlo anche su questioni di sua esclusiva competenza. Questo fu poi ampliato con un console, un pretore, un edile, un tribuno, un questore e 15 senatori estratti a sorte. Accentrò nelle sue mani l’intera forza militare senza alcuna tirannide ma come servitore della Repubblica e allo scopo di prevenire le interferenze nell’autorità dello Stato; non considerò l’esercito un elemento fondamentale dell’impero e se anche in materia non fosse talentuoso come Giulio Cesare, c’era un valido comandante deputato a tal fine: Agrippa. Nell’autunno del 27 Augusto partì per le Gallie portando con sé il figliastro Tiberio, figlio di primo letto di Livia, e il figlio di primo letto di sua sorella Ottavia, Marcello, per riorganizzare e sviluppare l’edilizia e il sistema finanziario. La Narbonese era in cima ai suoi pensieri. Nel 26, però, cambiò programma spostandosi in Spagna, la fonte mineraria dell’impero: soggiogò le rivolte dei Asturi e dei Cantabri con due armate ma riparò a Tarraco per la salute malferma e lasciando le truppe ai luogotenenti. Soggiogò i Salassi allo stesso tempo, per difendere i confini e controllare la produzione aurifera delle vallate. Solo la campagna in Egitto andò a mal fine: una lunga marcia di sei mesi per andare incontro alla mancanza d’acqua e a un presto rientro. Augusto fu costretto a destituire il prefetto Cornelio Gallo e a espropriare le sue proprietà, con un decreto del senato, fino a spingerlo al suicidio: con la vanità e la millanteria, Gallo aveva fatto erigere statue nel territorio egiziano raffiguranti la sua effige, solo per aver soffocato una rivolta a Tebaide. Nel 25 Augusto tornò a Roma e chiamò Messalla Corvino come prefetto dell’urbe, un’antica magistratura cui Messalla dovette rinunciare trovando l’istituto una innovazione pericolosa. Il problema che più lo tormentava, tuttavia, era come assicurare il funzionamento del principato in caso di sua fine prematura: la delicatezza del suo organismo gli faceva pensare con ansia all’avvenire. Chi era degno di succedergli? Roma trattenne il respiro ma un medico greco, Antonio Musa, con i suoi trattamenti a base di acqua fredda guarì il princeps prima di agosto da una febbre tifoidea. Aveva rinunciato al consolato e nominato Sestio Quirinale quale successore, un vecchio repubblicano che aveva combattuto a fianco di Bruto. Il destino volle che superasse le difficoltà con l’attribuzione di un “majus imperium” valido su tutte le province ma saggiamente programmato per una durata temporanea: aveva il comando supremo dell’esercito, decideva la distribuzione delle terre e interferiva nel governo delle province senatorie, controllava l’elezione dei magistrati e influiva sulle deliberazioni del senato e delle assemblee. Anche la polizia, i lavori pubblici e l’annona erano nelle sue mani. Potendo alimentare il tesoro pubblico coi propri fondi privati, era anche in grado di controllare le finanze in quanto la sua casa era il massimo organismo bancario e commerciale di Roma. Solo una concessione gli fu decretata a vita: la potestà tribunizia. Non poteva però sfuggirgli l’importante problema della successione. Augusto non poteva emanare, al riguardo, una legge valida per tutti i tempi, ma, designando un successore, creava un precedente: nominò già in vita un collega che possedesse “l’imperium proconsulare” e il potere tribunizio. Scelse Agrippa e dopo di lui il figlio adottivo Tiberio, sacrificando un successore che perpetuasse il suo stesso sangue e le tradizioni della gens Iulia. Fu uno dei pochi errori di Augusto: il sistema quasi ereditario, pur dando frutti in quanto Tiberio era l’uomo più capace dell’impero, non offriva alcuna protezione contro un pazzo come Caligola, uno zotico pedante come Claudio, un mostro come Nerone, un Domiziano o un Commodo; Augusto non aveva la stoffa del giurista o del filosofo ma un talento pratico al di fuori del comune e un gran considerazione dell’opinione pubblica; e, alle sue spalle, un consulente legale come Ateio Capitone. Il gigantesco meccanismo poggiava su due principi fondamentali: la sovranità di un popolo visto come unica fonte di potere; un potere delegato sottoforma di imperium a un magistrato, alla morte del quale esso tornava al popolo. Una magistratura perpetua e non provvisoria implicava il rischio che potesse scivolare in qualcosa simile alla monarchia e che il primo cittadino diventasse padrone e non un capo. Non “dominatio” ma “principatus” insegneranno Plinio e Dione Crisostomo a Traiano nell’arte di governo. In quattro anni il principato aveva fatto i primi passi verso quell’articolazione che doveva renderlo il più complesso e omogeneo sistema di governo che la storia conosca.
Il contest chiude nelle prossime ore, chi vuole mandare il proprio contributo si affretti!
Nel lontano 2011 ho aperto questo blog, hyperhouse.wordpress.com, un luogo in continuo divenire e regolarmente arricchito da nuovi contenuti, una sorta di diario di bordo in itinere. Nel tempo queste pagine non sono solo diventate un punto di riferimento della galassia connettiva, ma anche un terreno di confronto creativo e discussione su argomenti legati al sociale e alla parte più reale dell’esistenza umana.
Il 1° febbraio ho inoltre inaugurato lo spazio hyperhouse.bandcamp.com che vi invito a scoprire, con l’obiettivo di esplorare gli stessi territori del litblog, ma attraverso un linguaggio dove il suono è il medium.
Sono trascorsi dieci anni esatti da quel 1° maggio del 2011, data in cui pubblicai qui il primo post. Ho deciso così di festeggiare con tutti voi, amici e lettori che da allora attraversate queste pagine, il raggiungimento di questo avventuroso traguardo.
Il miglior modo per festeggiare l’avvenimento? La creazione di un particolare contest, che premierà i miei più affezionati lettori con alcuni premi librari.
COME PARTECIPARE
Qualcosa vi ha colpito del mio blog, come un argomento che vi ha attirato maggiormente o un post, o anche un TAG rimasto impresso rispetto ad altri?
PREMI IN PALIO
In questo contest si vince qualcosa 🙂
A breve uscirà un volume cartaceo, in formato oversize e da collezione, che racchiuderà i miei ultimi tre romanzi scritti dopo la vittoria del Premio Urania (L’impero restaurato, 2014), due dei quali inediti.
Selezionerò cinque lettori tra coloro che segnaleranno i contenuti del mio blog, a loro modo più interessanti e coinvolgenti, con uno sconto speciale del gigante autografato e numerato. Ma non finisce qui: in palio ci saranno altri omaggi, tra cui alcune pubblicazioni poco diffuse o edizioni di titoli ormai fuori catalogo per veri collezionisti – questo è l’evento FB: https://fb.me/e/12N9CRpKd.
Siete pronti al NeXT_Hyper_Obscure? Inviate le vostre segnalazioni in mail a cybergoth@domist.net, e che vinca il migliore 😉
Nel lontano 2011 ho aperto questo blog, hyperhouse.wordpress.com, un luogo in continuo divenire e regolarmente arricchito da nuovi contenuti, una sorta di diario di bordo in itinere. Nel tempo queste pagine non sono solo diventate un punto di riferimento della galassia connettiva, ma anche un terreno di confronto creativo e discussione su argomenti legati al sociale e alla parte più reale dell’esistenza umana.
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Sono trascorsi dieci anni esatti da quel 1° maggio del 2011, data in cui pubblicai qui il primo post. Ho deciso così di festeggiare con tutti voi, amici e lettori che da allora attraversate queste pagine, il raggiungimento di questo avventuroso traguardo.
Il miglior modo per festeggiare l’avvenimento? La creazione di un particolare contest, che premierà i miei più affezionati lettori con alcuni premi librari.
COME PARTECIPARE
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PREMI IN PALIO
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Selezionerò cinque lettori tra coloro che segnaleranno i contenuti del mio blog, a loro modo più interessanti e coinvolgenti, con uno sconto speciale del gigante autografato e numerato. Ma non finisce qui: in palio ci saranno altri omaggi, tra cui alcune pubblicazioni poco diffuse o edizioni di titoli ormai fuori catalogo per veri collezionisti – questo è l’evento FB: https://fb.me/e/12N9CRpKd.
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Sul DelosStore è disponibile la quinta uscita per la collana non-aligned objects, che ho il piacere di curare per l’editore DelosDigital; si tratta di un saggio, E nondimeno l’anarchia, di Carmine Mangone, in cui l’autore affronta temi ideologici spinosi e apparentemente irrisolvibili, usando come metodo di comprensione eventi storici che hanno lasciato il s […]
Questo post per ringraziare chi ha permesso che L’Impero restaurato salisse al terzo posto tra gli ebook più venduti sul DelosStore, nella neonata e dedicata collana L’orlo dell’Impero. Ringrazio tutti voi, davvero molto. L’Impero Connettivo è governato da una stirpe di principi semieterni ed estende il suo dominio sullo spazio e sul tempo, fino a […] […]
Pubblico più sotto un terzo estratto dalla mia novelette Radici dell’orrore, edito nella collana InnsMouth di Delos Digital a cura di Luigi Pachì; questa è la quarta: In un borgo a nord di Trento, nel prossimo futuro, potrà davvero capitare di veder camminare un giovane Hitler, appena scampato alla Grande Guerra, diretto verso la birreria […]
Come riportato su Fantascienza.com, è disponibile per i tipi di DelosDigital la riedizione in ebook del romanzo – arricchito da una personale “nota di scrittura” – L’impero restaurato, che nell’edizione del 2014 mi ha permesso di vincere il Premio Urania.L’altra novità, in cui questa pubblicazione è incastonata, è la nascita di una collana dedicata alle […] […]
Ecco un altro estratto dal mio romanzo breve Radici dell’orrore, recentemente uscito per i tipi DelosDigital nella collana InnsMouth, diretta da Luigi Pachì; buona lettura! —– Sono subissato dal verde. È ovunque, noto con un sussulto di sorpresa e meraviglia mentre precipito in me stesso, attirato da connessioni con qualcosa che non conosco, ma che […] […]
Su Fantascienza.com la segnalazione dell’uscita del quarto numero di “non-aligned objects”, la collana anarcopunk che curo per DelosDigital in cui trovano spazio testi non allineati col pensare comune, né come ideologia e nemmeno come tipo di narrativa fantastica; è il momento di But the telemetry data, instant anthology nata dalla constatazione che la sonda […]
In esclusiva, ecco l’incipit del mio racconto lungo Radici dell’orrore, pubblicato pochi giorni fa nella collana weird “InnsMouth, per i tipi di Delos Digital; buona lettura! Era comparso all’improvviso, come se svoltando l’angolo ci si ritrovasse davanti il suo viso affilato, il respiro del male come una zaffata di alitosi. Ma non c’erano angoli visibili, [ […]
Su FantasyMagazine la segnalazione di Radici dell’orrore, mio racconto lungo uscito nell’ambito della collana weird di DelosDigital, InnsMouth, diretta da Luigi Pachì. Questa è la quarta: In un borgo a nord di Trento, nel prossimo futuro, potrà davvero capitare di veder camminare un giovane Hitler, appena scampato alla Grande Guerra, diretto verso la birreri […]
Un omaggio a Valerio Evangelisti. Glielo devo perché, a prescindere dal discorso umano, dalla persona che conoscevo poco, era nella lista dei più grandi autori che abbia mai letto, insieme a un gigante che risponde al nome di Bruce Sterling e con altri scrittori non più, Shirley Jackson e Algernon Blackwood. Valerio ha lasciato dietro […]
Su Lankenauta la recensione di Ettore Fobo a Chthulupunk, lavoro recente – a metà strada tra narrativa quantica, saggio e autobiografia, senza che sia davvero nulla di tutto ciò – di Lukha B. Kremo uscito nella colla non-aligned objects, da me curata per i tipi di DelosDigital. Vi lascio a un estratto: Si tenta la via […]
"L'unico uccello che osa beccare un'aquila è il corvo. Si siede sulla schiena e ne morde il collo. Tuttavia l'aquila non risponde, nè lotta con il corvo, non spreca tempo nè energia. Semplicemente apre le sue ali e inizia ad alzarsi piu'in alto nei cieli. Piu' alto è il volo, piu' è difficile respirare per il corvo che cade per mancanza di ossigeno".
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"Scrivete quel che volete scrivere, questo è ciò che conta; e se conti per secoli o per ore, nessuno può dirlo." Faccio mio l'insegnamento di Virginia Woolf rifugiandomi in una "stanza", un posto intimo dove dar libero sfogo - attraverso la scrittura - alle mie suggestioni culturali, riflessioni e libere associazioni.
“Siamo l’esperimento di controllo, il pianeta cui nessuno si è interessato, il luogo dove nessuno è mai intervenuto. Un mondo di calibratura decaduto. (…) La Terra è un argomento di lezione per gli apprendisti dei.” Carl Sagan