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Giulietta degli spiriti: Fellini fra il matrimonio e il sogno
Su OcchioDelCineasta una recensione a un film che conoscevo solo dal titolo e che i fa sempre più pensare a un mio coinvolgimento da spettatore nelle opere di Federico Fellini. Giulietta degli spiriti è una pellicola che m’intriga, assai…
È il primo lungometraggio a colori – dopo il mediometraggio Le tentazioni di Don Antonio nel film Boccaccio ’70 del 1962 – del cineasta Federico Fellini. Forse il meno apprezzato dalla critica italiana che, reduce dal trionfo estetico di 8 ½, ritrova sì il gusto felliniano per l’assurdo, ma non si lascia lusingare dal fasto e dalle cromie della pellicola. Il regista de I vitelloni e La strada sceglie la via dell’accusa all’alta borghesia romana, incarnata nella mite figura di Giulietta Masina, alle prese con una profonda crisi coniugale e le interferenze con il mondo degli spiriti. Adornano la scena i sontuosi costumi e le barocche scenografie, apparati curati da Piero Gherardi, solamente candidati alle categorie di appartenenza agli Oscar del 1967.
La critica italiana spende tante parole sul film di Federico Fellini successivo all’epocale svolta avvenuta con 8 ½: parole non sempre generose nei confronti del primo lungometraggio a colori del maestro riminese. Perché sì, la poetica del regista in Giulietta degli spiriti c’è tutta e all’ennesima potenza: forse troppa per i gusti dell’attento spettatore. Fellini infarcisce il suo film di fantasmi, ossia, quelli che la protagonista Giulietta vede in quanto dotata, a quanto pare, di un terzo occhio in grado di metterla in contatto con un universo altro e rilevatore della propria condizione umana. In tal senso, il cineasta premio oscar forza la mano su tale connotato, riempiendo la scena in tutti i sensi: la ricca scenografia barocca, i ricchissimi costumi, l’estrosità dei personaggi come Susy o le sorelle di Giulietta; sul piano oltreumano, ci sono invece gli spiriti che compaiono nei momenti di crisi della donna, sino al raggiungimento dell’apice nella scena finale della pellicola. Fellini esagera su tutti i fronti, realizzando un prodotto che Adelio Ferrero definisce come un turgore liberty, una dissipazione floreale, contaminazione viziosa di immagini oniriche, gusto incontrollato della deformazione: il tutto al fine di delineare una ferocissima critica volta alla classe borghese romana, letteralmente controllata dal fasullo buoncostume, dalle superstizioni, dal quieto vivere che, inevitabilmente, esplode nel tripudio di colori e ambienti dal gusto barocco.
Fellini degli Spiriti: la clip dal film di Anselma Dall’Olio | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la segnalazione del documentario su Federico Fellini, Fellini degli Spiriti.
Prodotto da Mad Entertainment con Rai Cinema e Walking the Dog, Fellini degli Spiriti è un documentario che dà un ritratto inedito del regista, raccontando per la prima volta il mondo non visto di Federico Fellini, quello spirituale, psicoanalitico e soprannaturale.
In uscita nel 2020 e diretto da Anselma Dall’Olio, il film indaga un lato meno conosciuto del grande regista, sottolineando la sua passione per il misterioso e l’esoterico. Questi aspetti, presenti in tutta la sua cinematografia, sono stati oggetto d’indagine grazie all’incontro con il grande psicoanalista junghiano Ernst Bernhard e successivamente con il professor Gustavo Rol, conosciuto per Giulietta degli Spiriti, che attraverso i suoi esperimenti gli proverà che esistono davvero altre dimensioni e che non c’è un termine al viaggio degli esseri umani.
A raccontare il mondo magico di Fellini tante voci: dalla cartomante che il regista consultava sempre al grande Terry Gilliam; da Giuditta Mascioscia, la sensitiva amica di Gustavo Rol al regista Damien Chazelle; dai collaboratori e amici più stretti a registi Premi Oscar come William Friedkin.
L’esoterismo di Federico Fellini – Livepress
Devo essere onesto, di questa teoria non ne sapevo nulla, eppure ha il suo perché, a pensarci bene, e la rilancio a mo’ di cassa di risonanza: Federico Fellini aveva interessi esoterici, junghiani e anche sciamanici, direi. Da LivePress.
L’ultima “reale” apparizione di Federico Fellini risale a qualche mese successivo alla sua morte. Non è uno scherzo, ma lo racconta Lorenzo Ostuni, regista e produttore Rai, ricordando un “patto” da lui stipulato con il grande maestro, secondo il quale, il primo tra i due che sarebbe passato a miglior vita, come suol dirsi, sarebbe tornato dall’altro a raccontargli com’è il transito nell’aldilà. E cosi fu. Fellini compare in perfetta forma tridimensionale nello studio di Ostuni in via degli Scipioni a Roma, e consegna a quest’ultimo un messaggio criptico: “Lorenzino, ricordi che un giorno ti dissi che la differenza tra noi due consiste nel fatto che tu prendi le cose della terra e le proietti nel cielo cosmico, mentre io prendo le cose del cielo e le proietto nel piccolo schermo terrestre? Bene, devo dirti che nessuno dei due aveva ragione. Adesso ho visto che cosa c’è all’interno del tempio che per tutta la vita ho soltanto sbirciato cosi, come un intruso, dall’esterno. Ho visto..”.
Questo episodio, a prescindere dalla sua veridicità, la dice lunga sugli interessi esoterici coltivati in tutta la sua vita dal regista riminese. Interessi che spaziavano dallo studio dell’I Ching all’amicizia con il famoso veggente Gustavo Rol, oltre che dalla presenza nella sua biblioteca personale di testi di esoteristi, mitologi, antroposofi, tutti i canoni buddisti e i famosi Veda, i testi iniziatici tradizionali della spiritualità indiana.
Non si riesce a comprendere il corpus dell’opera di Federico Fellini se non si svela il suo sostrato esoterico. Aspetto, quest’ultimo, che lo mette in connessione con altri grandi maestri del cinema mondiale, da Bunuel a Welles passando per Tarkovsky e Hitchcock.
Scorrendo velocemente la filmografia del regista, da Casanova a Giulietta degli spiriti, da Satyricon a Toby Dammit, si coglie l’interesse per le discipline “non ordinarie”. In particolare il suo interesse per Carl Jung, che Fellini leggeva avidamente e approfondiva attraverso il suo rapporto con Ernst Bernhard, psicanalista di formazione junghiana che lo introdusse alla consultazione dell’I Ching. Il concetto di sincronicità sarà sempre presente nel laboratorio visivo di Fellini; così come era stato lo stesso Fellini a sottoscrivere la cifra filmica e l’origine della sua forza creatrice: “La memoria è come l’anima, esiste prima della nascita…Non si esprime attraverso il ricordo. È una componente indefinibile e misteriosa che ci invita a entrare in contatto con dimensioni, eventi, sensazioni, che non possiamo nominare, ma che sappiamo, anche se confusamente, essere esistite prima di noi”.
Come ogni essere straordinario, la sua comparsa sulla terra lascia diversi enigmi: Fellini era un mago? Lui diceva di essere stato risucchiato dal cinema, e che, in caso contrario, sarebbe stato sì un mago, ma un mago stile Mandrake in cui il versante dell’illusionismo sarebbe stato preponderante.
Non sappiamo se, a modo suo, il regista fu una sorta di iniziato. Egli scherzosamente si definiva piuttosto un “pozzetto” nel quale tutta “la pioggia” di trascendenza metafisica si era copiosamente riversata. Una cosa è certa: tra le esperienze con l’LSD, a cui fu introdotto dallo psicanalista Emilio Servadio, e le sue frequenti incursioni nel mondo del misterioso di Carlos Castaneda, col quale ebbe dei contatti in relazione a un progetto cinematografico di cui poi non si fece nulla, l’immaginario felliniano si è nutrito di esperienze straordinarie, di relazioni e visioni che, cosi come lui stesso ebbe a dire a Lorenzo Ostuni, il citato complice del patto post-mortem, servirono a proiettare sullo schermo della terra la grande forza misteriosa delle cose celesti.
Il Libro dei sogni – volume 1 | Lankelot
Su Lankelot interessante articolo che riguarda Federico Fellini e il suo campionario onirico che lui faceva vivere in perfetto stile sincronico.
Fellini i sogni li trascriveva, in certi casi li illustrava. Dall’assemblaggio di tutti gli appunti e i foglietti scarabocchiati che il regista produceva al risveglio come doverose scritture automatiche è nato il monumentale Libro dei sogni.
Fellini, da contro, aveva con i sogni un rapporto meno ideologico e belligerante. Ci si baloccava con gusto, li estraeva dalla tuba come un illusionista di provincia, e soprattutto amava pasticciare col cancellino da lavagna il famigerato confine tra realtà e fantasia. Se nei primi capolavori, come La strada (1954), l’onirico irrompe come un primissimo piano di realtà, in film maturi come Amarcord (1973) i ricordi sono un pretesto per calcare la mano, arrotondare per eccesso e inventare di sana pianta, compiendo il miracolo di restare fedeli a una percezione privata, alla propria verità, tradendo quella storica e fattuale. Fellini aveva il genio d’imbastire un racconto genuino basato sulla bugia bianca, sull’iperbole interiore, su tutto il falso di cui si sente il bisogno per poter credere a una storia. Nemico giurato della presa diretta, Federico faceva recitare ai suoi attori sequele di numeri al posto dei dialoghi, poi doppiava tutto. Perché se non è straniante, non è autentico. Come un sogno a occhi aperti.
Vi basta come antipasto per leggere tutto l’articolo e poi, acquistare l’opera citata?
Federico Fellini, “Il Libro dei sogni – volume 1”, Guaraldi, Rimini, 2011. A cura di Mario Guaraldi. Prefazione di Paolo Fabbri. Illustrazioni di Federico Fellini.