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Racconti macabri | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni a Racconti macabri, di Claude Seignolle. Eccone uno stralcio:
Jacques Van Herp (1923-2004), critico di fantascienza, letteratura fantastica e scrittore, paragona la sua opera a quella di Poe, H.P. Lovecraft e Jean Ray, evidenziandone i caratteri di originalità e forza, “in primis” il forte legame di Seignolle con la tradizione folclorica francese, così come sottolineato anche da un altro importante critico del fantastico come Jacques Bergier. Lo scrittore francese è infatti imbevuto delle tradizioni del folklore della Francia. Nel corso della sua vita si è consacrato alla raccolta sul terreno delle tradizioni popolari in tutte le loro forme di espressione, interrogando direttamente la popolazione dei villaggi. Il materiale, raccolto da Seignolle in alcuni volumi, costituisce la base di molti dei suoi racconti fantastici e quindi anche di alcuni di quelli presenti in questa antologia, uscita in origine nel 1966 presso Marabout (di cui la presente edizione preserva, nello stile di questa collana, copertina e veste grafica) dove trovarono posto anche Histoire maléfiques, Histoires vénénueses e Récits cruel oltre al citato La Malvenue.
Il clima letterario attorno al fantastico in Francia in quel periodo era favorevole grazie anche al ruolo della rivista Fiction, sulle cui pagine furono pubblicati anche dei racconti di Seignolle. In Racconti macabri vengono trattati tutti i topos del genere come i vampiri, i licantropi, i fantasmi e il diavolo. D’altronde non va dimenticato come il grande tema dell’opera di Seignolle è quello del diavolo, argomento che ha trattato in alcuni volumi come Le Diable dans la tradition populaire e Les Evangelis du diable, quest’ultimo una vera e propria bibbia nera dell’occulto.
Fra i racconti presenti in questa raccolta, notevole è L’Uomo che sapeva in Anticipo, in cui un falegname riesce a prevedere chi è destinato a morire tramite il dono della premonizione. Realizza così in anticipo le bare per evitare lo spreco di materiale. Il finale è atroce e beffardo. Spicca anche La memoria del legno, in cui si narra la vicenda di uno scultore che trae l’ispirazione per raffigurare le sue opere dal legno di bare rubate: l’atmosfera macabra non lascia indifferenti e sconfina nell’allucinazione. In Isabelle troviamo invece un fantasma uscito da un dipinto, mentre nell’atroce Quello che aveva sempre freddo assistiamo a un tragico equivoco fra i morti e i vivi di un villaggio che si chiude con un finale crudelissimo. La fine del mondo si stacca parzialmente dall’atmosfera perversa e sadica di queste storie: si tratta in effetti di una sorta di racconto apocalittico.
Ma forse il testo migliore è proprio quello più lungo che chiude l’antologia ovvero Il famiglio. Qui, come in La Malvenue, Seignolle riesce a descrivere il paesaggio della campagna francese e il contesto rurale (con tutte le sue superstizioni) in maniera estremamente efficace. Si tratta di una storia di magia dove non manca l’immancabile casa infestata e dove lo scrittore calca la mano con la descrizione di carcasse di cani e gatti in putrefazione con un tocco necrofilo che deve sicuramente qualcosa a Poe.
“Cinema (Dub version)” by Doctor Flake | Free Trip Downl Hop Music Blog
Da FreeTripDownlHop un’interessante ballata dub virata sull’electrospleen… Cose francesi, si sentono.
Pink Floyd – Atom Heart Mother (Live at St Tropez)
I Floyd a St. Tropez l’8 agosto ’70, mezzo secolo fa. Atom Heart Mother, ed è la bellezza psichedelica che sale…
Hypnos 10, stranezze francofone | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com l’annuncio di Hypnos 10, la rivista della Edizioni Hypnos dedicata al weird e al fantastico in genere. Ecco cosa c’è dentro – slurp!
Il numero è dedicato al fantastico francofono. Tra i protagonisti il duo Émile Erckmann e Alexandre Chatrian, meglio noti con il nome di Erckmann-Chatrian, con due racconti, La ladra di bambini e Lo schizzo misterioso. Altro autore che nell’Ottocento mise il suo marchio anche come autore fantastico fu indiscutibilmente Jean Lorrain, personaggio eccentrico e anticonformista, poeta, giornalista, autore di numerosi romanzi e racconti, che qui ritroviamo con due storie, La principessa sotto vetro e La principessa Fior di neve.
A rappresentare il fantastico francofono del Novecento è invece una delle sue voci più autorevoli, Claude Seignolle, con il racconto Il mannaro, un vero gioiello della letteratura sul tema della licantropia. Attraversando l’Oceano approdiamo in Canada, e più precisamente in Quebec, dove ci attende Claude Lalumière, autore del fantastico a tutto tondo, con il racconto L’oggetto di venerazione, profonda riflessione sul concetto di devozione.
Ma l’occhio speciale nei confronti della letteratura francofona non si esaurisce con la narrativa: un ampio excersus su di essa viene fornito da Cesare Buttaboni, che ripercorre le tappe fondamentali della letteratura del terrore in Francia dall’Ottocento sino a oggi, mentre Tarek Bouaziz introduce al mondo di uno degli scrittori più interessanti della letteratura algerina contemporanea, Rachid Boudjedra, la cui opera viene accostata a uno dei più importanti romanzi della letteratura italiana del Novecento, Il deserto dei Tartari, di Dino Buzzati. A chiudere il numero la seconda parte della Strana storia dell’Arte, che ci conduce nelle spire dell’ammaliante Medusa, a cura di Ivo Torello.
Strani giorni: I Maestri dell’oblio
Segnalazione per Ettore Fobo, tradotto in francese in uno dei suoi libri; vi lascio alle sue note e mi complimento ancora una volta con lui per i risultati che puntualmente raggiunge.
È uscita una nuova traduzione in francese di “Musiche per l’oblio”. Il titolo italiano è cambiato in “I Maestri dell’oblio”, “Les Maîtres de l’oubli”. La traduzione è curata dalla poetessa francese Noëlle Arnoult. La prefazione e la curatela rimangono dello scrittore romeno Daniel Dragomirescu. Il libro è bilingue, italiano – francese.
I Maestri dell’oblio sono personaggi che compaiono in una poesia di Mark Strand. Così Damiano Abeni traduce l’originale inglese The Great Forgetters. Pubblicherò nei prossimi giorni la poesia eponima che apre il libro. Il costo di ogni singola copia è dieci euro più spese di spedizione. Chi fosse interessato può contattarmi all’indirizzo mail stranigiorniettorefobo@gmail.com. Grazie dell’ascolto.
IL WESTERN FRANCOFONO SA DI SPAGHETTI
Su GiornalePop una bella carrellata sui fumetti western francesi, che però hanno preso ispirazione dallo Spaghetti di Sergio Leone. Un estratto:
Nel fumetto europeo il western francofono è secondo solo a quello italiano, ma è anche quello che più si ispira alla nostra tradizione del western spaghetti.
“Il western non è dell’America è dell’anima”, si diceva negli anni sessanta per giustificare lo scippo culturale che Sergio Leone e soci avevano perpetrato. “Né storia né sequenze, solo ammazzamenti”, cosi Burt Kennedy illustrava al famoso collega regista John Ford il nuovo genere. In modo del tutto superficiale e forse con una malcelata punta di invidia.
In totale, tra il 1964 e il 1969 in Europa sono stati girati circa 400 western. La grande maggioranza in Italia, ovviamente.
In caso di disgrazia | ThrillerMagazine
Su ThrillerMagazine la segnalazione della riedizione di un romanzo di George Simenon, In caso di disgrazia, che fa luce sulle pulsioni erotiche e sui turbamenti che hanno tempestato la vita dell’autore stesso. Simenon era un maestro nel narrare e nel percorrere le tempeste dell’animo umano, le sue perversioni, eccovi la quarta e un estratto del romanzo:
La sera in cui Lucien Gobillot – uno dei più celebri avvocati di Parigi, la cui brillante carriera deve molto alle relazioni di sua moglie negli ambienti politici e mondani della capitale – riceve la visita di quella ragazza con «un viso da bambina e da vecchia allo stesso tempo, un misto di ingenuità e di astuzia … di innocenza e di vizio», cinica e palesemente pronta a tutto, ma anche, in un suo strano modo, commovente, che gli chiede di difenderla in un processo per tentata rapina, non immagina che la sua intera esistenza ne sarà sconvolta dalle fondamenta. A cominciare dalla ferrea, incrollabile complicità che per più di vent’anni lo ha legato alla moglie – la bella, la raffinata, la sprezzante Viviane. Con mano da maestro, Simenon ci fa percorrere tutte le tappe di un amour fou turbinoso e funesto, regalandoci uno dei suoi romanzi più intensamente erotici, più strazianti e appassionati. Scritto a Cannes nel 1955, “En cas de malheur” fu pubblicato l’anno seguente, e nel 1958 fu portato sullo schermo da Claude Autant-Lara.
«Alla luce di quanto oggi sappiamo della vita di Simenon, per sue dirette ammissioni, i turbamenti erotici del protagonista appaiono come un’adombrata liberatoria confessione: “Una fame di sesso puro, se così posso esprimermi senza far sorridere, ossia che prescindesse da qualsiasi considerazione sentimentale e passionale”. Sono le parole di Gobillot, di fronte all’irrefrenabile impulso che lo governa…».
L’incipit
Domenica 6 novembre.
Appena due ore fa, dopo colazione, nel salotto in cui eravamo passati a prendere il caffè, stavo in piedi davanti alla finestra, abbastanza vicino da avvertire la fredda umidità dei vetri, quando ho sentito mia moglie dire, dietro di me:
«Pensi di uscire, nel pomeriggio?».
Queste parole, così semplici e banali, mi sono parse cariche di significato, come se celassero un sottinteso che né io né Viviane osavamo esprimere. Ho esitato un po’ prima di rispondere, non perché non sapessi che cosa intendevo fare, ma perché per un attimo sono rimasto sospeso in quell’universo un po’ inquietante, anche se in fondo più reale del mondo di tutti i giorni, che dà l’impressione di scoprire l’altra faccia della vita.
Poi devo aver balbettato:
«No, oggi no».
Lei sa che non ho alcun motivo di uscire: l’ha intuito come tutto il resto; forse si tiene anche informata su ogni cosa che faccio. Non ce l’ho con lei, come lei non ce l’ha con me per quello che mi sta succedendo.
Nel momento in cui ha posto la domanda stavo guardando attraverso la pioggia fredda e scura che cade da tre giorni, anzi, dal giorno dei Morti, un barbone che andava e veniva sotto il Pont-Marie battendosi le mani sui fianchi per riscaldarsi. Fissavo soprattutto un mucchio di stracci nerastri addossato al muro di pietra, chiedendomi se si muoveva davvero o se si trattava di un’illusione dovuta al fremito dell’aria e al cadere della pioggia.
In effetti si muoveva, e ne ho avuto la certezza quando dai cenci è uscito un braccio, e subito dopo una testa di donna, gonfia e tutta scarmigliata. L’uomo ha smesso di passeggiare, si è girato verso la sua compagna per dirle qualcosa, e poi, mentre lei si metteva a sedere, è andato a prendere fra due sassi una bottiglia mezza vuota: gliel’ha data, e lei ha bevuto a canna.
In questi dieci anni, da quando siamo venuti ad abitare in quai d’Anjou, sull’île Saint-Louis, mi è capitato spesso di osservare i barboni. Ne ho visti di tutti i tipi, anche donne, ma era la prima volta che ne vedevo due comportarsi come una vera coppia. Perché la cosa mi ha colpito, facendomi pensare a un animale maschio e alla sua femmina rifugiati nella loro tana nel fondo di un bosco?
L’Emirato di Puglia | ilcantooscuro
Altri scampoli del Medioevo italiano dalle parti di Alessio Brugnoli; stavolta si parla della Puglia, degli Arabi e, costante medioevale, dei Bizantini.
Ludovico II, detto il Giovane, Re di Italia co-Imperatore del Sacro Romano Impero, dopo aver ottenuto la riappacificazione, seppur breve, dei principi longobardi di Salerno e Benevento, nel 867 decise di liberare Bari dagli infedeli, ma senza successo, subendo una gravissima sconfitta. L’imperatore con il suo esercito occupò Venosa e Oria con lo scopo di tagliar fuori Taranto e Bari e mettere sotto assedio le due città con le sue imponenti macchine da assedio. In realtà i saraceni possedevano praticamente tutto il litorale pugliese e dunque gli Arabi avevano accesso via mare e dunque nessun assedio avrebbe potuto far capitolare tali città. Inoltre sia Salerno che Amalfi, seppur fedeli a Ludovico, erano in ottimi rapporti commerciali con il regno saraceno e dunque all’esercito franco mancava anche l’appoggio locale. Unica soluzione per Ludovico fu ricorrere all’odiato aiuto dei Bizantini, anche loro interessati a sconfiggere e fiaccare gli arabi. Nell’868 Ludovico convinse l’imperatore di Costantinopoli, Basilio, a inviare un’imponente flotta nell’Adriatico, guidata dal noto ammiraglio Niceta Orifa, con lo scopo di tagliare da mare i rifornimenti alla città. Ben quattrocento navi apparvero all’orizzonte della città di Bari, unione della flotta bizantina e dei paesi della Dalmazia, anch’essi preoccupati per il dominio arabo in Adriatico
E successe un mezzo disastro: i Bizantini, invece dell’esercito franco, trovano il deserto: Ludovico se ne è andato a Roma, a litigare con il Papa.
L’ammiraglio bizantino, dopo aver saggiato per un po’ le difese saracene, alzò i tacchi. Furioso. Tanti sforzi per niente. E tornò con la flotta a Corinto. Il giudizio bizantino sull’intera vicenda non poté che essere che i Franchi «erano buoni solo a perder tempo, in pranzi e feste».