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Gaznevada da collezione: “Con Sick Soundtrack passammo dalla politica alla musica” – Spettacoli
Sul RestoDelCarlino una bella intervista a Ciro Pagano, chitarrista dei GazNevada, storico gruppo bolognese di fine ’70 e primi ’80 che ha significato il transito italico dal punk alla new_wave; un estratto della chiacchierata:
Ciro Pagano, lei è stato il chitarrista dei Gaznevada, in che clima nacque quel disco?
“L’album non è l’esordio del gruppo. Noi eravamo già stati in studio nel 1979 per registrare il nostro primo lavoro, una cassetta di musica feroce, durissima, frutto delle nostre prime passioni e dei nostri primi ascolti che erano fortemente legati al punk, quello americano in particolare, più sofisticato e ben suonato di quello inglese dei Sex Pistols. La cassetta Gaznevada era proprio un documento in tempo reale, una fotografia scattata nelle cantine bolognesi”.
A quale gruppo americano guardavate in particolare?
“I nostri idoli erano i newyorchesi Ramones, compatti, essenziali, in una canzone di due minuti dicevano tutto. Quella musicalmente è stata la nostra scuola, e, proprio suonando i loro brani ci siamo preparati alla cassetta. In fondo, eravamo una sorta di contorta cover band, e nel 1978 organizzammo tre giorni di concerti un locale che si chiamava Punkreas, lo spettacolo era Gaznevada Sings Ramones “.
Voi esistevate già dal 1977…
“I Gaznevada sono nati con il nome di Centro di Urlo Metropolitano per esibirsi durante il famoso convegno sulla repressione del settembre del 1977, appuntamento che avrebbe segnato la fine di quel movimento studentesco. Uscivamo dall’esperienza della Traumfabrik, la casa occupata di via Clavature, dove è nato quello spirito creativo che continua a influenzare la cultura pop. C’erano fumettisti come Andrea Pazienza, registi come Renato De Maria e musicisti come i Gaznevada”.
Poi, nel 1980, arriva ’Sick Soundtrack’.
“Nel 1980 era già cambiato tutto. Era la musica, e non più la politica, la necessità. Ed erano cambiati anche gli ascolti e i riferimenti. Solo la città alla quale guardare era la stessa: New York. Non più quella del punk ma della new wave, eravamo innamorati dei Talking Heads e dei Suicide. Non c’erano più solo le chitarre elettriche ad affollare il nostro immaginario ma la prima tecnologia elettronica applicata al fare musica, le prime macchine per suonare”.