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L’arte completa dei Kraftwerk – L’INDISCRETO
A pochi giorni dalla morte di Florian Schneider, dei Kraftwerk, su L’Indiscreto una critica ragionata ai loro lavori. Un estratto:
Nel 1975 un tizio misteriosamente interessato alla stesura di un articolo dai forti connotati sociologici ebbe la strepitosa idea di bussare alla porta di Lester Bangs, già rinomato critico musicale. «In che direzione sta andando il rock?» fu la domanda, presumibilmente accomodandosi tra poster di Lou Reed e un cimitero di lattine di birra. «Se ne sono impadroniti i tedeschi e le macchine» il tentativo di risposta. Inutile sottolineare come fosse realistico ai tempi e, almeno in parte, sottoscrivibile anche adesso.
Risale al novembre del 1974 Autobahn, il quarto album in studio dei Kraftwerk; notevole successo commerciale e di critica capace di espandere ulteriormente la platea di adepti di questo indefinibile quartetto tedesco.
Il brano che dà il titolo al disco, benché più orecchiabile di alcune produzioni precedenti, è una suite di venti minuti nella quale alla già rodata elettronica vengono aggiunti suoni di motore, alberi che frusciano, colpi di clacson e brusche frenate su carreggiate tra Colonia e Bonn. Non troppo dissimili gli altri titoli, nessuno dei quali con caratteristiche tipiche da hit estiva, che vantano durata estesa e nomi non tra i più memorizzabili: Kometenmelodie 1 e 2, Mitternacht e Morgenspaziergang.
Lester Bangs descrisse Autobahn dei Kraftwerk come «un atto di accusa contro tutti coloro che resisterebbero alla volontà ferrea e all’ordine dell’alba ineluttabile dell’Era delle Macchine.» Una definizione indecifrabile, astrusa, dal sapore industriale e zeppa di sottesa ironia dunque perfettamente in linea con l’opera.
Le porte del cosmo: rock e fantascienza al di fuori del mondo anglosassone
Su Delos207 un bell’articolo che indaga la commistione tra SF e Rock, cosa peraltro ben investigata da Mario Gazzola ed Ernesto Assante con il loro FantaRock, fresco vincitore del Premio Vegetti 2019. Un estratto:
Viene da Düsseldorf, in Germania, uno dei gruppi che ha avuto maggiore influenza sulla musica moderna: i Kraftwerk. La musica elettronica che caratterizza la loro produzione non solo è ancora attuale ma ha ispirato molti artisti saliti alla ribalta dagli anni ottanta in poi. A differenza dei Tangerine Dream e degli altri gruppi tedeschi citati sopra, producono musica più vicina al pop che alla sperimentazione e, quindi, più orecchiabile.
Si affacciano sulla scena internazionale con il terzo disco Autobahn (1974), occupato nella prima facciata dalla suite omonima, seguito l’anno successivo dal concept album Radio-Activity. Il successo arriva nel 1977: il disco Trans Europe Express è pubblicato in tre lingue (tedesco, inglese e francese) e contiene Schaufensterpuppen (Showroom Dummies in inglese, Les Mannequins in francese), primo saggio della fantascienza che diventerà cara ai Kraftwerk negli anni a venire: l’interazione tra uomini e automi. In questo brano si narrano le vicende di un gruppo di manichini che prendono vita e finiscono in una discoteca.
L’interazione uomo-macchina (e, più in generale, uomo-tecnologia) trova il suo compimento nel disco successivo pubblicato l’anno dopo. Già dal titolo: Die Mensch Maschine (The Man-Machine nella versione per il mercato internazionale). Non è un concept album di fantascienza, ma ci manca poco. Si comincia con The Robots, con il vocoder protagonista (“We are the robots“) di una delle commistioni più riuscite tra musica e fantascienza. Così riuscita che nelle esecuzioni dal vivo i quattro di Düsseldorf si fanno sostituire da manichini-robot. Il secondo brano è Spacelab, una delle rare incursioni dei Kraftwerk al di fuori dell’atmosfera terrestre. Metropolis è un esplicito omaggio all’omonimo film di Fritz Lang, pietra miliare del cinema di fantascienza. Dopo le splendide (ma non fantascientifiche) The Model e Neon Lights, il disco si chiude con l’evocativa title track (“Man Machine, pseudo human being / Man Machine, super human being“).
L’album seguente, Computerwelt (Computer World nell’edizione internazionale, 1981), pur essendo un ottimo lavoro, non raggiunge le vette artistiche dei due dischi precedenti. Come si evince dal titolo, si tratta di un concept album dedicato al mondo dell’informatica, in forte espansione all’inizio degli anni ottanta grazie all’avvento dei personal computer. Questo disco può essere considerato una prosecuzione del precedente nell’ambito dell’esplorazione del legame tra uomo e tecnologia; una tecnologia che può portare tanto al benessere quanto all’alienazione: “I’m the operator / With my pocket calculator“ sono le parole ripetute ciclicamente in Pocket Calculator, canzone della quale esiste anche una versione in italiano (Mini calcolatore) presentata per la prima volta a Discoring.
I Kraftwerk: la musica, l’arte, la fantascienza | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com un lungo articolo che traccia la storia e l’arte dei Kraftwerk. Imperdibile.
I Kraftwerk possono essere considerati una della band più influenti della storia della musica moderna. I Depeche Mode, i Devo, gli Ultravox, i Simple Minds prima di Once Upon a Time, il David Bowie della trilogia berlinese o, per arrivare a band più recenti, i Chemical Brothers e i Daft Punk, devono buona parte della loro ispirazione musicale ai Kraftwerk. Lo stesso dicasi per interi generi musicali, come la house o la techno. Se inoltre teniamo conto del fatto che almeno un paio dei loro album figura nelle classifiche dei dischi più belli della storia del rock, viene a maggior ragione da chiedersi: come mai una band che ha ormai alle spalle più di quarant’anni di carriera e che ha avuto un peso così rilevante è meno famosa di altri gruppi di successo?
Ci sono almeno due ragioni. La prima è che i Kraftwerk non provengono dai paesi nei quali è stato codificato il linguaggio della musica rock, ovvero l’Inghilterra e gli Stati Uniti, ma dalla Germania. Si potrebbe obiettare che gli ABBA sono svedesi. Vero, ma mentre questa band (della quale è stata appena annunciata una reunion) ha sposato in pieno i canoni musicali anglosassoni inserendosi in un modello già definito, i Kraftwerk, invece, hanno introdotto canoni del tutto nuovi dando vita a un movimento che, non senza volontà denigratoria, è stato definito come Krautrock.
La seconda ragione è che i componenti della band hanno da sempre ridotto al minimo le interazioni con i giornalisti, lasciando vuota quella consistente parte di promozione discografica legata alle interviste e alle vicende private. La riservatezza è stata portata agli eccessi a tal punto che il loro fotografo ufficiale non immortala i membri del gruppo ma i loro manichini…