HyperHouse
NeXT Hyper ObscureArchivio per Language
Killed by words
L’affondo si rivela letale. Le parole dette prima, e dopo, influenzano il presente in una cosmogonia di sangue psichico e bestemmie, e così il costrutto dimensionale risulta irrimediabilmente mutato dalla scena ortogonale dei verbi.
Sensori tradotti
Un flusso di immagini divengono, a volte, parole da espletare, traduzioni di sensori evoluti che devono riportati alla base di un linguaggio limitato e limitante.
Scardinano mondi
Mi lascio condizionare dalle parole soniche, quelle che sembrano non significare nulla ma che, quando scardinano il subliminale, descrivono interi mondi psichici.
Andreas Bülhoff and Marc Matter – ɅV / A Sonic Writing Tool | Neural
[Letto su Neural]
Per l’etichetta berlinese Research and Waves, un progetto artistico curatoriale di Jasmina Al-Qaisi, Maria Karpushina, Gustavo Méndez Lopez, Norman Neumann ed Henrik Nieratschker, è uscito un vinile dodici pollici composto da parole, una sorta di tool per dj che può essere utilizzato allo scopo di comporre un dialogo artificiale. ɅV (trascrizione fonetica per of o off) è per Andreas Bülhoff e Marc Matter – gli autori di questa opera molto particolare – una versione post-digitale di poesia sonora che fa uso di trentadue parole monosillabiche su ogni lato, parole che sono state raccolte nell’inverno 2018/19 dal sito web del New York Times e da un subforum intitolato Politically Incorrect. Le parole sono recitate da due voci sintetiche e le piattaforme prese in considerazione rispecchiano estremi opposti dell’attuale dibattito online in bilico fra liberalismo mainstream e sottocultura reazionaria, linguaggio formale e informale, approccio giornalistico e chiacchiere da messaggeria. ɅV è anche considerato dagli autori e dal collettivo redazionale una sorta di punto di partenza per Attune, la piattaforma online di Research and Waves che esplora e coltiva processi e gesti sonori, focalizzandosi sulle pratiche di remixing, sampling, cutting, mashing, quoting, covering, morphing e fading, innescando così un dibattito interculturale su varie forme di oppressione come il razzismo e la supremazia bianca, il patriarcato e il neoliberismo. Le parole possono essere neutre? Evidentemente no, ma molto dipende da cosa s’intende per neutro. Il linguaggio non è qualcosa di statico, vive di continui cambiamenti e i contesti d’uso di chi lo parla e lo scrive non sono a loro volta neutrali. Tantomeno il linguaggio non è mai neutro dal punto di vista politico, poiché la narrazione di quella che ci appare la realtà è sempre mutevole e cambia per come percepiamo e agiamo nel quotidiano. Negli intenti degli attivisti di Attune è importante mostrare quelli che sono gli esempi di una tangibile distanza culturale intorno all’identità e alla politica di classe, innestando una discussione critica sul linguaggio tutt’altro che banale e trita. Non resta che ricollegare i punti mancanti tra le parole e le loro fonti, frammenti di un discorso non certo semplice su quello che è lo stato della società attuale, medicalizzata e sottoposta ad assalti virali fino allo stesso cuore della lingua.
Strani giorni: “Canti d’Amnios” per parole chiave
Sul blog di EttoreFobo la segnalazione del suo Canti d’Amnios, silloge poetica da cui presenta alcuni estratti. Vi lascio invece a uno stralcio del suo post, dove l’autore indaga il senso intrinseco e semantico del concetto di poesia:
La prima parola è inevitabilmente la parola POESIA. Lungi da me proporvi una definizione netta ma alcune cose vorrei dirle. Sappiamo tutti intuitivamente che il linguaggio è il regno dell’ambiguità. Ora la poesia potenzia al massimo grado questa ambiguità originaria, per cui in poesia una parola viola il principio di non contraddizione per cui A=A E B=B, A può essere uguale a B o altri termini che B semplicemente evoca. La poesia è dunque il regno della massima ambiguità semantica, in filosofia si usa il termine aporia quando un significato è indecidibile. In poesia, l’aporia è quasi la regola. Una parola significa alla massima densità concettuale tutto ciò che può significare. Se stessa e il suo contrario e tutte le sfumature cui essa accenna. Ambiguità in questo caso è di per sé una parola equivoca. Perché il sostrato morale che la accompagna forse è un impedimento ulteriore a comprendere ciò che sto cercando di dire. Ambiguo è ciò che è indecidibile, duplice, molteplice. In sanscrito esistono cento parole per designare l’infinito. Ecco una lingua ricca di pensiero. L’italiano non permette questa ricchezza e dicendo infinito pensiamo di aver detto tutto, ci illudiamo. Per farvi capire con una similitudine: se uno scrive un saggio che parla di fotografia, esso ha un oggetto chiaro la fotografia, se scrivo una poesia su una singola fotografia essa non parla più di fotografia ma può dire in maniera misteriosa tutto ciò che la fotografia non mostra direttamente ma tace e tacendo evoca. La poesia non è didascalica, non parla di ma dice direttamente gli abissi che il linguaggio comune cela. Io li chiamo gli effetti quantistici della poesia. La poesia sta al linguaggio comune, quello che usiamo per comunicare, come la fisica subatomica e quantistica sta alla fisica classica. Nessuna solidità concettuale, la massima evaporazione, evanescenza, fluttuazione dei concetti. La poesia in questo caso, potremmo dire, è l’esplorazione di un’interiorità profonda, subatomica, prelinguistica, che esiste prima dei concetti, prelogica ma non illogica o irrazionale come a volte superficialmente si dice. Il poeta Flavio Ermini usa il termine precategoriale. È il logos in realtà, nelle sua massima potenza di significazione cioè di ambiguità, appunto. Carmelo Bene chiamava giustamente la poesia “arte della sintesi”, momento in cui i concetti si fondono, si con-fondono uno nell’altro.
Metamondi inconoscibili
Le disquisizioni sul tuo flusso isterico di teorie e linguaggi sembra un’eloquenza forzata e aulica, ma di metamondi cognitivi che non sai nemmeno idealizzare.
Senzienza inaudita
Lasciati respirare su picchi di senzienza inaudita, mentre le parole si sfaldano e lasciano evaporare le proprie intimità.
Lessico inumano
Ho ancora con me una esposizione da perfezionare, ma già intensa, che può portarmi a sfiorare empaticamente il limite inumano: posseggo le parole giuste, per scardinare un nuovo lessico che va oltre l’umano.