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NeXT Hyper ObscureArchivio per Roberto Paura
Enigmi quantistici e ontologie del reale – Quaderni d’Altri Tempi
Su QuaderniAltriTempi una lunga esposizione di Roberto Paura sul tema della realtà in un ambito quantico. Un bell’estratto dell’incipit:
Nel 2004 Sir Roger Penrose – che nel 2020 ha coronato la sua carriera ricevendo il Nobel per la Fisica per le sue pionieristiche ricerche teoriche sui buchi neri e le singolarità che si celano al loro interno – pubblicò un tomo sbalorditivo per vastità, ricchezza di contenuti, originalità di pensiero e impegno mentale richiesto: The Road to Reality, in Italia La strada che porta alla realtà. Se l’intera nostra civiltà dovesse svanire in un prossimo futuro, ai nostri remoti discendenti o a esseri intelligenti provenienti dalle stelle basterebbe questo singolo libro per capire lo stato delle conoscenze umane riguardo la natura della realtà fisica. In quella summa della matematica, della geometria, della fisica, e persino della filosofia, Penrose non nascondeva che ci fossero molti punti oscuri. Tra tutti, il più misterioso è rappresentato dal problema della misura, o – detta con la terminologia di Penrose – l’incompatibilità tra le procedure quantistiche U e R. Che detta così sembra una questione per addetti ai lavori. Ma si tratta del più profondo problema che l’umanità si è trovata ad affrontare finora nel suo tentativo di comprendere la natura fondamentale della realtà.
Natura non facit saltus
Per U, Penrose indica l’unitarietà, vale a dire l’evoluzione deterministica di un fenomeno. L’unitarietà è alla base della fisica: qualsiasi processo fisico – dal lavoro compiuto da una leva alla rivoluzione dei pianeti intorno al Sole – rispetta leggi che permettono di predire perfettamente, date le condizioni iniziali al tempo t0, le condizioni finali al tempo t1. Anche la meccanica quantistica è, nella sua essenza, una teoria che rispetta U esattamente come tutte le altre: c’è una legge, la celebre equazione di Schrödinger, che descrive perfettamente l’evoluzione di un sistema quantistico (per esempio, una particella elementare) al passare del tempo.
Però, la meccanica quantistica prevede anche un altro meccanismo: R, che sta per riduzione; un processo noto anche come collasso della funzione d’onda o “misurazione”. Quest’ultimo termine spiega il suo significato: l’unitarietà è rispettata, nel mondo quantistico, solo finché un sistema quantistico non viene misurato (per esempio, da uno sperimentatore in laboratorio). Quando ciò accade, la sua evoluzione non ha più nulla di deterministico e assume un aspetto meramente probabilistico: un elettrone che prima si trovava in un punto nell’orbitale atomico ora potrà trovarsi in un altro punto, un fotone emesso da una sorgente laser potrà trovarsi in qualsiasi punto della stanza o persino in un’altra parte del mondo. Tutto ciò che possiamo sapere è che esiste un’elevata probabilità di trovarlo in un punto anziché un altro: ma è solo una probabilità.
Che cosa produce questo misterioso “salto” dal determinismo della fisica classica, a cui nella sua essenza anche la meccanica quantistica sembra obbedire, all’aspetto probabilistico che misuriamo nella realtà? Cosa produce la riduzione, il collasso dello stato quantistico? Hic sunt leones.
Se la stragrande maggioranza della comunità dei fisici che ha a che fare con i fenomeni quantistici non si pone simili domande e preferisce un approccio puramente operativo al problema (“zitto e calcola”, vale a dire che l’importante è che alla fine i calcoli diano i risultati attesi), Penrose rientra in quella minoranza che potremmo definire degli ultimi “filosofi naturali”, a cui non basta conoscere il come, ma che cercano di capire il perché, e soprattutto rispondere alla domanda fondamentale: che cosa è la realtà?
Possiamo invertire la freccia del tempo? La fisica di Tenet | Fantascienza.com
Su Delos 219 un bellissimo articolo di Roberto Paura che indaga le pieghe della fisica quantistica e della Relatività di Einstein per dare una spiegazione possibile al concept che Christopher Nolan ha sviluppato nel suo recente Tenet. Un estratto:
In Tenet viene citato Richard Feynman e la sua ipotesi della causalità inversa. Quando vennero scoperti i positroni, cioè le antiparticelle degli elettroni, l’ipotesi di Feynman, sulla base della simmetria CPT, fu di considerare i positroni come elettroni che si muovono indietro nel tempo. Quest’idea fu esplorata da Feynman insieme al suo mentore John Wheeler nel corso degli anni Cinquanta, con l’obiettivo di elaborare un’alternativa alla teoria quantistica dei campi che si stava sviluppando in quel periodo per coniugare meccanica quantistica a relatività speciale. Nella teoria quantistica dei campi, le particelle sono eccitazioni di un campo e le loro interazioni avvengono all’interno del campo di energia. La loro proposta era di eliminare i campi e interpretare la fisica fondamentale in termini di interazioni dirette tra particelle. Scoprirono però che l’unico modo perché la teoria funzionasse era di immaginare che le particelle possano scambiarsi segnali indietro nel tempo, così da spiegare i processi di interferenza simultanea che si osservano negli esperimenti. A un certo punto Wheeler saltò su con l’idea che la causa di tutto ciò fosse che tutti gli elettroni dell’universo non siano altro che un’unica particella che viaggia continuamente avanti e indietro nel tempo, dando l’impressione che esistano innumerevoli particelle gemelle. La cosa non tornava, osservò Feynman, perché bisognerebbe ipotizzare che esistano tanti positroni quanti sono gli elettroni, cosa smentita dall’osservazione. Oggi sappiamo che esiste un’asimmetria nell’inversione per parità che è responsabile della predominanza di materia sull’antimateria, per cui la teoria di Wheeler non poteva funzionare. Feynman divenne poi uno dei principali teorici dell’elettrodinamica quantistica – la formulazione più solida della teoria quantistica dei quanti – che gli valse il Nobel.
A ogni modo, la causalità inversa di Feynman agisce a livello quantistico, mentre l’entropia è un fenomeno della fisica classica, cioè di quella valida alla nostra scala. Quindi difficilmente questo meccanismo potrebbe essere chiamato in causa per l’inversione dell’entropia. Per comprendere quali altre opzioni abbiamo, dobbiamo comprendere l’origine della freccia del tempo. Il fatto che essa distingua tra passato e futuro impedendo la reversione dei fenomeni avvenuti nel passato si spiega, lo abbiamo detto, col fatto che ogni sistema isolato tende a raggiungere la configurazione più probabile dei suoi microstati. Ma affinché ciò possa avvenire in un sistema chiuso come l’universo, dobbiamo pretendere che l’universo stesso sia nato da uno stato di minima entropia, cosicché la freccia del tempo non si sia mai invertita per tutti i 14,8 miliardi di anni che ci separano dal Big Bang. L’entropia dipende quindi da ragioni cosmologiche e una sua inversione non può che verificarsi su scala cosmologica.
In realtà l’articolo dice molto altro, ve ne consiglio caldamente la lettura affinché possiate capire meglio lo scenario in cui si muove il film di Nolan. Buon divertimento 😉
Presentazione di Matematica Nerd al Covo della Ladra – Emanuele Manco
Come segnalato sul suo sito, Emanuele Manco il 4 giugno alle 18.30, in diretta streaming FB, presenterà al pubblico la sua nuova fatica: Matematica Nerd. Sarà in compagnia di Carmine Treanni, direttore editoriale ed esperto di fantascienza, e Roberto Paura, curatore della collana. Ci vediamo lì?
Matematica Nerd: lavori in corso – Emanuele Manco
Emanuele Manco, sul suo presidio in Rete, dà notizia della sua imminente ripubblicazione – in forma rivista e ampliata – di Matematica Nerd. Vi lascio alle sue note:
Il volume sarà pubblicato in una collana di divulgazione scientifica, Megaverso. Scienza per Tutti, edita da Cento Autori, con la curatela di Roberto Paura.
La nuova versione non sarà la semplice riproposta dell’ebook di due anni fa. Nel frattempo ho recuperato e scritto altro materiale.
L’editing di Roberto mi ha fatto ampliare il materiale, con l’aggiunta di dettagli matematici non presenti sia nel libro originale che negli articoli che raccoglie. Ho inoltre rimaneggiato parecchio quanto ho già scritto e aggiunto materiale inedito. A tutti gli effetti sarà un libro nuovo, che in comune con il precedente ha l’idea di base e il titolo. In effetti il mio nome “in progress” per il libro era Matematica Nerd 2.0.
Non voglio anticipare nulla, ma nei nuovi capitoli del libro, lungo più del doppio rispetto al primo ebook, troverete collegamenti e riferimenti scientifici inaspettati. Persino il sommario e l’organizzazione dei capitoli saranno diversi.
Il deserto del reale e l’inversione tra fatti e finzione | L’INDISCRETO
Su L’indiscreto un articolo di Roberto Paura che indaga alcuni perversi meccanismi che si instaurano tra realtà e fakenews, generando un causa-effetto che si riflette nelle opere cinematografiche in primis, ma soprattutto nella cultura del reale, che si autoinfluenza con suggestioni e complottismi: un’iperrealtà che buca qualsiasi considerazione sulla coscienza di ciò che abbiamo intorno, e dentro. Un estratto:
Ad arrivare è il giorno in cui la fiction esce dal mondo virtuale di Internet ed entra nella realtà. Il giorno in cui la capacità di inventare storie invade il mondo reale e lo trasforma. Il giorno in cui i simulacri teorizzati da Jean Baudrillard trasformano il reale in simulazione. Il sociologo francese aveva già previsto tutto molto tempo fa. In Simulacres et simulation, influente testo apparso per la prima volta nel 1981, Disneyland assurgeva, nel discorso di Baudrillard, a incarnazione dell’iperreale: un posto del mondo reale in cui l’invenzione fittizia ha preso il sopravvento, nella forme di aree a tema come Frontierland, Tomorrowland, Fantasyland, simulacri provenienti dalla fiction (nella fattispecie dalla fiction inventata dagli studi di Walt Disney) che rimpiazzano “appezzamenti” di realtà, sostituendosi ad essi, producendo “simulazioni” nelle quali spendiamo volentieri intere giornate della nostra esistenza. Come nella recente Trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer, in cui un diverso livello di realtà, del tutto alieno, si sostituisce a quello ordinario e familiare, dapprima in un punto preciso del pianeta (la costa di un remoto arcipelago), poi gradualmente minacciando di invadere il mondo intero, operando la sua subdola opera di sostituzione del reale con il suo simulacro. Nell’età iperreale, sostiene Baudrillard, non c’è più spazio per la fiction, ma nemmeno per il reale: queste vecchie categorie hanno ceduto il posto a un mondo nuovo, «i modelli non costituiscono più l’immaginario in relazione al reale, sono essi stessi un’anticipazione del reale». Nel suo libro La stella nera. Magia e potere nell’era di Trump (2017), Gary Lachman analizza le credenze della Chaos magick (termine coniato da Aleister Crowley), una forma di occultismo postmoderno, nei gruppi online che hanno appoggiato l’elezione di Trump. Di fondo, l’idea che è sia possibile operare attraverso la Rete con particolari invenzioni memetiche, per esempio la celebre “Pepe the Frog”, la rana verde antropomorfa diventata un simbolo dell’alt-right americano, per influenzare e modificare la realtà. Alla base c’è la convinzione, tipica del New Thought, che il pensiero positivo possa far avverare i propri desideri, idea diventata vera e propria concezione pseudoscientifica con la “legge di attrazione”. La Chaos magick fa di più: opera su un piano evidentemente virtuale, ma in cui è possibile intervenire in modo fisico (la Rete), con la convinzione che il modello possa anticipare il reale, per usare l’espressione di Baudrillard. Spiega Lachman: «La meme magick ha a che fare con il momento in cui ciò che accade nel cyberspazio produce effetti sul mondo “reale”. Si tratta (…) di un aggiornamento tecno-alfabetizzato dell’antica credenza per la quale ciò che succede nell’immaginazione può avere conseguenze reali. I pensieri sono cose. E anche i meme». La conseguenza è che questo tipo di persone diventa particolarmente sensibile al meccanismo dell’inversione tra fatti e finzione. Opere di fiction vengono prese per reali o per prefigurazioni del reale. Per esempio, il romanzo Il campo dei santi di Jean Raspail, apparso in Francia nel 1973 e ambientato in un vicino futuro in cui l’Europa è invasa da un’intera flotta di disperati provenienti dall’India, che grazie al sostegno di “liberali benpensanti” riescono a insediarsi nel Vecchio Continente mettendolo a ferro e fuoco, diventa una prefigurazione della moderna, presunta invasione di immigrati verso l’Europa, o di quella delle carovane che dall’America Latina muovono verso il confine statunitense, provocando notti insonni nei bianchi conservatori dei villaggi della Bible Belt. In Russia, l’ex viceministro della difesa dell’autoproclamata repubblica popolare di Doneck, in Ucraina, sotto protettorato russo, è uno scrittore di fantascienza, Fyodor Berezin, convinto che la nostra realtà sia una simulazione informatica realizzata all’interno di un buco nero, e che sia possibile, attraverso la fiction, sfruttare i glitch – gli errori di codice – di questa matrix «per spostare i confini della realtà ammissibile». Barkun, del resto, ci aveva avvisato, quando scriveva che il meccanismo di inversione fatti-finzione si basa sul convincimento che «il mondo dei fatti è in realtà una finzione e ciò che sembra finto è in realtà un fatto».
L’ultima frontiera: computer quantistici | Fantascienza.com
Su Fantascienza.com, nell’ambito di Delos204, una disquisizione molto articolata e puntuale di Roberto Paura sullo stato attuale della computazione quantistica. Un estratto:
Il computer quantistico rappresenta l’ultima frontiera, il “Santo Graal” dell’informatica. È una tipologia di computer radicalmente diversa da quelli che utilizziamo normalmente, perché l’informazione che manipola si esprime non in bit ma in qubit. I qubit superano la staticità dei bit, che possono assumere solo due stati, lo 0 e l’1 secondo il codice binario. La meccanica quantistica, che è valida a scale subatomiche, sostiene invece che una particolare proprietà può coesistere in diversi stati nello stesso momento. Per esempio, lo spin di un atomo – il suo “senso di rotazione”, che può essere, per dirla semplicemente, verso destra o verso sinistra – non è definito in maniera precisa a meno che non si effettua una misurazione. Se questa misurazione non viene effettuata, l’atomo possiede allo stesso tempo lo spin destrorso e sinistrorso, cioè una sovrapposizione di stati. È come se il bit fosse al contempo 0 e 1. In questo caso, va da sé, l’elaborazione dell’informazione compie un balzo da gigante, e il numero di operazioni al secondo che può realizzare un computer quantistico è tale da permetterci di realizzare cose fantascientifiche: dalla realizzazione di reti di sicurezza inviolabili grazie a sistemi di criptaggio perfetti alla simulazione di interi universi.
Si parla da anni di computer quantistici ma, per la verità, siamo ancora lontani. Non che non ci si stia lavorando, anzi: i centri di ricerca dedicati unicamente a questo problema sono moltissimi e ben finanziati. Il problema è costituito dalle enormi difficoltà pratiche poste dalla realizzazione di un computer quantistico. Lavorare su scale subatomiche non è semplicissimo, poiché è necessario raggiungere condizioni veramente proibitive – per esempio temperature prossime allo zero assoluto – e soprattutto operare con concetti che i fisici stessi non capiscono perfettamente. Alcuni pensano che un vero computer quantistico sia ancora ben al di là delle nostre conoscenze scientifiche e tecnologiche, e che sia più opportuno concentrarsi su risultati intermedi che permettano comunque di raggiungere alcuni dei risultati promessi dalla computazione quantistica: risolvere problemi impossibili per i nostri computer classici, anche per i supercomputer più potenti del mondo. Con il boson sampling, o “campionamento del bosone”, è possibile realizzare un surrogato di computer quantistico che sfrutta gli ultimi risultati della fotonica evitando i principali problemi finora irrisolti, come quello della decoerenza. I primi prototipi sono stati realizzati nel 2012 da quatto team internazionali.
La sfida di costruire un chip basato sul campionamento bosonico come via intermedia al computer quantistico universale fu lanciata nel 2010 da Scott Aaronson del MIT, che decise di mettere in palio 100mila dollari per chi fosse riuscito a dimostrare l’effettiva irrealizzabilità di un computer quantistico. Aaronson è parte di quella maggioranza di fisici e ingegneri sicura che gli unici problemi che impediscono oggi di avere un simile computer siano di tipo pratico – investimenti, tempo e innovazione tecnologica – e non teorico. A quanto sembra, il risultato raggiunto da questi quattro gruppi di ricerca dimostra che Aaronson è nel giusto e che, se forse ci vorrà tempo per un vero computer quantistico, qualcosa di simile potrà presto diventare finalmente realtà.
Se questo è il mondo pre-singolarità, in cui la guerra si sta sempre più trasferendo negli spazi virtuali di Internet, difficilmente il mondo post-singolarità sarà simile all’utopia sognata dai tecnoentusiasti. I guru della Silicon Valley hanno istituito qualche anno fa la Singularity University, finanziata da tutte le grandi compagnie della new economy, e della NASA, per formare i leader dell’era postumana. Ma il problema più difficile che questi leader di domani dovranno affrontare, se davvero la “promessa” sella singolarità si avvererà, sarà il gap che dividerà la postumanità necessariamente occidentale, concentrata nel Nord del mondo con i resti della vecchia umanità che continueranno ad abitare il Sud del mondo, inesorabilmente tagliato fuori dallo sviluppo tecnologico. E se il prezzo da pagare per godere di quest’evoluzione sarà quello di rendere incolmabili il divario che già oggi spezza il nostro pianeta a metà, non è detto che quello profetizzato dai singolaristi sia davvero il migliore dei mondi possibili.