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Archivio per Roma

Le armature dei Romani (VIII sec. a.C.-XV sec.). Da Romolo a Costantino XI – TRIBUNUS


Su Tribunus un lungo articolo che tratta la foggia e l’evoluzione delle armature romane, da Romolo fino alla caduta di Costantinopoli. Duemila e passa anni di storia bellica vista attraverso le forme di difesa estrema del soldato, rivalutata filosoficamente nel corso dei secoli dalla cultura che ha via via permeato lo Stato romano. L’incipit:

Quando pensiamo alle armature dei soldati romani, il primo pensiero va inevitabilmente alla lorica segmentata, la corazza a piastre metalliche del legionario iconico e, come ripetiamo sempre, spesso molto stereotipato.
Tuttavia, nei loro duemila e più anni di Storia, i Romani hanno in realtà prodotto, acquisito e indossato una gran quantità di tipi di corazze diverse – e la lorica segmentata, a parte non essere stata sempre uguale a se stessa, non è nemmeno la tipologia più utilizzata.
Senza la pretesa di essere esaustivo (sarebbe impossibile parlare, in un solo articolo, di tutte le fonti disponibili sul tema), con questo articolo vedremo una panoramica delle principali tipologie di armature indossate dai soldati romani nel corso dei secoli, dalla fondazione di Roma alla caduta di Costantinopoli.

Ritorna!


Affronti la notte ipnotizzato dalle impressioni che non puoi nemmeno definire come eterne, e senti di essere atteso, soprattutto da te stesso.

Presentazione del “Giorno dell’uragano” di Marco Scarlatti; Roma, 18 maggio | KippleBlog


[Letto su KippleBlog]

Il 18 maggio alle 18.00 a Roma, da Splash in via Eurialo 100, ci sarà la presentazione di Il giorno dell’uragano, romanzo di Marco Scarlatti vincitore del Premio Kipple 2021. L’autore sarà affiancato da Sandro Battisti della Kipple Officina Libraria (qui l’evento FB). Ci vediamo lì?

Nel dedalo della multicittà, le multinazionali ‒ dopo la messa al bando dei sindacati ‒ sono dotate di confraternite con ruoli di supporto spirituale. Demetra, la Custode dell’Umanità Aziendale del colosso della Buna, scompare. Aveva appena scoperto la storia di suo marito, l’avvocato Leofreddi, con Marlena. Luca Colosimo, il Custode dell’Etica della Buna, viene incaricato di creare una giustificazione plausibile all’esterno. È l’inizio di un’indagine che somiglia molto a un viaggio iniziatico, fra terzine di Nostradamus, rivelazioni intime e la scoperta di una confraternita diversa da tutte le altre. Un percorso che porta il protagonista a riflettere sulla vita e su ciò che è diventata nel mondo pericoloso e contraddittorio attuale, un messaggio allarmante su come l’ottica economica delle multinazionali sia diventata il paradigma che ha già soppiantato il potere delle nazioni, e che l’arte religiosa di raccontare favole sia già stata assimilata dal business, diventando narrativa. L’indimenticabile romanzo vincitore del Premio Kipple di un autore che s’impone all’attenzione del pubblico della fantascienza.

“428 dopo Cristo. Storia di un anno” di Giusto Traina – Letture.org


Su Letture.org un’intervista a Giusto Traina, autore di “428 dopo Cristo. Storia di un anno”, un saggio storico che m’intriga molto perché piazzato nell’apice iperbolico del disfacimento romano d’Occidente, un momento su cui oscillava quel mondo prima di cadere definitivamente. Ecco la chiacchierata:

Prof. Giusto Traina, Lei è autore del libro 428 dopo Cristo. Storia di un anno pubblicato da Laterza: qual è l’importanza del 428 dopo Cristo?
Nella storia globale, il concetto di importanza è piuttosto elastico. Scegliere una data insolita come il 428 può stupire, e del resto ha stupito anche molti dei miei colleghi, compresi gli esperti di tardo antico. D’altra parte, anche se nel 428 sono accaduti eventi di un certo interesse, non si tratta esattamente di eventi epocali: l’unico episodio più o meno cruciale, che poi è il punto di partenza del libro, è la caduta di Artashes e la fine del regno della Grande Armenia, documentata solo da fonti locali, e praticamente oscurata dagli altri autori. Più di dieci anni fa (la prima edizione del libro, oggi ristampato in paperback, risale al 2007), l’ottimo redattore che aveva seguito la preparazione del manoscritto si era preoccupato della mia scelta di partire da una realtà marginale come l’Armenia, temendo che il prodotto finale risultasse un libro di nicchia, e trovasse pochi lettori interessati. Per fortuna è andata diversamente.

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I tuoi Lari e Penati


Nel cerchio delle impressioni trovi i ricordi affiliati alle tue ascendenze, che divengono discendenze, che divengono forme ascetiche verso il Nulla senziente dei tuoi Lari e Penati.

stampa alternativa: i millelire al palazzo delle esposizioni (dal 21 aprile) | slowforward


Per chi è a Roma in questo prossimo mese segnalo la mostra dei MilleLire di Stampa Alternativa, pubblicazioni di frontiera per diffondere il messaggio di una cultura alternativa. La locandina contiene tutte le info 🙂 Ci vediamo lì?

Musica e danza nel mondo romano – TRIBUNUS


Su Tribunus un lungo articolo che indaga i dettami e le suggestioni della danza nel mondo romano antico. Un estratto illuminante, che riporta invariabilmente allo sciamanesimo:

La danza ha da sempre caratterizzato l’esistenza dell’uomo, accompagnandolo nei momenti salienti della vita sociale e religiosa. Il corpo è infatti il primo mezzo che l’uomo ha per esprimersi. Nel mondo antico, la pratica della danza, la quale ovviamente è strettamente connessa alla musica, è legata all’universo, e si riteneva che avesse un’origine divina, come un dono degli dèi agli uomini e il mezzo per accostarsi a loro, poiché il ballo e i suoi ritmi producono uno stato alterato di coscienza, atto a elaborare esperienze mistiche ed estatiche, e stabilire una connessione fra il mondo terreno e quello divino.
I primi ludi scaenici sembrerebbero risalire al 365 a.C., quando a seguito di un’epidemia vennero indetti a Roma per propiziare il favore degli dèi. La fonte a cui si può far riferimento è Tito Livio (Ab Urbe Condita, libro VII, 2), il quale spiega anche la derivazione dall’etrusco del termine ister, istrione: “senza nessun canto, senza gesti tesi a imitare mimicamente il canto, dei ballerini fatti arrivare dall’Etruria, danzano al suono dell’aulos, eseguivano movimenti pieni di grazia secondo il modo etrusco. I giovani cominciarono poi a imitarli, scambiandosi nel contempo motteggi in versi volgari e accordando i movimenti alle parole. La novità piacque e si affermò sempre di più. In seguito agli artisti indigenti, poiché il ballerino era chiamato con parola etrusca ister, fu dato il nome di istrioni”.

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DANZA MACABRA Expo | LOBODILATTICE


Aprile sarà un mese caldo per i romani amanti dell’oscurità e dell’horror particolare; prenderà il via, infatti, dal 30 marzo fino al 30 aprile, Danza Macabra, una rassegna che si muoverà dalle suggestioni e riflessioni (anche critiche) mosse da esposizioni come quelle di Gunther von Hagens, alle effervescenze dell’Azionismo Viennese e di pratiche artistiche come quelle di Damien Hirst, ma non tralasciando approfondimenti sulla cultura popolare e il suo imprescindibile legame con il macabro come spazio di discorsi individuali e collettivi, tra folklore, fumetti, mondo del tatuaggio e giochi.

Danza Macabra, inoltre, è uno spazio che non tralascerà di approfondire dialoghi sulla percezione di cosa sia macabro o meno, dal momento che molti elementi della vita di tutti i giorni, se ci soffermiamo ad analizzarli con distacco, sono forse molto più “macabri” di ciò che culturalmente e socialmente siamo portati a percepire come inquietante e disturbante.

La manifestazione è curata da Eleonora D’Agostino, antropologa attiva da tempo in ambito museale e divulgativo, e da Matteo Gabos, artista, grafico e musicista che collabora con varie realtà del panorama romano, è un evento che intende affrontare tutte le sfumature del “macabro”; l’evento è a cura del Crush, Collettiva Arte Visiva, in collaborazione con l’associazione culturale Defrag, che è anche il locale dove si svolgerà l’intera rassegna. L’inquietudine più ironica e il macabro più serioso balleranno insieme al pubblico, tra arte visiva, workshop, musica, conferenze e performance. Presto aggiornamenti, e tra l’altro il 30 aprile – leggete il programma qui – ci sarà una bella sorpresa.

Secondo estratto dal romanzo “Che la terra ti sia lieve”, @L’orlo dell’Impero, DelosDigital


Ecco il secondo estratto da Che la terra ti sia lievequi il primo – mio romanzo collocato nella saga dell’Impero Connettivo ed edito da DelosDigital nell’ambito della collana L’orlo dell’Impero; la cover è di Ksenja Laginja.
L’ebook è disponibile sul DelosStore e sugli altri portali online al prezzo di 3,99€. Buona lettura 🙂

Aureliano montò in macchina, non era nei programmi ma in quel momento, a pensarci bene, farsi un giro per il quartiere gli sembrò una buona idea. Il senso di quella passeggiata motorizzata gli accarezzava l’anima come farebbe un padre col figlio, e alla fine cosa c’era di male se per una volta prendeva l’auto senza meta, per farsi portare dal caso o dai pensieri, dalle energie o da chissà che cosa?
Imboccò il vialone che si apriva fuori dal cancello condominiale; la discesa e le balze lì intorno si coronavano di caseggiati, la vecchia borgata si era data una ripulita e accanto, a poche centinaia di metri, era nato un nuovo quartiere dormitorio dalle pretese piccolo borghesi, in realtà un coacervo di miseria morale cialtrona e ignorante, in cui i comportamenti intolleranti e fascistoidi nemmeno si nascondevano più. Così, si trovò a desiderare di contemplare una natura più vera, meno antropizzata, e se non voleva parcheggiare nei pressi di qualche grande parco – Villa Ada, in fondo, non era così lontana – allora c’era la necessità di spingersi fuori il Raccordo, sapeva già dove.
La Salaria era un serpentone di auto in entrata a Roma, ma lui ne stava uscendo e conosceva abbastanza della zona per sapere quali vie prendere al ritorno senza incappare nel traffico. In breve, la diramazione laterale della via consolare lo portò in un luogo di pace arcaica, e anche se sapeva che storicamente quell’armonia antica era stata, in realtà, la culla di battaglie, soprusi e deliberate oppressioni, si rese anche conto che nessun luogo della Terra poteva essere davvero libero da un bagaglio di crudeltà consumate nel corso dei millenni.
Quel luogo in cui transitava, però, lo sentiva davvero truce.
Chiuso nella sua vettura, guidava sulla stretta carreggiata tra alberi, prati e grandi siepi fiorite; Aureliano si lasciò allora cullare dai pensieri senza imporgli contorni e così il rilassamento della sua mente, la condizione di esule temporaneo dalla sua casa, dalla famiglia e dal lavoro, fu così rilassante che in breve, osservando meglio il panorama in fondo alla valle alluvionale del Tevere, si accorse che il sole stava tramontando proprio in fondo a quella curva, proprio lì dove uno spiazzo erboso poteva permettergli di parcheggiare senza problemi.
“Perché no?”, si domandò, pensando all’opportunità di fare due passi lì, nel luogo bucolico senza tempo, mentre la sera stava prendendo il posto del giorno. Così accostò la macchina sulla piazzola che sembrava fatta apposta per lui, poi spense il motore e scese.
L’aria era frizzante, un certo senso di fresco selvaggio lo avvolse e pure se si era già in primavera da qualche settimana, gli sembrò evidente che dove la natura ha ancora il sopravvento le cose funzionano un po’ diversamente dalle città.
Guardò per terra, per una sorta di istinto. Una banconota da cinque euro era lì, nei pressi dei suoi piedi, accartocciata ma visibile.
“La mia solita fortuna sfacciata per le piccole cose”, pensò Aureliano con un piccolo sorriso sulle labbra, come se non riuscisse a trattenere i segnali di una breve gioia. Raccolse quel piccolo tesoro, “I segnali di qualcosa che interagisce con me ci sono sempre”, gioì ancora poi si fermò, i suoi occhi quasi si chiusero nel fissare un punto vago del terreno, a mezz’altezza, mentre era preda di una riflessione misticheggiante: il tramonto avanzava, e nel frattempo Aureliano cadenzava piccoli passi verso una profondità che aspirava a divenire trascendenza, annotandosi mnemonicamente i sintomi e i segnali di una realtà che appariva diversa da quella che lui e l’umanità, e le faccende da sbrigare in ufficio e la televisione, sembravano considerare vere.
Guardò le siepi, i loro movimenti impercettibili e ondivaghi che obbedivano alla ormai fredda brezza del crepuscolo, e si appoggiò al parafango anteriore dell’auto, ammirando il panorama con qualcosa di simile a un terzo occhio, che rare volte gli si apriva ai misteri del mondo.
“Chissà chi li ha persi quei soldi?” si chiese, mentre stava per rientrare in auto. Si fermò e visualizzò nella sua fantasia un’altra persona che si era fermata lì in precedenza, “Aveva parcheggiato qui anche lui, ma perché?”, e poi si chiese se questi avesse davvero voluto lasciare un segnale, come un semino nel vuoto per concimare qualcosa alla pari di chi, facendo book crossing, cerca di far fecondare idee e cultura lì dove non potrebbero arrivare diversamente.
Mise in moto poco dopo, mentre sull’orizzonte il cielo era già diventato buio. Sentì in tasca quella banconota vibrare di una sensazione, sembrava una suscettibilità che lo prendeva in ostaggio per non lasciarlo andare mai più. “Non si perdono cinque euro, lì, per caso: quei soldi dovevano arrivare proprio a me”, continuò a riflettere. Per analogia sfilarono allora nella sua fantasia sovraeccitata una quantità di complotti mondiali, di cui la metà sarebbe bastata per tenerlo sveglio tutta la notte, in una tensione che è genitrice di ogni paranoia.

Quarta: Aureliano De Magistris lavora nella sede romana di una multinazionale americana, i ritmi serrati di produzione non gli permettono di coltivare la sua vena creativa e così il tedio s’insinua nel suo matrimonio che arranca, mentre l’età avanza.
Su un altro piano di realtà, il sovradimensionale Impero Connettivo sopravvive tra le rovine celate di Roma ed è consapevole del marcio che serpeggia nella globalizzazione del 2018, in grado di strangolare le sparute opposizioni al Mercato e al Business: come si legano gli aspetti di un anonimo presente con alcuni ragazzi e la loro cruenta rivolta nata in un prossimo futuro, mentre fuggono attraverso il passato? Può un cortocircuito spaziotemporale influenzare positivamente l’umanità?
Roma appare a chi la sa riconoscere come una città eterna e strana, in cui sopravvivono i Genius loci del passato.

Primo estratto dal romanzo “Che la terra ti sia lieve”, @L’orlo dell’Impero, DelosDigital


Pubblico qui sotto un primo estratto da Che la terra ti sia lieve, mio romanzo collocato nella saga dell’Impero Connettivo ed edito da DelosDigital nell’ambito della collana L’orlo dell’Impero; la cover è di Ksenja Laginja.
L’ebook è disponibile sul DelosStore e sugli altri portali online al prezzo di 3,99€. Buona lettura 🙂

Bill, Tunes & working. BTW, abbreviato. Questo era il nome dell’azienda per cui Aureliano lavorava. Una multinazionale estera, in altre parole.
Richard Bill e Carl Tunes avevano fondato a Tusla, negli States di fine anni ’60, quella che era una piccola azienda, la Bill&Tunes, che allora si occupava unicamente di edilizia – concrete jungle era il loro motto. Avevano entrambi, però, obiettivi più elevati del loro piccolo orizzonte provinciale e così si diedero talmente tanto da fare da diventare, per l’area in cui operavano, il prototipo della piccola azienda che voleva crescere, svilupparsi talmente tanto da divenire davvero importante. Senza che lo sapessero, Richard Bill e Carl Tunes aspiravano a diventare una multinazionale e così, affinando i modelli affaristici, arrivarono a capire che era necessaria una diversificazione del loro business, così da coprire il più possibile tutte le attività del profitto; per quel motivo, identificarono altre aree in cui potevano operare, sempre più spesso incongruenti tra loro. Perciò la BTW, già da quando Aureliano era entrato a far parte dell’organico, si occupava di molte altre faccende: dall’editoria elettronica all’organizzazione di trasporti e traslochi, dal reperimento di legname nelle foreste del Nord fino ai finanziamenti e al recupero crediti in molte aree metropolitane e rurali degli States, mostrando ovunque la stessa adattabilità vincente che li aveva portati a essere tra i leader del core business degli inizi.

La BTW a Roma aveva una sede prestigiosa nel quartiere Parioli; nella zona c’era un’aria che sapeva di alta borghesia e, per strane vie emozionali, rimandava all’epoca arcaica del Mito in cui Roma era nata e odorava ancora di fasti imperiali: di fronte all’ingresso della sede c’era l’accesso a un parco che non era altro ciò che era rimasto dell’antico bosco sacro, che nell’antica Roma corrispondeva a una vasta area silvestre e votiva, periferica alla Via Lata.
Aureliano ricordava assai bene le piccole avventure che aveva vissuto nello stabile e soprattutto nei luoghi lì intorno, a cominciare proprio dal parco prospicente dove, più volte, gli era capitato di avere sperimentato fantasie fatate assai vicine ai culti antichissimi delle ninfe romane, entità che Aureliano era sicuro possedessero ancora un’energia e un’aura irresistibile e che, non poteva negarlo, gli ispiravano una sentimento di sottomissione, come quello che una volta gli capitò di avvertire nella vicina stazione ferroviaria dove, rabbrividiva nel ripensarci, una fonte acquifera proveniente dal vicino Tevere lo aveva reso così sensibile da percepire le fontane della ninfa Anna Perenna, che il giorno delle Idi di Marzo dispensava agli antichi Romani licenziosità del capodanno.
Al limitare del piccolo bosco sacro, ogni cosa poteva accadere: i piccoli messaggeri della ninfa, cioè gli scoiattoli, scorrazzavano per tutto il parco sfiorando Aureliano coi loro passi melliflui, portandogli piccoli segnali di un carattere che sembrava divino, per fargli capire cosa? Aveva delle sue teorie, ma sapeva bene che potevano essere soltanto delle forti suggestioni, e non avrebbe davvero saputo sostenere quella rivelazione con alcun interlocutore, “A meno di non trovarmi davanti qualcuno pazzo più di me”, aggiungeva tutte le volte alle sue valutazioni. Quelle suggestioni eteriche, in quel periodo particolarmente tormentato della sua esistenza, erano la sua stessa vita. Il territorio del parco diveniva allora la sua Terra di Mezzo, dove un intreccio a più dimensioni tra passato arcaico, antichità e modernità dominata da una ridda di energie ancora tutte da scoprire, sembrava dar vita a un unicum parecchio strano, in cui alcune morfologie psichiche si rispecchiavano nella vita professionale che si svolgeva all’interno della BTW.
Certo, non si spingeva ad asserire che i vertici della BTW fossero degli adepti a qualche culto lunare o adoratori di celle dormienti di un Grande Male, ancora da disvelare al mondo, però il sommare ogni considerazione a metà tra lo storico, il mistico e la strana concretezza di un business talmente malato da apparire come occulto, lo portava più volte a definire una sua linea ascetica dove il Male assurgeva ai vertici di una piramide decisionale e sotto cui soggiaceva tutta l’umanità, ignara e felice di esserne inconsapevole.
Pensava spesso ai dirigenti della sede romana BTW. “Artemio ha un incedere allampanato che mi ricorda Antonin Artaud quando, scientemente, evocava l’oscuro; Gioia invece sembra amministrare placidamente la sede con sapienza, ma è come se non vedesse l’immenso gorgo nero che ci sorveglia sotto i nostri piedi, mentre Claudio (che nome nobile!, davvero sprecato per la vita che fa) lo vedo giocare continuamente col fuoco dei Grandi Antichi, maneggiando affari che appaiono con un volto amico: lui pensa di condurre il gioco e invece ne viene assorbito, disgregato, mangiato da quelle energie tutt’altro che umane”.

Quarta: Aureliano De Magistris lavora nella sede romana di una multinazionale americana, i ritmi serrati di produzione non gli permettono di coltivare la sua vena creativa e così il tedio s’insinua nel suo matrimonio che arranca, mentre l’età avanza.
Su un altro piano di realtà, il sovradimensionale Impero Connettivo sopravvive tra le rovine celate di Roma ed è consapevole del marcio che serpeggia nella globalizzazione del 2018, in grado di strangolare le sparute opposizioni al Mercato e al Business: come si legano gli aspetti di un anonimo presente con alcuni ragazzi e la loro cruenta rivolta nata in un prossimo futuro, mentre fuggono attraverso il passato? Può un cortocircuito spaziotemporale influenzare positivamente l’umanità?
Roma appare a chi la sa riconoscere come una città eterna e strana, in cui sopravvivono i Genius loci del passato.

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