Su Fantascienza.com l’editoriale del numero 253 di Delos, scritto da Carmine Treanni, che con profonda lucidità analizza il momento storico globalizzato in cui siamo calati, dal punto di vista del mercato, delle policy neoliberiste, delle deregolamentazioni di ogni tutela. Un estratto:
Analizzando le attuali trasformazioni del capitalismo, in particolare il passaggio dal paradigma fordista a quello postfordista, non si può prescindere dal fenomeno della globalizzazione e dalle molteplici implicazioni che ne derivano e che investono tutti gli aspetti dell’esperienza umana. Il processo globale, infatti, è caratterizzato da tendenze contrapposte, da forze che spingono verso una omogeneizzazione economica, sociale, politica e culturale, e da forze che esaltano la dimensione locale e le radici comunitarie, talora in contrapposizione all’appiattimento imposto dalla mondializzazione e dai paesi che ne sono leader e talora in funzione della espansione della stessa globalizzazione. Ma che cosa s’intende con la parola globalizzazione? Con questo termine si intende, in primo luogo, quel fenomeno economico caratterizzato dalla formazione di un mercato finanziario globale.
Alla base di questo fenomeno economico c’è l’enorme aumento su scala mondiale degli scambi finanziari, che – nel corso degli ultimi quarant’anni – è stato reso possibile dallo sviluppo delle tecnologie informatiche e della comunicazione. Ciò ha permesso alla finanza di essere sempre più slegata dal sistema della produzione. La globalizzazione interessa anche piani ben più materiali di quello finanziario, quale, in primis, quello lavorativo. Le grandi multinazionali sono, nell’immaginario collettivo, il vessillo della globalizzazione: queste grandi aziende, che superano le barriere delle distanze grazie ai mezzi tecnologici (Internet) e al progresso avvenuto nel campo dei trasporti, hanno creato un mercato globale sia tra le loro stesse filiali sia tra i vari gruppi, influenzando le filosofie di governo statali e lo stile di vita del singolo cittadino. Quest’ultimo è inoltre molto condizionato dalla delocalizzazione del lavoro che le multinazionali attuano verso quegli stati dove la manodopera costa meno, creando concorrenza e, complementarmente, in certi campi, disoccupazione nei paesi Occidentali.
Lascia un commento