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Archivio per Maggio, 2017

Le ceneri della memoria – Carmilla on line


Su CarmillaOnLine un sentito ricordo, che parte dal libro di Luigi Botta, Le ceneri della memoria, dedicato a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

È una storia intima, di famiglie non necessariamente proletarie, ma che dalla fatica del lavoro quotidiano traevano sostentamento e rispettabilità, catapultate loro malgrado in una vicenda più grande e, per molti versi, così lontana dal loro immaginario. Da questo punto vista, piuttosto preziosa, anche per il valore di documento memoriale che assume, è l’introduzione al volume di Giovanni Vanzetti, nipote di Bartolomeo. Siamo qui proiettati in un dramma confidenziale, che irrompe in una famiglia mite e serena, cattolica e laboriosa, coinvolta in un destino che non aveva scelto ma che, con dignitoso contegno, non ha mai smesso di ricercare la verità sulla triste vicenda, caparbiamente determinata a trasformare un fatto privato in un discorso pubblico. È proprio ai familiari di Vanzetti che si deve la conservazione delle lettere (poi versate nei fondi dell’Istituto Storico di Cuneo), così come l’istituzione di borse di studio e di aule scolastiche attrezzate, intitolate alla memoria di Bart; una famiglia che, assai distante dal sovversivismo libertario, nel corso degli anni ha ospitato anarchici e solidali, studiosi e giornalisti, che arrivavano nel paesino di Villafalletto per conoscere i dettagli di quanto avvenne oltreoceano.
Al tempo stesso, il volume di Botta ci proietta nel mondo dell’emigrazione d’inizio secolo scorso, nelle sue tensioni e le sue speranze. È in questo ambiente sociale che i due protagonisti si immergono nel proletariato profondo e cosmopolita statunitense, legandosi e alimentando quella fitta rete informale e transnazionale che ha caratterizzato l’anarchismo italiano tra l’Ottocento e il Novecento. È il mondo di «Cronaca Sovversiva» di Luigi Galleani, di quegli anarchici antiorganizzatori che non disdegnano di far saltare Wall Street come di superare i confini a sud e partecipare, armi alla mano, alla rivoluzione messicana o di organizzare scioperi o, ancora, dare vita ad ambiti di studio e autoeducazione.
Un sovversivismo che dové fare i conti con la Red scare, l’involuzione autoritaria degli Stati Uniti d’America che, a partire dal 1917, vide i governi stelle e strisce covare un timore spasmodico nei confronti dell’iniziativa delle classi subalterne. Furono anni di repressione brutale, indiscriminata, di cui Sacco e Vanzetti furono due tra le tante, troppe, vittime. Il procedimento penale che li coinvolse fu infatti l’espressione di una debolezza profonda della democrazia americana così poco abituata a mediare la conflittualità sociale. Le vicende sono note: accusati di una rapina finita male, vennero coinvolti in un processo farsesco in cui, per esempio, il primo avvocato assunto dalla difesa era in realtà un collaboratore della parte d’accusa; i testimoni a loro favore furono maltrattati e denigrati, in buona sostanza non creduti. Insomma, i due anarchici venivano puniti non tanto per il fatto addebitatogli, ma perché sovversivi, rappresentanti di quel proletariato immigrato meno disponibile a chinare la testa. Il modo in cui si muore qualifica spesso la vita che si è vissuta e, fino all’ultimo, Sacco e Vanzetti tennero fede alle loro idee. Lo Stato americano mostrò invece tutte le sue paure, facendo presidiare militarmente il penitenziario, sciogliendo violentemente i comizi di solidarietà, rifiutando ogni supplica da parte dei parenti, vietando l’esposizione delle ceneri, ostacolando e provocando in ogni modo anche lo svolgimento del corteo funebre, del quale fece bruciare le pellicole così da evitare che si potesse tramandare la memoria di quell’indimenticabile manifestazione di massa (alcune fonti parlano di quasi mezzo milione di partecipanti) che accompagnò i feretri per un ultimo saluto. Ed è proprio il filmato del funerale che viene finalmente restituito nel dvd allegato al volume (su concessione della Sacco & Vanzetti Commemoration Society di Boston), descritto fotogramma dopo fotogramma dall’intervento di Jerry Kaplan, mentre Bob D’Attilio ne ripercorre il tortuoso recupero.

Le parole del Nulla


Le volute di fumo espanso si abbarbicano sulla mia pelle, mostrandomi le parole olografiche del Nulla senziente.

Ager Sonus – Discoveries


Le imposizioni occulte del tempo andato si ripercuotono, seguendo contorti cunicoli temporali, nella tua psiche obnubilata.

Agente segreto al servizio di sua Maestà | SherlockMagazine


Su SherlockMagazine un bel post per ricordare Roger Moore, scomparso pochi giorni fa e che ho adorato per la sua bellissima ironia, Attenti a quei due su tutto. Grazie per tutto il pesce…

La carriera di Moore non si limitò al ruolo di agente segreto: a renderlo inizialmente famoso fu la serie televisiva Il Santo, realizzata negli anni Sessanta, nella quale l’attore interpretava la parte del ladro gentiluomo Simon Templar. Nella serie Attenti a quei due invece troviamo Moore nei panni del raffinato inglese Lord Brett Sinclair, amico-nemico del milionario statunitense Danny Wilde (Tony Curtis). Ma nel curriculum di Moore trovano posto anche ruoli impegnati, come in L’uomo che uccise se stesso, un thriller psicologico del 1970.

Da non trascurare è poi l’impegno dell’attore come Ambasciatore Umanitario per conto dell’Unicef, ruolo che assunse dal 1990 facendosi anche promotore di diverse campagne di sensibilizzazione. È nota anche la sua partecipazione alla campagna animalista contro la produzione di foie gras, ottenuto dal fegato delle oche sottoposte a un’alimentazione forzata che le conduce ad ammalarsi di steatosi epatica. L’iniziativa, soprattutto grazie al carisma di Moore, ottenne una tale risonanza, che la catena di grandi magazzini Selfridges dovette eliminare il prodotto dalla vendita.

Gathering


Forme essenziali di oscurità feroce.

A un passo dall’Assoluto


Mi sembri appesa su un ricordo evanescente che solletica la notte, la noia, quantità indefinita di fermenti interiori, fino a giungere alla perfezione estatica del Nulla senziente.

Abissi olografici


Completo quest’emanazione in un compendio di eminenze strane, giochi distanti retti da ideologie aliene al limite del disincarnato, ed ecco infine gli abissi prendere forme olografiche.

Una Tomba per gli alieni: Appena prima di sanguinare – Palude, Estratto


L’essenza oscura e psichicamente orrorifica del BDSM. Ce la racconta Uduvicio “LeoBulero” Atanagi.

Quando mio padre mi frusta io guardo l’orizzonte e all’orizzonte vedo Palude intera che si prostra ai nostri piedi. La frusta è un oggetto unico, speciale, mentre mi colpisce, mi chiedo chi l’abbia immaginata e a quale forza, a quale idea abbia attinto per pensarla. Quale fonte di idee può nascondere la frusta, in quali profondità la mente deve scendere per pensare questo schiocco sublime, il sibilo dell’aria che viene tranciata come carne, il dolore improvviso, l’impatto, il fuoco, l’arrossarsi lento del sangue come succo dell’anima che lentamente sale in superficie bagnandosi contro l’aria fredda.

È un insieme di sensazioni, un dolore perfetto, la pelle si prepara a ricevere il colpo, a volte basta il suono, il semplice suono a farti vibrare tutto il corpo dai denti alle palle. E allora mi chiedo chi l’ha immaginata? Dove? In quale sogno perverso e senza luce è stata afferrata quella forma, quell’utilizzo. E quale Dio può governare un mondo dove l’uomo si immerge negli abissi dell’intelletto e ne esce fuori grondante sangue con in mano una frusta schioccante?

IOKOI – Liquefy | Neural


[Letto su Neural]

Sotto le insegne della -ous, etichetta che dalla techno spazia fino all’experimental pop, IOKOI, artista e producer svizzero-italiana, esordisce su formato esteso con Liquefy, un album comprensivo di dieci original version, pregne d’una elettronica molto raffinata, stilizzata e glamour, sempre tesa nelle atmosfere, che s’imprimono anche cinematiche e assai futuribili. IOKOI – tanto si deduce dal video imbastito su “Body/Head” e dalle interviste nelle quali l’artista parla di questa sua esperienza – è assai ispirata dalla sfera immateriale, forgiata nell’utilizzo di nuovi media e dalle infinite connessioni tipiche di quest’era digitale. “È come se la nostra vita virtuale fosse più intensa” dice IOKOI e questo, si direbbe, costituisse un limite nella realtà fisica, invece di spalancare tout court nuove dimensioni. Naturalmente questo riferimento all’immaterialità non è solo puramente ideale, ma permea gran parte degli immaginari dell’artista, che a questo proposito non smette di sottolineare quanto audio e visual siano ugualmente importanti nella sua produzione e quanto l’uno senza l’altro non avrebbero ragione d’esistere. Se sul versante dell’impatto stringente fra musica e immagini può venirci in mente un artista come Huoratron (XXVI Crimes Of Love), musicalmente i riferimenti sono più nella stagione del trip-hop sperimentale e nelle esperienze delle avant-garde chanteuse (la cui storia si dipana da Laurie Anderson a Björk). L’hypercyberrealism di IOKOI, insomma, è l’ennesima versione di una fascinazione per elementi estetici, oramai perfettamente integrati fra loro in uno styling definitivo che non si preoccupa più di alcuna funzione, frutto di una sovrabbondanza di segni, teorie, informazioni e immagini. L’ascolto è assai gradevole e la voce – quasi sempre parecchio filtrata – scorre suggestiva, delicata ed evocatrice, in associazione con l’artwork di Mathieu Missiaen, più raggelante e ispido, sebbene altrettanto stilizzato. Fra questi estremi, cercando un acrobatico equilibrio fra i temi affrontati – i tremolanti riferimenti alla contemporaneità e una piacevolezza pop – scorre l’intero album, imprimendosi nelle nostre sinapsi secondo modalità comunque assai impressive e dolcemente maniacali.

Il demone di carta, la letteratura di genere in Italia e il futuro: intervista a Luigi Milani | KippleBlog


Bella intervista a Luigi Milani, recentemente tornato effettivo all’interno di KippleOfficinaLibraria; l’argomento, però, è la sua produzione letteraria. Eccovi n estratto da KippleBlog, a cura di Roberto Bommarito.

Di cosa parla «Il demone di carta»?

LM: Una storia d’amore finita male getta il giovane protagonista, tecnico in uno studio d’animazione, nella disperazione più nera: entrato in contatto con un famoso fumettista, si lascia coinvolgere nei deliri di quest’ultimo, convinto assertore della reale esistenza dei suoi terribili universi a fumetti. E chissà che le cose non stiano davvero come sostiene l’artista…

Come nasce l’idea del racconto?

LM: Difficile identificare l’idea di partenza. Direi però che sono stato certamente influenzato dalla lettura del Dylan Dog di Tiziano Sclavi e anche della novella «Doppio sogno» di Arthur Schnitzler. Ma direi che, riferimenti a parte, a volte è difficile resistere all’impulso di scrivere, e ti ritrovi nella condizione di dover quasi obbedire a un’urgenza interiore insopprimibile. Non a caso la prima stesura del racconto è stata scritta di getto, in una sola sessione di lavoro.

Tre aggettivi per descrivere «Il demone di carta».

LM: Inquietante, avvincente, divertente.

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