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Holy Similaun – Radicor al flort, espert on’ill il erb, aor Raetia | Neural
[Letto su Neural]
Con un brano sul lato A di poco meno che undici minuti (“Radicor al flort, espert” ) e un altro sul lato B di otto minuti e mezzo (“on’ill il erb, aor Raetia”) la definizione di long playing forse non è totalmente calzante, soprattutto se poi il numero di giri al minuto è di 45 e non di 33. Eppure – a certe latitudini stilistiche – è il meno che possa capitare: la natura dei progetti e l’ispirazione combinatoria permette questa e ben altre libertà. Holy Similaun, che in realtà è un artista italiano, lo sa bene e dopo tre album all’attivo dal 2018 ad oggi continua sempre con strategici ma obliqui spostamenti stilistici, che includono industrial ed experimental, glitch e dark ambient, noise ed abstract, arrivando adesso a melodie eccentriche, fitte distorsioni e ancora muri di rumore. Ad accompagnarlo c’è di nuovo – dopo la partecipazione al precedente Arcaskathel – Micol Belletti, aka Archipel, alle voci, oltre ad aver anche scritto i testi, coadiuvati da rouge-ah all’arpa, con interventi sempre misurati ma allo stesso tempo lirici. Il linguaggio utilizzato non è esplicabile e nemmeno riconducibile ad una lingua precisa: è pura necessità, un costrutto sensoriale apparentabile alla scrittura senza uno specifico contenuto semantico. Del versante dark ambient rimangono le atmosfere oniriche, cupe e distaccate, una certa sospensione che collega episodi differenti e le dolci litanie di Archipel, anche se adesso le dissonanze sono più urgenti e anche il montaggio si è fatto più astratto e decostruito, potendosi avvalere anche del gran lavoro fatto da Giovanni Lami nell’amalgamare le parti vocali, decisive in entrambe le due composizioni, nelle quali comunque serpeggia un certo senso di nostalgia, che sembra diventato il sentimento dal quale la musica della post-contemporaneità non può più svincolarsi, marcando i territori d’una ibridazione sempre problematica fra corpi e tecnologie. Le due composizioni sono allucinate e appassionanti, masterizzate allo stato dell’arte da Giuseppe Ielasi, uno specialista di altissimo livello nella post-produzione audio, musicista d’area sperimentale e compositore a sua volta, anch’egli avvezzo da tempo a progetti collaborativi e scambi d’energie concettuali che qui evidentemente si sono combinate in maniera eccentrica e feconda, dando la giusta densità e coerenza al tutto.
Maximum Black – GeNeTiC SinapSyS v3.3
Oblio posta un’altra proposta musicale delle sue, assai conturbante nella decadenza psichica e abissale connaturata a quei suoni: Bohren & der Club of Gore, Maximum Black; jazz acido, dark ambient, jazz ambient, un misto di qualcosa che prima non c’era.
The Orb and David Gilmour – Flat Side: Seamlessly Martian Spheres Of ref…
Attraverso i campi delle ridefinizioni mentali.
▶︎ Winter Solstice 2023: A Winter-Light Mix | Winter-Light
Per festeggiare le vibrazioni solstiziali ancora nell’aria, fino alla complessa estinzione di esse.
Yannis Kyriakides – Amiandos | Neural
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Che l’asbesto fosse usato dagli antichi romani per avvolgere i cadaveri prima di cremarli, allo scopo di ottenere delle ceneri dall’aspetto più sottile e biancastro, forse non è cosa di dominio pubblico. Quello che è invece notorio è come milioni di persone abbiano sofferto e siano morte a causa dei tumori causati dall’inalazione delle sottili fibre della roccia, estratta e poi utilizzata per scopi industriali. L’amianto, purtroppo, continua a essere oggetto di profitto in molte parti del mondo, seppure in gran numero le miniere siano state dichiarate nocive e assolutamente non più in grado di rimanere operanti. Fra le miniere di asbesto messe in sicurezza e in parte diventate un sito museale quella di Amiandos, nei monti Troodos a Cipro, luogo di nascita del padre di Yannis Kyriakides, è una delle più interessanti e ha ispirato per uno specifico progetto il sound artista, che nei sette pezzi di questo album si riferisce direttamente ad alcuni filoni della storia di quel luogo. Come spesso nei lavori del maestro cipriota, oramai residente in Olanda dagli anni novanta, le citazioni letterarie si sovrappongono ai ricordi personali e ai suoni. È il caso del primo pezzo, “Side of the Mountain”, che fa menzione esplicita di un testo di Lawrence Durrell dal suo libro Bitter Lemons. C’è un paragrafo, in particolare, in cui Durrell ricorda di aver visitato la miniera, che gli apparve come un luogo dall’atmosfera soprannaturale e con una natura “violentata”. Sensazioni che sono rese perfettamente grazie ai trattamenti vocali alquanto sintetici e alla rarefazione dei suoni, che sono millimetricamente risucchiati come in un vortice di virtuale energia. Più nostalgico e intriso di passaggi cameristici è il successivo “Thin Dust”, esemplificativo di quella che è la cifra stilistica di Kyriakides, della sua capacità nel fondere musica classica ed elettronica, tradizione elettroacustica e sonorità glitch. “Cottonstone” vanta invece un approccio estremamente futuribile, più aggressivo e noisy, mentre con “A Ghost of Spring” si ritorna nel novero di elaborazioni più scarne e concettuali, realizzate con frammenti di registrazioni d’archivio e trattamenti ambientali. Anche in “Empire within an Empire” fanno capolino registrazioni d’epoca e nel successivo “Enaerios” addirittura brevi parti di musiche greche commerciali anni cinquanta. L’ultimo brano, “A Secret Lake/ A Million Voices”, allude infine allo stato attuale della miniera, alle valenze guaritrici della natura e ai possibili segreti che ogni luogo così particolare può racchiudere.
Planet Supreme – Shadows Ablaze [Analog Space Ambient]
Rincorrere se stessi, alla ricerca della propria assistenza.
Duplex Ride @ Lazzaro “Pixel an at Exhibition”/ 24-28.05.2023 | Duplex Ride
Chi è a Genova la prossima settimana può godere di queste avanguardie espressive, tra musica, arte e installazioni visive. Fateci un salto, non ve ne pentirete 😉
In corrispondenza con la Genova BeDesign Week, il Comune di Genova organizza “PIXEL AT AN EXHIBITION,” una selezionata produzione nazionale e internazionale di opere NFT (Non Fungible Token).
Per tutta la durata della manifestazione, Lazzaro – Galleria d’Arte Contemporanea accoglierà “NON FUNGIBLE CHOC!”, un allestimento di soli video con proiezione di opere internazionali statiche. Durante le serate presso LAZZARO – Galleria d’Arte Contemporanea.
DUPLEX RIDE propone quattro live set di elettronica – ambient
Mercoledì 24 maggio :
FLUDD (Marco Cacciamani) – Minimal / AmbientGiovedì 25 maggio :
ASPERA PROJECT (Stefano Roffo) – LoungeVenerdì 26 maggio :
GEDRON (Gerardo Fornaro) – Space /DroneSabato 27 maggio : JAGOLABORATORIUM
(Claudio Ferrari + Alessandro Bona) – Creative ElectronicsTutte le serate di sonorizzazione avranno inizio alle 21.
Haptic – Ladder of Shadows | Neural
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Gli Haptic, ovvero Steven Hess, Joseph Clayton Mills e Adam Sonderberg, sperimentatori instancabili alla loro quindicesima prova insieme, con ben otto album in carriera, sono avvezzi nell’esplorazione di zone di confine molto sfumate, incerte fra composizione ed improvvisazione, vantando concerti, installazioni site-specific, residenze e perfomance che comprendono una vasta gamma di collaborazioni, oltre ad attraversare approcci stilistici alquanto differenti. Individualmente, i membri del gruppo hanno registrato per una moltitudine di etichette, tra cui Editions Mego, Relapse, Touch, Thrill Jockey, Kranky e Another Timbre, tra le altre. In questo nuovo progetto, Ladder of Shadows, edito per la 901 Editions di Fabio Perletta, rilascio che è composto da tre distinte composizioni, due che vanno oltre gli undici minuti e un’altra di oltre diciannove, sostanziale è anche la partecipazione di Olivia Block all’organo nella prima traccia e di Salvatore Dellaria ai synth analogici in tutte e tre le incisioni. “We Too Just“ c’introduce subito a una sorta di delicatezza delle trame, che non sono propriamente quietiste pur fra scampanellii e un piano onnipresente, dilatato nei tempi e accompagnato da un flusso incantatorio e ripetitivo. Nella successiva “Once”, la struttura portante del brano è sostanzialmente d’impronta drone-ambient, con frequenze arrovellate su se stesse e feedback ipnotici altrettanto sinuosi e ammalianti. Si chiude con “And Never Again”, con un piano ancora a scandire pause e tempi assai stratificati e meditativi, con synth dalla grana più reticolare, quasi rumori d’insetti e lamentii metallici, persistenti e in contrasto all’instabile ed ellittico flusso melodico. L’effetto è decisamente avvolgente, le spirali e le molte pulsazioni non danno punti di riferimento, risucchiando l’ascoltatore in un vortice lento ma fatale. L’album è stato registrato in un’unica sessione, seppure poi quei suoni sono stati – con la dovuta cura e precisione – manipolati e assemblati, procedimento che è abbastanza usuale per il trio, con Steven Hess e Adam Sonderberg che suonano nel loro studio a Chicago e Joseph Clayton Mills a Tempe, in Arizona, a migliaia di miglia di distanza. Notevole come sempre per 901 Editions anche il packaging dell’uscita che vede ancora il Mote Studio all’opera, abile nello sfornare un elegante e ispirato 6 panel digisleeve.