HyperHouse

NeXT Hyper Obscure

Archivio per novembre, 2017

Bugie


Ricordo di essere sceso negli inferi e di averne riportato il sapore, l’odore, la sensazione di qualcosa d’incarnato. E di bugie ben dette, sistematiche, persistenti. Un vomito…

Intervista per LucaniArt Magazine | MicheleNigro


Un’altra intervista a Michele “DottoreInNiente” Nigro, segnalata sul suo blog. Un estratto:

Una seconda cosa che mi incuriosisce è la mutazione nello stile, nel modo di scrivere e nelle tematiche affrontate. Ossia il tuo linguaggio si è fatto più scarno, senza tanti orpelli. Si è affilato come una lancia pronta a colpire. Chi vorresti colpire e come mai?

Sì, hai ragione e ti assicuro che vorrei scarnificarlo ancora di più, ma per ora va bene così. Come accennavo nella precedente risposta, e come tu m’insegni, il poeta non è un essere fortunato raggiunto sulla terra da un raggio di luce miracolistico in conseguenza del quale comincia a verseggiare, ma è il protagonista (nella maggior parte dei casi inconsapevole) della propria evoluzione neurolinguistica, frutto del tempo, delle esperienze, delle continue sollecitazioni genetiche e fenomeniche, delle letture, dell’addensarsi della conoscenza o, meglio, della non conoscenza… Protagonista umano, biologico, mortale, anche se nel fare poesia rivela il suo lato laicamente “divino”. Non so se ho trovato uno stile mio, o se un domani sarà lo stile a trovare me: di sicuro so che non cerco nulla, non desidero niente, non aderisco a un manifesto, non costringo la materia a una scuola o a una forma, non c’è uno sforzo logico (almeno nella fase preliminare, “sporca”, del poetare) ma aspetto, ascolto, soprattutto mi ascolto, annoto nel silenzio tutto quello che l’anima mi suggerisce di conservare perché sa che ne vale la pena. Quando il verso funziona e soddisfa il tuo ritmo interiore, lo senti; anche se in seguito non piacerà al lettore. Sono contento che si noti questa “affilatura” ma ti assicuro che, volendo fare un paragone tra le poesie della raccolta e quelle pubblicate successivamente sul mio blog “Nigricante”, trovo queste ultime molto più scarne e affilate, più aderenti al mio status neurolinguistico attuale: segno che l’evoluzione, verso un’affilatura che si assesti intorno a uno stile tutto mio, è in atto. Ma la strada è lunga…

Le tematiche sono quelle tipiche dell’esistenza: l’amore, la morte, la solitudine, la condizione sociale, la sensualità, il passato che spinge per farsi ricordare, la spiritualità, la natura, la musica… Come dice Brunori Sas in un suo brano: “… Canzoni che parlano d’amore / perché alla fine, dai, di che altro vuoi parlare?…” E si parla d’amore anche quando non lo si nomina e sembra che il tema della poesia sia un altro. Amore in senso lato, sotto varie forme. Chi voglio colpire? Nessuno, te l’assicuro: spesso dietro un j’accuse o una sentenza disperata si nasconde l’esigenza di ricordare a se stessi le cose che contano e di confermare quella piccola sapienza privata creata da eventi non storici. Non pretendo di trascinare anime, di convincere, perché sono troppo occupato a salvare me stesso; però se un lettore si mette a riflettere dopo aver letto un mio verso, e me lo confessa, non posso non essere soddisfatto…”

Per leggere l’intera intervista: qui

Miskatonic University consiglia: “Le venti giornate di Torino” | HorrorMagazine


Su HorrorMagazine la segnalazione del romanzo Le venti giornate di Torino, di Giorgio De Maria, libro però uscito quarant’anni fa e che ora rivive una sua visibilità. Tutto ciò grazie, è da dirlo, alla Miskatonic University di Reggio Emilia (e anche a Giovanni De Matteo).

Nel 1977 l’Italia vive uno dei periodi più bui e violenti della propria storia repubblicana. L’economia arranca come oggi e, esattamente come oggi, non sono certo tempi allegri. L’inflazione è arrivata al 20% e, con frequenza allarmante, si legge o si sente di morti ammazzati a causa del terrorismo “nero” o “rosso”. Come se non bastasse si registrano numerosi incidenti di piazza, scioperi, scontri tra polizia e manifestanti e situazioni in cui sempre più spesso si arriva a scambiarsi il piombo. Al centro di tutto questo putiferio c’è, in particolare, una città: Torino. Solo pochi mesi prima infatti, proprio nella città della FIAT già messa a dura prova da fortissimi contrasti sociali, si apre il famoso maxiprocesso ai capi storici delle BR, che gli estremisti fanno di tutto per interrompere, al ritmo quasi quotidiano di aggressioni, ferimenti e omicidi.

Their Mortal Remains, la Mostra floydiana, a Roma dal 19 gennaio | Repubblica.it


Come riportato da Repubblica, dal 19 gennaio sarà possibile visitare a Roma, presso la struttura M.A.C.Ro in via Nizza, la mostra Their Mortal Remains, dedicata ai Pink Floyd, già visitata a Londra da 4000mila persone. Al vernissage sarà presente Nick Mason e forse anche Roger Waters; presto altre news e qui un video della presentazione della Mostra avvenuta ieri 29 novembre presso il Campidoglio, presente Mason stesso.

Insanguinati e seminudi a Bologna #4: La sagra | VerdeRivista


Su VerdeRivista il reading di qualche settimana fa a Bologna, scritto e performato da Vinicio Motta. Lo trovate qui sotto.

Il paesello è in festa.
Lo si capisce dalle finestre buie, dai saloon chiusi e dal suono dei violini che si irraggia dalla piazza principale.
Smonto da cavallo e mi incammino verso i festeggiamenti, ho sete di birra. Mentre la musica comincia a stizzirsi, inganno il tempo leggendo i nomi delle vie. Mi fermo di colpo e mi sparo una sigaretta: una strada anonima ha attratto la mia curiosità.
Ha un nome, quella strada? E se sì, qual è?

«Se ci tieni alla pelle, sta lontano da quella via» mi dice, indicando la strada innominata, un pistolero disarmato e con un frisbee di legno nella mano destra. Getto la sigaretta mezza fumata e riprendo il cammino.
«Mi sparano, mi sparano» urla una voce maschile alle mie spalle, «aiutatemi!»
Mi giro e vedo un uomo seminudo e insanguinato correre scomposto nella direzione opposta alla mia.
Il pistolero scuote la testa e borbotta: «Non imparerà mai».
Faccio spallucce e raggiungo la festa.

La scenografia della piazza principale sprizza allegria… i volti dei presenti, invece, no, come se il paesello stesse smaltendo una recentissima tragedia collettiva.
Metto a fuoco l’orchestrina.
I violinisti suonano con foga.
Il loro entusiasmo, però, non sembra influenzare la pista da ballo, che rimane triste.
Mi avvicino al buffet e mi servo una birra, che trangugio d’un fiato.
Mentre mi accingo a riempire il boccale per un secondo giro, si palesa il pistolero disarmato, questa volta senza nemmeno il frisbee.
«Ehi» gli dico, «come butta?»
Risponde che si sta facendo tardi.
Sulla pista da ballo irrompe l’uomo seminudo e insanguinato di prima.

Il pistolero lo afferra per il collo e lo scaraventa a terra, sebbene con affanno. L’uomo si rialza e riprende subito la sua corsa, che poi termina, bruscamente, con la sua testa che sbatte contro uno degli stipiti che delimitano l’ingresso di un saloon. Non so come, ma mi ritrovo sull’uscio della strada innominata.
Nella mia mano destra, un frisbee di plastica.
La strada senza nome, improvvisamente, assume un’identità: Via Nicola Laurantoni.

«Tocca a te… cowboy» mi dice il pistolero. «Tra non molto» aggiunge, «l’uomo seminudo e insanguinato completerà il suo nuovo ciclo di devastazione. Sei pronto?»
«A fare cosa?» gli dico.
«Lo capirai».

Scorgo qualcosa, ma è nella mia testa… lo distinguo dalla realtà dei sensi – ho ancora tutte le mie facoltà mentali: il frisbee annuncia un’apocalisse semantica.
«Perfetto» mi dice il pistolero, per poi incamminarsi verso il mio cavallo.

L’uomo seminudo e insanguinato precipita ai miei piedi e mi chiede dove sia l’appartamento.
Non conosco la risposta che cerca…
Non sono tenuto a dargliela, in ogni caso.
La mia missione è fermarlo e basta, a tutti i costi.
Mi divincolo e lo colpisco con un calcio in faccia, stordendolo.
Lui mi guarda stralunato e inizia a scappare.
Mi preparo a lanciare il frisbee.
Prendo la mira…
Solo un po’ più a sinistra… Ecco!
Bye-bye, pezzo di merda.

Charles Manson: The Final Worlds, il trailer del documentario | HorrorMagazine


Su HorrorMagazine il trailer del prossimo documentario su Charles Manson, morto pochi giorni fa in carcere, la cui voce narrante è di Rob Zombie; parliamo di Charles Manson: The Final Worlds diretto da James Bubby Day.

Il documentario, le cui riprese sono iniziate un anno fa, andrà in onda negli Usa il 3 dicembre e si concentrerà sugli omicidi della Manson family raccontati dal punto di vista di Manson, utilizzando file di casi mai visti prima, immagini e interviste esclusive allo stesso Manson. Molte le interviste anche ai membri della Manson family che hanno rivelato nuovi dettagli che aiutano a capire la vera storia e le motivazioni che li hanno spinti a terribili omicidi.

Ishtar di Ninive | La misura delle cose


Sul blog LaMisuraDelleCose un post fluente per raccontare di Ishtar, dea mesopotamica dei primordi sociali dell’uomo (ma ancora attualissima). Un estratto:

Il sito della città di Ninive fu sede di insediamenti fin dal 5000 aev, ma risalgono al III millennio le testimonianze della presenza di un centro politico, religioso e culturale dall’organizzazione più strutturata e di primaria importanza in tutto il Vicino Oriente Antico – attorno al 2000 è attestata la presenza di mercanti da Ninive nelle colonie assirie di Cappadocia. Re Manishtusu (ca. 2360-2180), successore di Sargon I della dinastia semitica di Akkad, fece presumibilmente erigere un primo tempio di Ishtar, e i numerosi restauri nel corso dei successivi 200 anni dimostrano non solo l’importanza del culto di una delle principali divinità cittadine, ma anche che questo potrebbe essere stato uno dei più antichi edifici costruiti a Kuyunjik. Nel primo periodo assiro, re Shamshi-Adad I (1748-1716) ricostruisce il tempio di Ishtar e conquista la città rivale Mari, ma dopo la sua morte Hammurabi assoggetta l’Assiria facendone uno stato vassallo babilonese, come è testimoniato dal prologo del suo celebre codice di leggi. Durante il Medio regno assiro (XIV-XII sec.) Ninive fu dimora reale e i sovrani fecero restaurare l’antico tempio di Ishtar, ma è con Sennacherib (705-681) che la città acquista splendore e prestigio divenendo capitale del regno e una delle “meraviglie” nel mondo antico; il re fece costruire un nuovo palazzo, che senza esagerazioni egli stesso definì “senza rivali”, e ampliò e abbellì la città con nuovi templi, strade, giardini pubblici; e inoltre mura, fortificazioni e un acquedotto, unico per dimensione e fattura, che portava in città acqua fresca dalle montagne dell’est.

I testi contenuti nell’Archivio reale sono di primaria importanza per gli studi filologici e storico-religiosi del Vicino Oriente Antico e per l’esegesi biblica: qui sono stati trovati i primi documenti relativi alla storia del Diluvio e alla creazione, da far ritenere che gli ebrei abbiano attinto e adattato questi motivi insieme ai modelli di inni, lamentazioni, preghiere che in quantità numerosa sono state trovate nell’Archivio. In particolare questi documenti sono importanti per comprendere e ricostruire il modo in cui assiri e babilonesi riadattarono temi e divinità dell’antica Sumer nel proprio sistema teologico, cambiando a volte il nome egli dèi: Enlil per esempio, padre egli dèi e creatore del mondo, in una nuova prospettiva di legittimazione anche politica delle nuove dinastie semitiche diviene Marduk in Babilonia e Asshur in Assiria.

Oltre a trattati di botanica, geologia, chimica, matematica, astronomia e medicina, gli Archivi reali contengono molti testi religiosi i più importanti dei quali sono sette tavole sulla Creazione, 12 tavole sulla Saga di Gilgamesh, che include la versione babilonese del Diluvio, la leggenda di Etana, che volò in cielo su un’aquila, la storia di Adapa, che perse l’occasione di ottenere l’immortalità, il mito di Zu, il dio uccello che rubò le Tavole del destino, la leggenda della nascita di re Sargon, che come Mosè fu salvato quando era bambino, posto in un cesto, affidato alle acque dell’Eufrate e quindi trovato da Akki, e una versione della Discesa di Ishtar agli inferi.

::vtol:: | until i die, transfused sounds | Neural


[Letto su Neural]

L’associazione tra il “sangue” e la “vita” è ancestrale. Quando il sangue viene poi spostato al di fuori del corpo viene percepito come un segno di debolezza e di possibile morte, come se la vita stessa sia parzialmente uscita fuori dalla persona coinvolta. Dmitry Morozov aka ::vtol:: inverte questa associazione nella sua installazione “until i die”. Dopo aver tirato fuori il sangue dal suo corpo lo rimette in “vita” attraverso la biochimica. Utilizza delle “batterie” piene di sangue che alimentano un piccolo modulo di sintetizzatore algoritmico che suona attraverso un piccolo altoparlante. Ci sono voluti 18 mesi a Morozov per raccogliere 4,5 litri di sangue necessario ad alimentare l’installazione. È un’installazione effimera della durata di 8 ore. “until I die” è una sintesi delle ambizioni e dei limiti umani, della nostra natura creativa ma fragile e della nostra capacità unica di affrontare la complessità di vivere. Porta la vita in una forma così vivida, insieme alla sua risonante fine, dopo una preparazione compiuta e un processo prevedibile infine emerge come simbolo distintivo delle nostre essenze.

Dividendo il cervello si divide la persona? | L’Indiscreto


Su L’Indiscreto un articolo che sonda uno dei capisaldi della teoria connettivista, ovvero la mente olografica. Un estratto:

Per cercare una soluzione, il mio team dell’Università di Amsterdam ha ripreso questo importante tema testando due pazienti con il cervello diviso, e valutando se potevano rispondere accuratamente a stimoli relativi agli oggetti nel campo visivo sinistro (percepiti dal cervello destro) e contemporaneamente rispondere verbalmente o con la mano destra (controllata dal cervello sinistro). Sorprendentemente, in questi due pazienti, abbiamo riscontrato qualcosa di completamente diverso da Sperry e Gazzaniga. Entrambi i pazienti hanno mostrato piena consapevolezza della presenza e della posizione degli stimoli in tutto il campo visivo – destra e sinistra, entrambi. Quando gli stimoli apparivano nel campo visivo sinistro, non dicevano mai (o non comunicavano con la mano destra) di non vedere nulla. Piuttosto, essi sostenevano che è apparso qualcosa, e indicavano dove con precisione.

Ma i pazienti split-brain che abbiamo studiato non erano comunque del tutto “normali”. Gli stimoli non potevano essere confrontati attraverso la linea mediana del campo visivo. Inoltre, quando uno stimolo appariva nel campo visivo sinistro, il paziente sapeva indicare meglio le sue proprietà visive (anche se rispondeva con la mano destra, o verbalmente!), e quando uno stimolo appariva nel campo visivo destro, sapeva etichettarlo meglio verbalmente (anche quando rispondeva con la mano sinistra).

Sulla base di questi risultati, abbiamo proposto un nuovo modello della sindrome split-brain. Quando si divide il cervello, si ottiene comunque una persona singola. Tuttavia, questa persona sperimenta due flussi di informazioni visive, uno per ogni campo visivo, e non è più in grado di integrare i due flussi. È come se guardasse un film fuori sincrono, ma con l’audio e il video in sincrono. Piuttosto, i due flussi non sincronizzati risultano entrambi dei video.

C’è di più. Mentre il modello precedente forniva una forte evidenza del materialismo (dividere il cervello = dividere la persona), l’attuale lettura sembra rendere più profondo il mistero della coscienza. Si divide il cervello a metà, eppure si ottiene una sola persona. Come fa un cervello, composto da molti moduli, a creare un singolo individuo? E come funzionano i cervelli dei pazienti con il cervello diviso, quando queste parti non comunicano tra loro?

InversionI | GeNeTiC SinapSyS v3.0


Un testo di Oblio, sul suo blog: ineffabile e sintetico, riuscito.

Di traverso

Ci crederesti
che quella polpa
nasconda ossa ?

Eppure sta nella trachea
a strozzare la parola
in un mandala d’Onan.

Occhi sbarrati
nei mesmerici voli di una mosca
aruspice di carcasse e feretri.

Frattali impotenti
privi d’entropia.

Compulsione tassidermica;
e così sia.

>>>RIMESCOLA<<<

Compulsione frattale.

Occhi sbarrati nello strozzare la parola. La mosca, a seguito di mesmerici voli, posa l’ala sull’aurispice cantilenante.
Così sia, Coitus Interruptus tra carcasse e feretri, impotente. Eppure sta entropia bloccata nella trachea, nascosta d’ossa e polpa e cartilagine tassidermica. Ci crederesti, figlio d’Onan?

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