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Mi-Go-Vid (Cthulhu & Gilgamesh) | FantasyMagazine
Su FantasyMagazine la segnalazione di una nuova uscita per la collana weird Delos “InnsMouth”, curata da Luigi Pachì: Mi-Go-Vid (Cthulhu & Gilgamesh), di Claudio Foti; la quarta:
Intervistare il capo della setta di Cthulhu è un’occasione che lo psichiatra Giovanni Fusco non può lasciarsi sfuggire. Quello che scopre però è talmente sconvolgente che la sua stessa sanità mentale ne risente. Le parole del capo della setta suonano così scomode e disturbanti da risultare inaccettabili. Possibile che la razza umana sia sempre stata schiava? Lo psichiatra vacilla, accorgendosi che quanto gli viene detto si incastona perfettamente nella cronaca degli ultimi mesi. Possibile che l’Umanità sia sempre stata guidata da Quelli di Fuori: i Mi-Go? Che dirigano l’economia della finanza mondiale da millenni per i loro scopi? Che sin dai tempi dei nazisti abbiano venduto all’Umanità la loro sapienza scientifica? E che, in un mondo, devastato da una pandemia, da crisi climatiche, avvistamenti alieni e sull’orlo di una guerra nucleare, Cthulhu si stia davvero risvegliando? E perché?
La recensione di “Zothique 14 – Speciale Weird Tales” | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni a “Zothique 14 – Speciale Weird Tales”, dedicato al centenario della nascita della celebre rivista statunitense; un estratto:
Per l’occasione, Zothique è disponibile sia nella versione con illustrazioni in bianco e nero, molte delle quali raffiguranti le mitiche copertine di Weird Tales, sia in edizione limitata con illustrazioni a colori.
Il fascicolo presenta alcune interessanti testimonianze di scrittori – in particolare quella di August Derleth, geniale editore e fondatore della “Arkham House” insieme a Donald Wandrei, che per primo ha diffuso l’opera di Lovecraft quasi fosse una religione – critici e collezionisti oltre a una serie di racconti inediti.
Senza Weird Tales il genio di H.P. Lovecraft non avrebbe potuto esprimersi. E ancora tanti altri gli autori pubblicati, tra cui veri e propri giganti della letteratura fantastica: Donald Wandrei, Frank Belknap Long, Fritz Leiber, Robert Bloch solo per citarne alcuni, eppure il livello medio della rivista non sempre era entusiasmante. Cosa che venne puntualmente messa in rilievo da Lovecraft.
Fra i vari articoli presenti su questo numero di Zothique, particolarmente interessante è Le storie più popolari di Weird Tales del critico, scrittore e storico della fantascienza americana Sam Moskowitz. Il racconto più popolare di Weird Tales fu La donna del bosco di Abraham Merritt, pubblicato nel 1926. Nel suo articolo, Moskowitz fa notare come, nonostante la qualità della storia fosse buona, il parere soggettivo dell’editore dell’epoca, Farnsworth Wright ebbe il suo peso nella decisione. Per esprimere il suo giudizio, Wright teneva conto dei commenti che gli giungevano tramite le lettere inviate dai lettori.
In questo testo si apprendono molti aneddoti interessanti, come ad esempio l’esistenza del racconto Cosmic Horror di Richard F. Searight, il cui titolo da solo definisce un genere! Si parla poi dell’importanza di una storia come Shambleau di C.L. Moore e dell’enorme impatto che The Outsider di H.P. Lovecraft ebbe sui lettori e sul direttore Farnsworth Right.Inutile dire che ci troviamo di fronte a un numero di culto che è assolutamente imperdibile per tutti gli amanti del weird classico.
La recensione di “La giostra del maleficio” di Jean Ray | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni a La giostra del maleficio di Jean Ray, raccolta di racconti edita da Agenzia Alcatraz; ecco un passo della valutazione di Cesare:
Ci troviamo qui di fronte a racconti minori dell’autore, ma certo non mancano spunti notevoli che fanno emergere il talento tipico dello scrittore di razza.
In La giostra del maleficio troviamo atmosfere che uniscono fantastico, insolito e bizzarro con immagini forti. Non manca nemmeno un tocco di umore nero, tanto che si sarebbe tentati di definire le storie di questa antologia – citando Poe – i racconti del grottesco e dell’arabesco di Jean Ray.Si è spesso parlato dello scrittore fiammingo come il Lovecraft europeo ma, anche se ci sono possibili collegamenti, Danilo Arona in un vecchio articolo apparso su Carmilla afferma che probabilmente il belga si sarebbe trovato più a suo agio in compagnia di un Montague Rhodes James. Inoltre Ray, a differenza del Solitario di Providence, si è molto interessato all’uomo e alle meschinità della sua natura.
In generale le storie qui presenti sono molto brevi e rappresentato a sprazzi il talento di Jean Ray, tuttavia il libro merita indubbiamente di essere letto e piacerà ai suoi estimatori.
Note sul concetto di Weird Fiction – parte seconda | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la seconda parte delle notazioni sulla weird fiction – qui la prima parte. Alcuni stralci dalla trattazione di Antonino Fazio, in cui ci concentriamo sul new-weird:
La differenza tra i VanderMeer e Lovecraft, che vede il weird principalmente come una tipologia di horror, potrebbe essere attribuito al fatto che l’esperienza di Lovecraft era limitata agli autori precedenti e ai suoi contemporanei. I VanderMeer hanno invece avuto modo di vedere cos’è accaduto dagli anni ’30 in poi del secolo scorso. Così, ai loro occhi, il weird moderno dilaga dappertutto, e si può ritrovare in molti autori moderni.
C’è dunque da chiedersi se ci troviamo di fronte a due concezioni nettamente contrapposte, o se ci sia modo di renderle compatibili. La chiave per rispondere in modo affermativo la possiamo trovare nel paragrafo che conclude l’introduzione del citato saggio di Lovecraft. Egli dice che naturalmente non dobbiamo aspettarci che tutte le storie weird si conformino a un qualsivoglia modello teorico, anche perché il weird sorge spesso da scelte inconsce che riguardano più l’atmosfera che la trama.
Al contrario, la decisione deliberata di indottrinare il lettore o di spiegare gli orrori in termini razionali distrugge la sensazione di paura cosmica di cui si nutre il weird. E tuttavia, perfino in questo caso, in alcuni punti del testo la sensazione può sorgere a causa di alcuni tocchi isolati che riescono a creare la giusta atmosfera. In definitiva, afferma Lovecraft, si tratta di capire se il testo ci trasmette un profondo senso di paura e di contatto con forze e dimensioni arcane, uno sbigottimento come quello che può sorgere ascoltando il cupo battito d’ali o il raschiare di ombre ed entità che si muovono oltre l’orlo più esterno dell’universo conosciuto.
Più questo effetto viene raggiunto, migliore è la storia come prodotto artistico in uno specifico medium, conclude Lovecraft. Dato che il termine medium sembra qui indicare il tipo, o genere, di narrazione, ne deriva che lo stesso Lovecraft era del tutto consapevole che il weird è qualcosa che può comparire, potenzialmente, in un testo qualsiasi. Questo ci riporta direttamente alle conclusioni dei VanderMeer, che si sono occupati dell’argomento anche nell’introduzione a un’altra antologia, dedicata al cosiddetto “New Weird” (2008).Tuttavia, niente ci impedisce di pensare che il weird sia un concetto multiforme. Perciò può essere, di volta in volta, un genere puro, un genere di confine, oppure una suggestione. Basta accettarne la natura paradossale, l’ossimoro situato nel cuore stesso del weird, per il fatto che esso è un tentativo di rappresentare ciò che non è rappresentabile, ovvero l’incommensurabilità del cosmo rispetto all’uomo, la sua alterità assoluta.
Edizioni Hypnos presenta “Tu non puoi vivere” di Anders Fager | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione a Tu non puoi vivere, raccolta di racconti di Anders Fager editi da Hypnos; ecco una parte della valutazione:
Con Tu non puoi vivere si conclude la trilogia del Mondo dei Culti iniziata con Culti svedesi. Nuove storie dalle tinte ancor più fosche e cupe, in cui il male serpeggia incontrollabile sulla Terra, e l’ascesa dei Miti di Cthulhu è ormai prossima alla sua definitiva affermazione.
“Lovecraft viene portato oltre Lovecraft, usando le creature del suo pantheon per stabilire un rapporto con il presente, quel presente che Lovecraft aborriva e che nei racconti di Fager si offre con tutta l’oscenità, l’impudicizia, la trasgressività che nei Miti originali soltanto s’intuiva, racchiusa in nuce in varie combinazioni di orrori senza nome”.
Anders Fager reinterpreta l’horror moderno con uno stile del tutto personale definito: “cosa accadrebbe se James Ellroy incontrasse H.P. Lovecraft.
Note sul concetto di Weird Fiction – parte prima | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine una piccola indagine di Antonino Fazio su cosa significhi “weird”; è una ricerca a puntate e, com’è giusto, si parte dagli inizi; un estratto:
Nel 1923, esattamente un secolo fa, usciva il primo numero di una rivista pulp intitolata “Weird Tales”, fondata a Chicago da Jacob Clark Henneberger. La rivista andò avanti fino al 1954 e poi chiuse, ma riprese nel 1973 (tra il 2007 e il 2012 ha avuto come editor Ann VanderMeer). I racconti pubblicati erano di genere fantasy e horror. C’è da chiedersi il perché del termine weird (che vuol dire “strano”, nel senso di “arcano” e “misterioso”) associato a entrambi i generi, ma occorre sottolineare che la rivista accettava racconti che altri non prendevano in considerazione, perché insoliti e non inseribili in un genere preciso.
John Clute, in Encyclopedia of Fantasy (1997), fa rientrare nella “weird fiction” storie fantasy, horror o soprannaturali con elementi inquietanti e inspiegabili (uncanny). Lo stesso Clute precisa che una storia è horror se suscita orrore e distingue tra fantasy, horror, dark fantasy (fantasy più horror), SF, Sf horror, supernatural fiction e weird fiction (horror soprannaturale), con ciò aderendo al canone stabilito da Howard Phyllips Lovecraft nel suo saggio Supernatural Horror in Literature (1927).Proprio a quest’ultimo fanno riferimento Ann e Jeff VanderMeer, nell’introduzione all’antologia The Weird: A Compendium of Dark and Strange Stories (2011), quando affermano che il weird, pur includendo degli elementi soprannaturali, non rientra nel gotico o nella tradizionale storia di fantasmi. Di fatto, Lovecraft pone una continuità tra il gotico (in auge tra il Settecento e l’Ottocento) e l’horror moderno, lasciando intendere che il weird è sovrapponibile all’horror soprannaturale, ma con la precisazione che, per scrivere un weird, non basta una classica storia di fantasmi, con lenzuola che svolazzano e catene sferraglianti.
Torniamo qui al punto che l’horror è un effetto che l’autore deve suscitare nel lettore, creando situazioni i cui i suoi personaggi si trovino per primi in preda all’angoscia. Questo esclude l’horror realistico (che è, più propriamente, terrore) e la ghost story codificata, in cui il soprannaturale non rappresenta la rottura delle certezze scientifiche, ma l’accettazione di una dimensione ultraterrena, le cui regole possono essere rinvenute nelle dottrine religiose o nell’occultismo. Ne deriva che il soprannaturale nel weird è piuttosto uno scontro con l’ignoto, lo shock prodotto dall’improvvisa consapevolezza che conosciamo troppo poco dell’universo per credere di poterlo controllare. In qualunque momento, forze sconosciute e al di là della nostra comprensione possono spazzarci via come foglie secche. La realtà è più ampia, aliena e paurosa di quanto sospettavamo. Ecco perché il weird, di per sé, è estraneo alla fantascienza. Non è che non esistano esempi di horror fantascientifico, è solo che la fantascienza, per sua natura, intende la scienza come un grimaldello capace di penetrare nei vari misteri che il cosmo ha in serbo per noi. Anche quando, nella distopia, la fantascienza ci mette in guardia contro le presunzioni della scienza, lo fa in base a considerazioni razionali. Nel weird, invece, è l’irrazionale che prende il sopravvento. Allo stesso modo, il weird non è il fantasy, perché nel fantasy il soprannaturale è incorporato, considerato come qualcosa di normale. In un mondo in cui esistono i maghi, la magia è affare di tutti i giorni. Può spaventare, ma non a motivo della sua assoluta estraneità.
Le mini recensioni di Horror Magazine – Il bestiario di Lovecraft
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni al Bestiario di Lovecraft, saggio a cura di Antonella Romaniello che indaga la natura intrinseca del pantheon inventato (ma quanto inventato?) dal Solitario. Un estratto:
La mitologia aliena dei Miti di Cthulhu – incarnata dai vari Azathoth (il Dio supremo), Yog Sothoth, Cthulhu, Nyarlathotep, Shub Niggurath – nasce in un periodo storico in cui la scienza fa cadere le vecchie certezze e simbolizza l’universo meccanicistico e privo di scopo da questa svelato.
All’epoca del solitario di Providence, lo sviluppo delle nuove scoperte scientifiche aveva infatti spalancato un mondo oscuro e pieno di inquietanti terrori facendo apparire datati i demoni, i diavoli e gli orpelli della vecchia narrativa gotica rappresentata da autori come Ann Radcliffe, Charles Robert Maturin e Matthew Gregory Lewis. Contemporaneamente la psicanalisi aveva portato alla luce i terrori che si annidano nell’inconscio simbolizzati da H.P. Lovecraft dai Magri Notturni, le creature che hanno ossessionato i sogni della sua infanzia. Ecco quindi che Divinità queste divinità diventano una sorta di simboli che giocano con l’uomo come se fosse un insetto.
Ora questa seconda edizione del libro di Antonella Romaniello, Il Bestiario di Lovecraft, si cimenta nell’impresa di fare ordine e classificare qualcosa che forse rimarrà sempre inclassificabile. L’autrice si è documentata in maniera approfondita e ha cercato, attraverso le fonti attinte dai racconti, di dare una forma agli incubi lovecraftiani.Alla fine questo Bestiario risulta una buona guida sia per il neofita del verbo lovecraftiano sia per l’adepto del Culto.
Il bestiario di Lovecraft, nuova edizione estesa | FantasyMagazine
Su FantasyMagazine la segnalazione di “Il bestiario di Lovecraft”, saggio uscito per i tipi DelosDigital a cura di Antonella Romaniello. La quarta:
H.P. Lovecraft è senza dubbio il più grande autore di letteratura fantastica del XX secolo, colui che ha trasformato la potenza visionaria in Mito, creando una cosmologia inedita che non risponde a nessuna delle leggi naturali conosciute dall’uomo. Una mitologia nuova, popolata da dei, uomini e creature di ogni sorta descritte in maniera vivida e allo stesso tempo vaga.
Questo Bestiario cerca di mettere ordine in una mitologia spesso caotica, raccontando solo le creature nate dall’immaginifica mente di Lovecraft o entrate a far parte del canone attraverso il lavoro del “circolo Lovecraft” formato da Robert Bloch, Clark Ashton Smith, Robert E. Howard, Frank Belknap Long e Derleth, con il quale intratteneva un fitto carteggio. Un lavoro che si sforza quindi di dare una caratura scientifica al Mito, tra dei e creature che non hanno nessuna valenza simbolica ma che vengono descritte attraverso le parole di Lovecraft e, solo in rari casi, facendo ricorso alle descrizioni dei suoi contemporanei. Un Bestiario abitato da creature inconsuete e lontane dalle logiche degli uomini, ma che ci piace pensare siano reali.
La recensione di “Zothique n.13”, numero speciale dedicato a Thomas Ligotti | HorrorMagazine
Su HorrorMagazine la recensione di Cesare Buttaboni al numero 13 di Zothique, dedicato interamente a Thomas Ligotti; un estratto:
Il nuovo numero della rivista Zothique, dedicato allo scrittore horror di culto Thomas Ligotti, ha tutte le caratteristiche per diventare un oggetto da collezione da custodire gelosamente.
Ligotti, da qualche critico considerato l’erede di Poe e Lovecraft, non è sicuramente un autore facile e, ultimamente, è stato oggetto di accese critiche riguardo il suo nichilismo estremo. E sicuramente il suo horror nichilista non è adatto a tutti i palati, ma certo siamo in presenza di una voce originale che meritava sicuramente di essere approfondita. Il volume è quindi imperdibile per i fan dello scrittore di Detroit.Troviamo molto suo materiale, fra cui le poesie provenienti dalla leggendaria antologia Death Poems (pubblicata per la prima volta dalla Durtro di David Tibet in sole 333 copie) e qui tradotte da Pietro Guarriello. Si tratta di poesie in cui traspare l’essenza del suo nichilismo anche se non manca, in alcuni casi, una certa ironia macabra come in Genetliaco. L’impressione è quella di leggere una Spoon River scritta da un Edgar Lee Masters in acido.
In definitiva siamo di fronte a un volume monografico che fin d’ora risulta indispensabile per comprendere il genio di questo autore.