HyperHouse

NeXT Hyper Obscure

Archivio per Varie

Basta poco


Bastano pochi angstrom di spazio vitale per girarsi in un crepitio di radiazioni di fondo, per stravolgere il proprio paradigma e renderlo un inferno esistenziale di dimensioni impensate, e impossibili.

Ti ricordi…


…di quando le traiettorie interiori incontravano le fisicità psichiche del tuo corpo e percorrevano istantanee difettose, cambi di configurazione come una malattia falsamente subdola.

Dance and move


Una crosta sintetica su cui ballare e fingere. Fino allo stordimento successivo.

Tempo soggettivo


Il tempo soggettivo si espande come un gas, con cui avvelenarsi, in cui cadere in asfissia.

Renderle vive


Gli echi di mondi difformi si aprono alle connessioni inerti e le rendono vive.

No words


L’infezione che si propaga.

L’epopea della musica dark italiana in 10 dischi (Pt. 5) | Rolling Stone Italia


Ultima incursione nell’articolo di Fabio Zuffanti apparso su RollingStone: un copioso e bell’articolo sulle realtà dark italiche di circa quarant’anni fa; è un viaggio meraviglioso tra le le band e le sonorità cupe di allora, elementi di rottura – come tutti gli anni ’80 – col decennio precedente. Un secondo estratto, che pesca tra i clips video dei brani o album citati nell’articolo:

Negli anni ’80 le città italiane pullulavano di gioventù nerovestita. Al sabato pomeriggio specialmente, quando scattava la migrazione dalle piccole e medie località verso i capoluoghi, lungo le vie dei centri sciamavano schiere di ragazzi e ragazze dall’aspetto funereo, sfoggianti spolverini e palandrane, accessori mortuari o devozionali, gramaglie assortite, volti diafani e magrezze ulteriormente svettanti grazie a chiome acrobaticamente impalcate. Erano i cosiddetti dark, filiazione all’italiana del movimento che oltremanica veniva denominato goth. E avevano una loro musica.
Come già ricordato, il gothic inglese era imperniato sull’evocazione di malessere esistenziale, malinconia, spleen, nichilismo. Il dark italiano cercava di seguire pedissequamente ciò che accadeva oltremanica, ricalcando paro paro le gesta sonore di Joy Division, Cure o Siouxsie and The Banshees. La differenza la faceva in qualche caso l’uso della lingua italiana e, in generale, una sorta di passione tutta nostrana che andava a scaldare le gelide trame dello stile, oltre a un’atmosfera che a tratti sembra riprendere le pagine più crepuscolari della nostra letteratura. Questi 10 album, nei quali si mette in scena un teatro morboso di ombre e appassionati tormenti, lo confermano.


5. Attivi fin dai primissimi anni ’80, i Weimar Gesang manifestano fin da subito i loro modelli: Joy Division, Bauhaus, Cure, Banshees, con chitarre “liquide” ma serrate e tastiere atmosferiche. Vengono in mente i Sad Lovers and Giant, ma anche i Sound di Adrian Borland o i primi, arcani Echo and The Bunnymen. Ma i Weimar Gesang comprendono anche il crescente peso del clubbing e inquadrano il tutto in una cornice di geometrie danzabili prossime ai New Order e agli exploit commerciali new romantic dei Visage. Un disco dark poco meno che perfetto.

Olografico in te


Sei scivolato su del codice usato più volte per scardinare le convinzioni singole e modificarle in globali, così sei disorientato, sei isolato, sei appeso sull’orizzonte degli eventi della tua consapevolezza mentre osservi l’entropia srotolarsi olograficamente in te.

La trasformazione


Cosa necessita alle immagini cerebrali condivise per diventare archetipi? La risposta è nei rivoli frattali del reale.

Espressioni sintomatiche


Ti asciuga come un fraseggio enunciato in codice alieno e presentato in estetica frattale, un sapore di silicio e polonio esaltato di espressioni estetiche.

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"Scrivete quel che volete scrivere, questo è ciò che conta; e se conti per secoli o per ore, nessuno può dirlo." Faccio mio l'insegnamento di Virginia Woolf rifugiandomi in una "stanza", un posto intimo dove dar libero sfogo - attraverso la scrittura - alle mie suggestioni culturali, riflessioni e libere associazioni.

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