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Lankenauta | Marcel ritrovato
6 marzo 2024 alle 10:36 · Archiviato in Creatività, Editoria, Letteratura, Recensioni and tagged: Ezio Sinigaglia, Giuliano Gramigna, Lankenauta, Marcel Proust, Metasignificati, Postmoderno, Ridefinizioni alternative
Su Lankenauta una nota critica a un romanzo e autore a me sconosciuti, ma che indubbiamente solletica la mia curiosità: Giuliano Gramigna, “”Marcel ritrovato”; un estratto della rece:
Un testo metanarrativo – l’etimologia la potete trovare sulla Treccani – rappresenterebbe una letteratura che scandaglia i processi dello scrivere, oppure addirittura una letteratura autoreferenziale, in cui è evidente l’intervento diretto dell’autore all’interno dello stesso testo che va componendo. Struttura metanarrativa che possiamo ritrovare in “Marcel ritrovato” di Giuliano Gramigna, romanzo del 1969 e adesso ripubblicato da Il ramo e la foglia edizioni; ma limitarsi ad una definizione così sbrigativa di metanarrativa potrebbe apparire quasi fuorviante e svilente per un’opera di cui è invece facile cogliere il pregio non soltanto stilistico. Più indovinata la definizione di Ezio Sinigaglia, autore dell’illuminante nota critica: “Un romanzo pre-postmoderno”.
Romanzo che, è vero, racconta di Bruno, un pubblicitario affetto da nevrosi in una Milano volgarotta e in piena ascesa economica, che viene incaricato da Roberta, un suo vecchio ma sempre presente amore, di andare a Parigi per cercare il marito, Marcello, di cui non sa nulla da giorni; ma, come intuibile, l’interesse del lettore non si concentrerà sulla fine di Marcello, semmai su quelle che sono state giustamente definite le “proiezioni dell’autore”. Quel tanto da considerarlo a tutti gli effetti un metaromanzo, con una vistosa vocazione sperimentale. Sperimentalismo che si traduce, di primo acchito, in originali trovate grafiche, nei frequenti slittamenti dalla terza alla prima persona, nelle note a piè di pagina dell’autore Giuliano Gramigna che si fa critico di sé stesso; nonché con tutte le considerazioni sulla forma romanzo: “Se invece provassimo a immaginare che il romanzo non ha direzione ma polarità […] E la logica tradizionale della narrazione? On s’en fiche pas mal” (pp.184).
Espedienti tutti immersi in un linguaggio complesso, anche questo indubbiamente con finalità sperimentali, che alterna innumerevoli vocaboli ricercatissimi, elitari ad altrettanto innumerevoli vocaboli dialettali dal suono quasi onomatopeico.Romanzo, o metaromanzo che dir si voglia, originalissimo anche nel raccontare i protagonisti; a cominciare da Bruno, le cui velleità letterarie, già ampiamente frustrate, vengono messe in crisi dalla lettura di un appunto critico del genitore defunto, il quale vede nel figlio un epigono particolarmente superficiale di Proust: “che purtroppo nel libro di Bruno sono soltanto delle povere e sbiadite reminiscenze” (pp.46). Quel tanto da scatenare nuovamente in Bruno quella nevrosi che sarà uno dei caratteri sostanziali in “Marcel ritrovato” e che Ezio Sinigaglia ha inteso come un equivalente dello schiaffo ricevuto da Zeno Cosini. Anche in questo caso quindi ritroviamo un elemento metanarrativo.