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Archivio per luglio 15, 2023

La pillola rossa dell’alt-right – 2 – Carmilla on line


La seconda puntata dell’inchiesta sull’alt-right, su CarmillaOnLine a cura di Gioacchino Toni, ha quest’incipit, ed è così efficacemente sintetizzata (qui la prima sezione):

Come visto precedentemente [su Carmilla], gli ambienti mediali si sono rivelati in grado di intensificare gradualmente l’odio provato da un individuo agendo sulle sue capacità decisionali fornendogli opportunità volte a stimolare e soddisfare i suoi desideri più riprovevoli su cui canalizzare frustrazioni e disillusioni maturate quotidianamente.
L’alt-right online si è dimostrata efficace nell’integrare ideologie debolmente correlate a temi e argomenti di grande interesse. Luke Munn ha ricostruito il processo attrattivo della destra alternativa statunitense: attraverso un calibrato periodo di acclimatazione viene definita una nuova base cognitiva per ciò che è accettabile; dal momento in cui il discorso viene riconosciuto come consueto e condivisibile, l’utente viene accompagnato in modo “naturale” verso lo stadio successivo ove incontrerà immagini più forti e discorsi più radicali.

“Naturalmente, gli individui affiliati anche in modo informale all’alt-right sono relazionali nel senso che sono connessi a vaste infrastrutture sociali e comunità online. Ma non appartengono a un’organizzazione e nemmeno a una cellula. Infatti, questi giovani, spesso disoccupati, si ritirano intenzionalmente dalla società, abbracciando il loro nuovo isolamento sociale anziché rifuggerlo […] Le recenti violenze perpetrate dall’alt-right sono difficili da prevedere e prevenire. Il razzismo e la xenofobia degli aggressori sono stati alimentati, coltivati e incoraggiati negli ambienti più disparati della rete […] Istigando soggetti alienati attraverso una retorica basata sull’odio e l’antagonismo, l’esito non può che essere distruttivo. Le condizioni che alimentano e incentivano l’indignazione, che incitano alla violenza, che perpetuano gli stereotipi razzisti, prima o poi spingeranno un soggetto particolarmente impressionabile e psicologicamente debole a comportamenti estremi1.

Gli individui che esprimono idee vicine all’alt-right sono il più delle volte persone comuni – spesso giovani bianchi disoccupati che si isolano intenzionalmente dal resto della società – che, un passo alla volta, meme dopo meme, video dopo video, hanno maturato convinzioni che considerano corrette e lapalissiane. Pur non facendo parte di gruppi “emarginati” o “assediati”, i discorsi di molti uomini bianchi che si sono avvicinati all’alt-right sono infarciti di retorica di persecuzione e vittimismo. Stando a un recente rapporto, circa undici milioni di statunitensi si dicono persuasi che nel loro paese i bianchi siano le “vittime” ed esprimono la profonda convinzione dell’importanza della “solidarietà bianca”2. «In breve, ci sono undici milioni di americani potenzialmente ricettivi ai messaggi dell’alt-right. Considerato nel più ampio contesto della popolazione, il simpatizzante dell’alt-right è un normale radicale e un estremista mainstream»3.

Come software?


Nel collegato alle distanze e alle corrispettive elegie, cosa rimane di un senso impalpabile come software?

Cabaret


Quell’intenso fascino che narra di vite in serie, non ordinarie.

Hardware


Al centro di universi creati come un demiurgo.

Pink Floyd: tutti i segreti del film “The Wall” raccontati dal regista Alan Parker


Su VirginRadio un lungo articolo che ripercorre le vicissitudini del film TheWall, viste soprattutto con gli occhi del regista, Alan Parker. Ecco un estratto:

Il 14 luglio del 1982, al Leicester Square Empire Theatre di Londra, veniva presentato il film Pink Floyd – The Wall di Alan Parker. Trasposizione cinematografica dell’omonimo concept album della band, datato 1979, che quest’anno compie quarant’anni. “A dire il vero, non avrei mai dovuto fare questo film”, aveva raccontato il regista nelle note stampa che accompagnarono l’uscita della pellicola.
Anche se a distanza di anni ha ammesso di esserne “molto orgoglioso”, in un’intervista per Classic Rock, Parker ha aggiunto che “la realizzazione del film era stato un esercizio troppo miserabile per me per ottenere il piacere di guardare indietro”. Gli anni successivi hanno alleviato un po’ la sua sofferenza, ma non hanno mai tinteggiato di rosa i ricordi di quell’esperienza: “Quando vado ai festival cinematografici e mostrano i miei film, includono sempre The Wall e la sala si riempie. Così mi sembra strano dire che ho odiato realizzarlo. Mi sono ammorbidito un po’ e dico che è stato un periodo tormentato, ma altamente creativo. Da non ripetere”, ha commentato Parker.

La causa principale dei suoi tormenti fu l’avere a che fare con due artisti riluttanti al compromesso. Roger Waters e il fumettista Gerald Scarfe avevano creato lo stravagante spettacolo teatrale dedicato all’album e avevano lavorato insieme alle idee per il film, prima che Parker fosse chiamato a dirigerlo. La collaborazione si rivelò altrettanto stressante per Waters, che nel DVD del documentario sul film del 1999, aveva sottolineato che “ci sono stati gravi scontri in termini di stili e filosofia”, e che lui, Scarfe e Parker erano tutti abituati a fare a modo loro e trovavano difficile scendere a compromessi. Una valutazione condivisa appieno da Parker: “Sì, penso che sia vero. Tre megalomani in una stanza; è incredibile che abbiamo ottenuto qualcosa”. In più, a suo parere “era persino impossibile salutare Waters, senza diventare polemico”.

Ci vollero otto mesi per completare il gigantesco lavoro di montaggio e riassumerlo in 99 minuti, prima che “Pink Floyd – The Wall” debuttasse fuori concorso al Festival di Cannes nel 1982. Due camion carichi del sistema di amplificazione per concerti del gruppo furono trasportati dall’Inghilterra per potenziare l’impianto audio del Palais. Parker ricorda ancora la proiezione come “un’esperienza magnifica”. La combinazione fra il suono assordante e le potenti immagini del film ebbe un grosso impatto sul pubblico del Festival, tra cui alcune celebrità di spicco: “Stephen Spielberg si alzò alla fine e si inchinò educatamente verso di me”, ha raccontato Parker. “Poi si avvicinò al suo vicino, Terry Semel, il direttore dello studio della Warner Brothers, dicendo chiaramente: Che cazzo era quello?”. Una domanda che molti si sono posti nel corso degli anni. “È un miscuglio, un amalgama di idee folli di Roger Waters“, ha aggiunto Parker. “Penso che sia l’unica persona al mondo a sapere di cosa si tratti. Sono sicuro che la maggior parte di noi non lo sappia. Pensavamo tutti che fosse un mucchio di cose vecchie, in realtà. Penso che sia un film interessante, ma penso anche che fosse pretenzioso illudersi di sapere quello che stavamo facendo. Ma forse Roger l’ha fatto. Il resto di noi ha improvvisato tutto, mentre andavamo avanti”.

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