Su L’Indiscreto un lungo articolo che indaga a fondo alcune tematiche legate al mondo della Moda, mettendole in relazione con le dinamiche radicalchic e con le imposizioni del Mercato; un estratto:
La moda è «un generatore permanente di luccicanze e desideri imprevisti», un supplemento di vita ulteriore che non ci condanna all’esistenza immediatamente naturale. È il processo, sempre ambiguo, sempre metamorfico, con cui ribadiamo che ogni corpo e ogni identità è un parlamento di sé. Tornare a restituire dignità a un discorso di vesti significa, da una parte, riconoscere che la materia agisce, ci condiziona, smuove in noi una geografia di desideri e pulsioni. Dall’altra significa considerare che, per troppo a lungo, i filosofi si sono vestiti male, e che nel futuro saremo chiamati a considerare «una sfilata o un singolo capo come parte essenziale di quel patrimonio di conoscenze sublimi e fuoco di desideri che siamo abituati a chiamare, da secoli, filosofia».
«Ma forse quest’immaginario è nato proprio da noi, utenti, consumatore e veicolatore di specifiche culture, storie e movimenti di cui Gucci utilizza l’immagine, l’involucro, la copertina, mettendole in vetrina e facendole proprie. Come un nastro di Möbius – dove è impossibile definire inizio e fine, interno ed esterno – diventa difficile comprendere chi abbia creato, sfruttato, condiviso o ricreato quell’immaginario, e per molte persone non ha più importanza. Gucci ha privatizzato temi, soggettività e immaginari per costruire la sua brand identity: è un processo in atto ormai da anni e in tutta l’industria della moda».
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