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NeXT Hyper ObscureArchivio per giugno 9, 2024
Pensieri collaterali
La scelta delle realtà vissute rende interessante il corollario confusionale dei pensieri relativi.
Effetti indesiderati
Non scendono nella complessità delle idee, restano lì pronti alla distanza quantica da collassare e redarguiscono i risvolti indesiderati, come fossero imprevisti e non effetti del loro stesso comportamento.
In deorum Matrem. Inno alla Madre degli dei | LaMisuraDelleCose
Sul blog LaMisuraDelleCose un articolo filosofico, mitologico e storico – nonché religioso e rivolto a Cibele – su Giuliano l’Apostata; l’incipit:
Il breve regno di Flavio Claudio Giuliano (361-363) si situa proprio al centro dell’ultima fase della civiltà ellenistico-romana che chiamiamo la tarda antichità. Figlio del tetrarca Costanzo I e nipote di Costantino, di cui il padre era fratellastro, fu detto “l’Apostata” perché rinnegò con forza un cristianesimo che gli fu imposto dalla tradizione familiare, pur non avendovi mai aderito. Ma il suo tentativo appassionato di decristianizzare l’imperò, a circa cinquant’anni dalla conversione di Costantino, ha incontrato la resistenza passiva degli stessi “pagani”, per lo più indifferenti al suo approccio filosofico e moralizzante fino al rigorismo, al suo disegno politico estremo di mettere in atto una sorta di “neopaganesimo” sincretico che superasse entrambe le religioni, popolato da dei e miti di cui si cominciava a perdere la memoria. Oltre a diversi discorsi, opuscoli, lettere e trattati, fu autore di due inni in prosa, Alla Madre degli dei e A Helios re, vere e proprie omelie liturgiche dove mito e allegorie filosofiche si fondono in estatica professione di fede.
Il culto di Cibele è stato solennemente introdotto a Roma sin dal 204 aev. Nel 207, la città stava affrontando, in un clima di pubblico nervosismo, il pericolo cartaginese, mentre Asdrubale, attraversata la Gallia, conduceva i rinforzi che Annibale attendeva da tempo.
Tra una serie di prodigi che vengono interpretati come segni funesti, si fa sempre più chiara la gravità della situazione. La battaglia sul Metauro sancisce la vittoria dei Romani e tuttavia Annibale non si decide a lasciare l’Italia meridionale, al punto che il Senato si vede costretto a chiedere una particolare protezione al regno di Pergamo in Asia Minore, in virtù di un’antica amicizia che li aveva resi alleati contro i Macedoni di re Filippo, pur non essendo stato stretto alcun trattato ufficiale di alleanza.
Nel 205, mentre Annibale si ostinava a prolungare il suo soggiorno nella Penisola, i decemviri, dopo aver consultato i Libri Sibillini, chiesero l’introduzione ufficiale del culto della Grande Madre, cioè di Cibele, avendovi letto un carmen singolarmente chiaro:“Quando lo straniero avrà portato la guerra sulla terra italica, potrà essere scacciato e vinto solo se la Madre Idea [mater Idaea] sarà stata trasportata da Pressinunte a Roma (Tito Livio, Ab urbe condita, 29, 10, 4-6)”.
A Pressinunte, vicino al confine della Galazia, verso la Frigia, a circa 80 miglia a sud-ovest di Ancyra (Ankara), su cinque grandi navi, fu inviata un’ambasceria composta da tre membri di antiche famiglie patrizie e due della nobiltà plebea, accompagnati da un sacerdote e una sacerdotessa e dal loro seguito. Fecero dapprima tappa a Delfi per consultare l’oracolo di Apollo, ricevendone un responso positivo, a patto che, una volta giunta a Roma, la dea fosse stata accolta in modo ospitale.
Ad accogliere la nave giunta all’imboccatura del Tevere, a Ostia, c’erano un optimus, il giovane Cornelio Scipione Nasica, cugino di un generale della repubblica, e una castissima, Claudia Quinta, figlia di consoli, che ricevettero la pietra e la condussero a terra. Fu quindi consegnata alle donne di più alto rango che, passandosi di mano in mano la dea in successione ininterrotta, a sua volta la condussero in carrozza in città, con una marcia trionfale.